-FUMETTO- Roberto Grossi – Il grande prato (Coconino Press/Fandango)

Titolo: Il grande prato

Autori: Roberto Grossi

Casa Editrice: Coconino Press/Fandango

Caratteristiche: 216 pp, bianco e nero, 17 x 24 cm

Prezzo: 17,50 €

ISBN:  9788876183447

 

Teste distese su di un prato, teste distese a sfiorare l’erba ad immaginare un mondo, a guardare lontano. Occhi grandi, Margaret Keane in dissolvenza, pronti a scrutare le occasioni di una vita al limite, una vita di periferia, quella stessa vita lasciata a decantare sotto il peso del tempo e della violenza, il peso della gioventù e degli estremi che ingarbugliano i pensieri in reti fatte per catturare ciò che di bello ancora resta o perlomeno ciò che di buono può essere ancora creato dal rumore di fondo che ingloba e divora.

Una zattera fatta per fuggire lungo un fiume inquinato e maleodorante, un grande prato vicino e la vita scandita dal rincorrere dei giorni in uno straziante affresco di quotidianità ai margini che vede per protagonista una coppia di gemelli identici che vivono assieme allo zio alcolizzato in una casa fatta di lamiere in una periferia non definita, ma presumibilmente identificabile. Il respiro affannoso di una città di cemento lì fuori pronta ad ingerire ogni centimetro cubo d’aria buona e l’ingenuità e le privazioni dei due fratelli alle prese con un vivere fatto d’istinti e di tentativi, una crescita che si evolve parallelamente con l’urbanizzazione politica e mentale e la prevaricazione del più forte nei confronti del più debole, la legge della giungla e la forza ineluttabile della corrente che trascina, forse, verso un’esistenza migliore.

Roberto Grossi, già apparso su riviste come Pulp Comix, Il Manifesto, Gomorra, Liberazione ci consegna una prova attuale e sincera, priva di stilemi, ma piuttosto accurata nel raccontare una visione d’insieme fatta di cinismo e intolleranza dove l’innocenza svanisce proprio quando l’essere umano svela le proprie bestialità interiori. Un’innocenza fatta di plastica e rifiuti, di vite andate a male e perseveranza rincorsa dove un racconto da una struttura pressoché lineare si apre a campi medi che abbondano di essenzialità, un’essenzialità che nei pochi dialoghi e nelle didascalie presenti rende accurata l’imprescindibilità di fondo, ricordando per certi versi le atmosfere raccontate nelle canzoni di Vasco Brondi e le catastrofiche visioni di La terra dei figli, ultima fatica di Gipi.

Coconino Press apre ancora alle tematiche sociali rivelandosi casa editrice di punta nel raccontare storie al limite e di emarginazione, storie che in questo fumetto si fanno portatrici di una carica psicologica così disturbante e veritiera da essere simbolo di questi giorni incerti dove la bellezza lasciata in disparte trova valvola di sfogo nel vagare finale senza meta di una barca su di un fiume. La barca degli ultimi e del futuro, la barca di chi un giorno avrà le speranze di cambiare in meglio anche il minimo un per cento di questo mondo in decomposizione.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.fandangoeditore.it/shop/marchi-editoriali/coconino-press/coconino-cult/il-grande-prato/

Oppure qui:

Ferbegy? – Roundabout (Riff Records)

Le puoi percepire attorno le freddure siderali che provengono dalle latitudini elettroniche di una musica priva di confini che amalgama in modo esponenziale la lezione di una scena indipendente alle prese con una manipolazione di sintetizzatori in grado di scavare all’interno di noi, la percepisci e ne prendi atto anche perché tutto quello che appare e sentiamo attraverso le nostre orecchie, nella musica dei Ferbegy? prende forma e lascia un posto vivido e lacerato all’interno della nostra anima. La band di Bolzano confeziona un disco assai strutturato che si abbandona alle malinconie acustiche di band come Sigur Ros per passare facilmente alle deflagrazioni elettriche di gruppi come Massive Attack e God speed you black emperor! in un suono d’insieme davvero concepito ad arte e che meraviglia e stupisce ad ogni ascolto. Nulla è affidato al caso in Roundabout, ma all’interno di questa musica possiamo trovarci tanta bravura esponenziale e nel contempo il desiderio di comunicare ambizioni sotterranee e suoni emozionali da primi della classe.

