Doris – Doris (Autoproduzione)

L'immagine può contenere: fiore, pianta e spazio all'aperto

Suoni in divenire che producono un rock sospirato e sospinto capace di affilare le lame attraverso arpeggi cosmici in grado di dare un senso a questa breve produzione di sostanza. I Doris, band post rock di Taranto, ingabbia la potenza espressiva in codici fruibili e di significato e produce l’effetto farfalla ingaggiando una prova con il tempo che abbiamo dinnanzi lo fa in modo ispirato e in direzione contraria, lo fa con riverberi che coprono l’arco totale dei pezzi presenti come arcobaleni in grado di dipingere i sogni più nascosti dentro di noi. Quello che ne esce è un album di quattro tracce davvero importante, una piccola summa di un pensiero che a mio avviso darà le giuste soddisfazioni e imprimerà con forza la giusta passione e il giusto pathos emotivo ad una band che ha ancora notevoli carte da giocare sul tavolo della vita.

Sam & The black seas – Silver (Atomicfat)

L'immagine può contenere: una o più persone e sMS

Indie folk d’oltreoceano sdoganato a dovere in grado di entrare in comunione con l’ascoltatore attraverso la cassa di risonanza emozionale che si staglia e vibra ancora, produce fertile terreno per soddisfazioni ineguagliabili e si ricava di diritto un posto nella musica d’autore soppesata, sospinta e alquanto matura. Il disco d’esordio di Sam and the black seas è un disco completo sotto molti punti di vista, un album capace di abbracciare le produzioni di ciò che fu, Nick Drake su tutti e che ingloba il pensiero di cantautori come Glen Hansard e i suoi The Frames per una musica ricca di carica emozionale e bagliori di bellezza accecante che già possiamo sentire nella traccia d’apertura Something went wrong passando per la title track e le perle come The love we owe e Agata ad accendere quel fuoco leggero perpetuato dai quattro musicisti milanesi e che si staglia come potenza in divenire capace di dare soddisfazioni importanti attraverso una prima prova d’insieme davvero spettacolare, introspettiva e delicata, un disco che farà ancora parlare di sé.

Bravi Tutti – La ruota della sfortuna (Orzorock)

Copertina di Bravi Tutti La ruota della sfortuna

Punk senza mezzi termini e mezze misure che con fare sapiente e rima facile affronta la nostra realtà con ironia disincantata producendo una musica sporca e a tratti subalterna che per definizione e spiriti affini ricorda band italiane come Punkreas, Derozer e I Melt in un bisogno pronunciato di uscire dagli schemi e di penetrare il nostro essere attraverso testi dissacranti e magnetici in un correre e rincorrersi tipico di certi generi, tralasciando l’inutilità e salendo il trono del fancazzismo con stile, denunciando proprio quel mondo e da quello stesso mondo poi attingere nuovi spunti per produzioni sempre più attente nel dare vigore ad una musica in grado di ricoprire radici che affondano nello splendore degli anni ’90. I Bravi tutti suonano dal 2009, suonano perché in primis è essenziale farlo, suonano perché in questo mondo degradato non c’è altro di meglio da fare e dentro a questa ironia, non lasciata al caso, chiamata La ruota della sfortuna ci mettono tutto il loro coraggio e la loro forza confezionando un disco piacevole che si fa riascoltare e di questi tempi, dove le produzioni di massa sono imperanti, non è cosa da poco.

-LIBRI ILLUSTRATI- José Sanabria – Con il passare del tempo (Kite Edizioni)

Titolo: Con il passare del tempoCon il passare del tempo

Autori: José Sanabria

Casa Editrice: Kite Edizioni

Caratteristiche: pag. 44, 28×21 cm.

Prezzo: 16,50 €

ISBN: 9788867450510

Il prezioso trasformarsi e trascorrere di quella cosa che chiamiamo tempo risplende nelle poche pagine di questo cartonato illustrato d’autore, un libro che fa della potenza visiva un punto d’ancoraggio per sostenere lievemente un concetto alquanto delicato, mai sottinteso e reinventato a dovere che per l’occasione si perde all’interno di un cerchio concentrico chiamato vita che trasporta le nostre ambizioni fino negli abissi più profondi, per veicolare significati, veicolare ambientazioni che parlano da sé e moltiplicano la speranza, moltiplicano la nostra forma di divenire e la rendono chiara e vivida, facilmente interpretabile.

Le opere d’arte in genere dovrebbero esprimere con concetti semplici idee, tramite spiegazioni che si fanno largo senza sviluppare complicati appigli o ricercatezze astratte ed ermetiche, l’opera d’arte dovrebbe parlare a tutti tramite un’esplosione di emozioni che ben risultano espresse in questa grandiosa produzione firmata Kite Edizioni. Un racconto scritto ed illustrato dal colombiano José Sanabria, argentino d’adozione dal 1992 e famoso in tutto il mondo grazie alle sue opere d’impatto grafico dipinte ad acquarello che entrano in comunione con l’immerso mondo del maestro praghese Zavrel e capaci di compenetrare le ambientazioni attraverso disegni che occupano in toto la pagina e lasciano al testo solo un’esigua parte dell’intera stampa perpetuando l’idea di moto ondoso e di ineluttabilità che proprio attraverso queste pagine riesce a raggiungere una forma comunicativa a tratti ineguagliabile.