I miei migliori complimenti – Le disavventure amorose di Walter e Carolina (Costello’s Records)

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Parlare d’amore ai giorni d’oggi è abbastanza scontato, vuoi per gli abusi costanti del termine, vuoi che ormai ogni canzone che si ascolta ha al proprio interno questa parola o quasi che il termine stesso si svuota, perde di significato, quando dovrebbe essere motore sempre acceso nei confronti del mondo in cui viviamo. Walter Ferrari scardina il modello di canzone d’amore e con l’aiuto del suo Mac e della sua cameretta domestica da alla luce un disco davvero bizzarro e alquanto genuino che ha il sapore delle canzoni migliori di band passate come Macromeo o Francesco C in un delirio collettivo da parole semplici, ma appositamente cesellate, capaci di comporre un quadro d’insieme unico e a tratti in grado di far sorridere. Dieci canzoni in totale, cinque originali e le altre remix delle principali che raccontano di realtà urbane e di città metropolitane, tra amori semplici e eterne domande da malinconici pomeriggi sui social con la speranza, sempre dietro l’angolo che tutto il vuoto che c’è attorno un giorno si possa riempire con qualcosa di reale e che conti davvero.

Thee Jones Bones – This is love (La stalla domestica)

album This is love - Thee Jones Bones

Potenza in rock che prende spunto dai mitici ’70 in tutta la sua proverbiale capacità di attingere ai tempi passati con maestria e coraggio visto il genere più volte trattato e visto il potenziale già espresso e raccontato. I Thee Jones Bones al loro sesto disco in undici anni di discografia se ne sbattono della moda e dei cliché e in modo inarrestabile costruiscono quello che di meglio riescono a fare immagazzinando e imbrigliando la lezione di Hendrix e dei Rolling Stones per portarla, in maniera assolutamente genuina, all’interno di un album che profuma di polvere e sudore da A season in your soul in the shadows of the son fino alla facilità della vita in Take it easy, passando per pezzoni come Mother’s heart e Little moon a rincorrere ancora quel sogno di strada infinita pronta per essere solcata e vissuta ancora una volta fino infondo, limando il superficiale e mantenendosi fedeli alla durezza dell’amore.

Malamanera – Dimmi cosa vedi (Autoproduzione)

Se devo rispondere alla domanda che da il titolo al disco, vedo tanta bella speranza utopica che converge e si apre in tutta la sua bellezza attraverso queste canzoni che danno un senso profondo al nostro esistere, fuori dai cliché di stile e implementando un pensiero che si staglia oltre le solite mete per cercare di dare un senso al tutto che ci circonda, soffermandosi sull’importanza del vivere sociale, dello stare insieme, del condividere e dello sperare. I Malamanera sono tornati con un disco emblematico per i nostri giorni, sono tornati raccontandoci un pezzo di mondo che non conosciamo o che troppe volte ci siamo dimenticati di osservare da vicino. La band toscana parla di vite, le nostre, abbandonando per certi versi la leggerezza del precedente album per concentrasi maggiormente sulla forma e sul contenuto impresso in questi pezzi in levare che si approcciano ad un cantautorato d’insieme che prende forma via via che le canzoni si susseguono, da Piccola goccia fino a Panamerikana, giocando con le parole, ma ricordando ancora una volta il bisogno di schierarsi sempre e solo da una parte: la parte migliore che possiamo intravedere in tutte le cose.

Per ulteriori info e per acquistare l’album:

https://malamanera.bandcamp.com/album/dimmi-cosa-vedi-4

Alessio Lega – Marenero (Autoproduzione)

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Il nuovo disco di Alessio Lega è un disco che trasuda storie e intenzioni, capacità analitica e spirito d’avventura che si può sentire e percepire lungo questo bellissimo spaccato umano raccolto per l’occasione per rendere omaggio a quel viaggio chiamato vita che ci tocca da vicino proprio attraverso una quotidianità che fa storia. Una storia per i semplici, una storia popolare, una storia per tutti coloro che si sentono emarginati e soli, racconti di vita quindi che aiutano a riflettere sull’importanza della vita stessa in un incedere che racconta di personaggi grotteschi, di freaks, di pure e semplici persone che magari non hanno avuto la fortuna propriamente dalla loro parte. Il disco di Alessio Lega è un disco sociale che tratta con raffinatezza e con ottimi arrangiamenti da classico chansonnier argomenti scomodi, lasciati in un angolo. Dentro alle tredici canzoni che lo compongono ci troviamo le melodie di un De Andrè o di un Pierangelo Bertoli ad infarcire filastrocche dai contenuti contagiosi, reali e tangibili, sembra quasi di tuffarsi in un passato vicinissimo a noi tanta è l’attualità che si respira in pezzi come Stazione centrale, l’interpretazione di Fiore di Gaza di Paolo Pietrangeli, Mare Nero o Petizione per l’affidamento dei figli delle coppie omosessuali. Testi questi per un album di canzoni vere che riescono, con la vivacità della musica d’insieme, ad entrare dentro di noi e a scavare nel profondo per renderci forse anche solo un po’ migliori.

Kamal – 2017. Aborigeni Italiani (Kamalicus Records)

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono

Camaleonte delle storie raccontate con piglio sbarazzino e pieno di spunti su cui fondere un pensiero condivisibile ed eccentrico in grado di rappresentare al meglio la nostra Italia, le sue mancanze, le sue debolezze, intrecciando un insieme indissolubile di generi che vanno dal folk, al rock passando per la musica d’autore e il pop per un album, il secondo di Kamal, all’anagrafe Carlo Bonomelli, co-prodotto da Giuradei e ricco di spunti riflessivi che aiutano nella ricerca di un mondo migliore dove poter stare, dove poter vivere. Un insieme di canzoni dal piglio psichedelico e spensierato che però sanno guardare al microscopio ciò che veramente ci opprime, senza risparmiare nessuno e soprattutto analizzando da vicino le mancanze in pezzi come la stessa title track, Distanze o la finale La pillola anticrisi 2017 per un album davvero poliedrico e ben suonato, ammantato da un’aurea surreale che unisce storie d’amore alle storie di tutti i giorni, quelle storie così necessarie che ci riguardano da vicino.

Ciccio Zabini – Albume (Autoproduzione)

Canzoni a manovella scritte in un momento naif ispirato ricco di colori e sfumature ad intessere le trame di una musica quasi non sense che si aggrappa agli appigli della vita, attingendo materiale sonoro dal mondo che ci circonda, dal mondo che circonda lo stesso cantautore Ciccio Zabini per un album, il primo che vede il nostro alle prese con le peripezie quotidiane di un mondo fatto di scioltezza ed estasi, un mondo da prendere alla leggera, conturbante e sognante e soprattutto pieno di spunti su cui sedimentare pensieri e dare forma a canzoni ispirate che giocano con le parole attraverso un cantautorato swingato, jazzato e lasciato a rincorrere il vento in una poesia onirica che trova sfogo nell’uso del verbo, nei doppi sensi, in quello stare al mondo esemplificato in canzoni come Tra il bere e il mare, L’uomo di_strutto, Occhi; pezzi in bilico tra il mondo dei sogni e quello reale, un po’ come la copertina affidata all’estro di Chiara Spinelli, giovane artista pugliese capace di rappresentare al meglio un concetto servendosi di immagini essenziali che come in questa musica creano vortici di unicità davvero singolare.

Neuromant – Cyberbirds (Autoproduzione)

Aperture alari che si guadagnano un posto vicino al sole grazie ad un rock cupo che interseca l’altra faccia della luna, quella più oscura in anfratti di buio e luce che ben si sposano con l’amalgama d’insieme ad interferire risultati e promozioni, bellezza da vendere e psichedelia soppesata come emblema per soddisfazioni future. I Neuromant, al loro esordio, intrecciano la melodia con la sperimentazione e ne escono vincitori perché in questo disco non c’è nulla di banale e la riuscita commistione di brit pop e qualcosa che si ispira direttamente al rock d’oltreoceano del nuovo millennio fa si che l’intero album sia una raccolta di canzoni davvero notevole che parte con l’istinto necessario e si ferma a raccontare di una natura in decadenza e di un uomo, un umano, sempre più vile nei confronti di questo mondo alterno. Una deriva nichilista rappresentata dal bisogno di volare ancora per convogliare in luoghi sicuri e di condivisione, tra influenze letterarie e musica colta che abbraccia i Radiohead di Ok Computer, i Coldplay di A rush of blood to the head e gli album prog strutturati degli anni ’70 in una manciata di canzoni a comporre un album ispirato e concentrico alquanto interessante e profondo.

Brucianuvole – Scartati ed emarginati (Autoproduzione)

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Viaggio nell’abisso dell’underground alla ricerca dell’essenza stessa dell’arte, fuori da qualsivoglia schema prestabilito e soprattutto in completa autonomia, lontani da qualsivoglia forma di mercificazione, lontani soprattutto da ciò che conosciamo o pensiamo di conoscere in un susseguirsi di astrazioni che amplificano la creatività e la rimaneggiano dando uno schiaffo ai benpensanti per riuscire a trovare al proprio interno una valvola di sfogo essenziale e quasi unica. Il lavoro di Brucianuvole, all’anagrafe Enrico Carrino, è un lavoro alquanto sperimentale dove i rumori, le voci e soprattutto le sensazioni del momento incrociano musiche create per l’occasione per dare un senso al vuoto che ci gira intorno, sono abbozzi di vita che si fanno reali e tangibili, costruiti e implementati per chiarificare opinioni e posizioni, non è un disco per tutti, ma sicuramente è un sfogo necessario per fare ordine in un mondo troppo spesso omologato.  Uno sfogo che fa ordine con passione, autenticità e quella sana incoscienza nel rivaleggiare contro i mulini a vento dei nostri stati interiori.