Con il passare del tempo inizia con una nave, con delle persone e finisce con una nave e con delle persone, una storia che è cerchio perpetuo dove l’ambientazione di fondo segue il mutare delle stagioni e il mutare delle maree in un imprevedibile gioco chiamato vita che dona e che prende senza un algoritmo fisso, ma piuttosto seguendo gli spostamenti ondosi dei nostri sentimenti, scardinando l’idea di staticità e dando un senso vorticoso ad una narrazione che si sofferma sulla cronistoria degli eventi lasciando al lettore un’interpretabilità che attinge linfa vitale dalla potenza stessa delle immagini.

La grande nave della vita è emblema delle nostre cadute e del nostro mettersi insieme è il prendersi cura di qualcosa e nel contempo è il prendersi cura degli altri, nel libro il singolo non esiste, ma l’insieme è stimolo per ricominciare a perpetuare azioni che danno un senso al nostro vivere. La nave che procede senza una direzione, ma con senso davanti a sé e se non è la rotta a delinearne la via di certo le persone sono le uniche a fare la strada e a scegliere il proprio destino in un’infinita ricerca del recuperare l’abbandonato per farlo risplendere ancora.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.kiteedizioni.it/it/libri/illustrati/view/444:con-il-passare-del-tempo

Chrome Sky – Artificial (D Cave Records)

Non è avanguardia, ma sperimentazione musicale e sonora capace di fare un tuffo nell’inconscio umano per scandagliare a ritroso le nostre vite e rigettarle al suolo come fossero bambole di pezza o di carta straccia, un’alienazione viscerale che incrocia diversi stili, diversi generi, suoni pesanti che introducono parti di elettronica cattiva a sottolineare reminiscenze con il proprio modo di essere, con il proprio stare al mondo che permettono ai Chrome Sky di trarre consapevolezza da una prova davvero notevole. Il duo di Catania formato dal poliedrico Paolo Miano e il programmatore Mario Ferrarese ci dona un disco alquanto strutturato e potente, di quella potenza madre di ogni anfratto musicale in grado di valorizzare tematiche davvero importanti ai nostri giorni e che trovano il loro punto di svolta in ogni singolo brano presente in Artificial. Da Artificial man a My scars i nostri comunicano con una musica alquanto espressiva e lo fanno così bene da far paura.

White Mosquito – Superego (Orzorock)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Ingabbiati in una morsa da cui è difficile uscire i White Mosquito si scavano un posto d’onore tra le produzioni di protesta generate da questa società, un miscuglio omogeneo di potenza espressiva e lacerante carezza che abbandona le strade del folk non sense che va di moda per intensificare un rapporto di forza con la carne e con le nostre viscere raccontando di alienazioni e incapacità culturali, ricercando un quieto vivere e un bisogno di appigli nuovi e sinceri, capaci di scardinare l’ordine precostituito e criticità svelata. Il loro disco è un incrocio stellare tra gli ultimi Afterhours e band underground come Virgo o Elettrofandango, un album che riscopre finalmente la voracità espressiva delle parole e presta attenzione alla sperimentazione e ai salti musicali che permettono a questo rock che entra ed esce come mare in tempesta di farci viaggiare a latitudini estreme senza dimenticare da dove tutto è partito, senza dimenticare i grandi maestri di sempre come i Led Zeppelin per un suono d’insieme davvero notevole ed impattante che segna un punto a favore e di svolta per i White Mosquito.

Elephant Claps – Elephant Claps (Distratti)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Potenza vocale a delineare paesaggi sonori che si intersecano dapprima lievemente per poi concentrare un senso all’interno di una produzione davvero notevole capace di compenetrare l’animo umano attraverso l’uso scandagliato di voci a ricoprire territori inesplorati e mai lasciati al caso, ma piuttosto un cogliere il momento come senso profondo attivato dal bisogno esistenziale di trasformare la propria voce in musicalità sostenuta. Gli Elephant claps attraverso il loro omonimo disco, consegnano all’ascoltatore una prova di capacità canora importante stampata oltre le aspettative e capace di caratterizzare un miscuglio di Afro-Funk-Jazz in un qualcosa che non ha bisogno di strumenti, ma che solo avvalendosi della voce porta un soprano, un mezzo soprano, un contralto, un tenore, un basso e un beatboxer ad identificarsi con un mondo in continuo cambiamento e con l’insaziabilità che solo un certo tipo di musica come questa sa dare. Quello che ne esce è un disco stratificato e imponente per maestria, dove la sperimentazione è solo punto di partenza per creare quadri musicali ad arte che convincono al primo ascolto.