– LIBRI ILLUSTRATI – Adèle Bourget-Godbout/Réal Godbout – Prima dell’apocalisse (Orecchio Acerbo)

Titolo: Prima dell’apocalisse

Autori: Adèle Bourget-Godbout/Réal Godbout

Casa Editrice: Orecchio Acerbo

Caratteristiche: pagine 80, cm.24×32.

Prezzo: 18,00 €

ISBN: 9788899064556

 

Qual è il segreto per cambiare il mondo in cui viviamo? Quali sono i comportamenti nuovi e quelli abituali? Che cosa pervade il nostro vivere di un mistero tanto complesso quanto reale e omnicomprensivo? E ancora qual è quel filo rosso invisibile che ci collega al passato e con un salto si smarca dal futuro che dobbiamo ancora affrontare? Queste domande hanno una risposta e gli interrogativi in questione sono analizzati in modo semplice e diretto, senza mezze misure e con occhi protesi nei confronti del futuro, da una bambina dinosauro alle prese con le proprie modifiche interiori, con il cambiamento del proprio organismo: una crescita esponenziale che lascia posto alla ragione analizzata attraverso i pensieri di chi si trova proprio in un processo mutevole e continuo.

Prima dell’apocalisse è un albo illustrato che ci riguarda così da vicino che i pensieri racchiusi come didascalie a corredo dei disegni sono veritieri nella profondità e nella ricercatezza di base che inevitabilmente si aprono a parallelismi con il mondo in cui viviamo, si perché i protagonisti di questo, se vogliamo chiamarlo racconto, sono proprio animali di grandezza ineguagliabile, dinosauri antropomorfi che per abitudini e modi di fare sono così vicini all’uomo da sembrare un tutt’uno con il mondo in cui viviamo ora. Proprio qui il segreto del libro si svela in tutta la sua potenza, quel segreto che ci ha reso, ci rende e ci renderà così simili tra di noi ad ogni latitudine del globo e ad ogni spazio tempo percorso e che percorreremo da qui al futuro.

E’ la perdita dell’innocenza, cappuccetto rosso che entra nel bosco e scopre un’infinità di vite oltre la sua, la morte e la vita da ammirare su di una collina prima della grande esplosione per poi ricominciare inevitabilmente e nuovamente a scoprire e a scoprirsi, ad amare, a vivere ancora e a costruire il puzzle della memoria attraverso un continuo meravigliarsi davanti all’ineguagliabile mistero della natura e delle correlazioni tra le persone, un sogno ad occhi aperti chiamato vita che trova consenso nelle tavole illustrate in ogni particolare dal noto disegnatore canadese Réal Godbout, quello della serie Red Ketchup per intenderci che per l’occasione vede ramificarsi l’albero genealogico personale attraverso l’aiuto nella stesura dei testi di Adèle, sua figlia, per una scrittura che per semplicità di fondo e ampiezza d’insieme pone lo stupore e la scoperta al centro delle vicende narrate.

Un albo illustrato davvero carico di emotività capace di racchiudere le foto sbiadite della nostra memoria e della nostra attualità, un racconto che si fa così reale da tenerci compagnia in quei giorni che si rincorrono così uguali l’uno all’altro dove il tempo fa parte di quel gioco, di quell’illusione che i bambini amano costruire e amano conservare all’insaputa dei grandi troppe volte alle prese con la distruzione del mondo che ci fanno abitare.

Per info e per acquistare il libro:

http://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=510

Slivovitz – Liver (Soundfly Records)

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Loro sono in sette vengono da Napoli e fanno della decostruzione in musica il loro cavallo di battaglia immagazzinando le molteplici sfumature che il suono d’insieme sa consegnare a chi sa ascoltarlo e intrattenendo l’ascoltatore con voli pindarici completamente analogici in un’edizione del loro primo disco live che possiamo trovare anche sotto forma di pregiato vinile pesante capace di far felice ogni estimatore di genere. I Slivovitz non hanno bisogno di molte presentazioni anzi sono i pionieri di un prog altamente sofisticato, conturbante e contaminato dal jazz e dalla world music che intreccia il mondo nord africano e arabo con melodie sopraffine capaci di inglobare, in presa diretta, le sensazioni alterne di un viaggio inarrestabile verso i confini della nostra coscienza. Nel disco è presente una rivisitazione ostinatamente importante di Negative Creep dei Nirvana che come pugno sullo stomaco ribalta le carte in tavola per dare valore maggiore ad un progetto che fa della poliedricità di fondo un punto sui cui insistere per continue e importanti aperture sonore future.

Free Shots – Vorrei tanto dir (Autoproduzione)

Danze fino a notte fonda che si innestano con il voler vivere appassionatamente ogni istante che ci riserva il futuro tra note di swing contaminate e aria fumosa che invade il palcoscenico della vita in grado di creare emozioni in divenire e tanta sostanza apportata ad arte da musicisti di esperienza che, con il giusto appeal, sanno rendere l’atmosfera frizzante e magica. Il disco d’esordio della band genovese Free Shots è un album composto da sette brani originali e tre interpretazioni, un disco vivo che sa cogliere la bellezza del momento dipingendo il mondo intorno di una musica che fa ballare anche il più incallito dei ballerini e che sa consegnare all’ascoltatore una prova di certo non banale, ma che piuttosto respira aria di internazionalità già nella title track o in Il mio vestito azzurro passando per tematiche sociali in Siamo tutti profughi. Un album composito e ben realizzato capace di donare freschezza contagiosa e memorabile intraprendenza e coraggio nel dare alla luce una manciata di canzoni che affrontano la vita con il sorriso e l’impegno stampati sul viso.

Usual – Just feel Alright (Primalbox)

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La potenza espressiva di quattro ragazzi trentini, provenienti da Arco, si esprime in questo piccolo disco che racchiude al proprio interno un bisogno essenziale di comunicare attraverso la musica compatta e sognante, a tratti eterea, di band come Beatles, The Stranglers e Radiohead in un concentrato di vortici emozionali in partenza verso galassie lontane e racchiuso nella bellezza complessiva di tutto ciò che possiamo immaginare da un EP di Britpop fatto alquanto bene, partendo dai suoni e convogliando nella struttura di fondo capace di regalare la giusta dose emotiva a quattro pezzi che fanno parlare di sé attraverso un’impalcatura notevole, costante e sognante. Si parte con la bellissima Just feel alright  fino al finale di Down the road of my heart e intrappolando visioni d’ampio raggio in brani come Dog e l’altra centrale Blueberries and wine per un esordio che possiede al proprio interno le carte in regola per dare soddisfazioni concrete nel possibile futuro full legth.

Nice – Tap Tempo (MeMe)

album Tap Tempo - NiCE

E’ il cuore che pulsa come un tonfo e si collassa lungo gli anfratti del nostro vivere quotidiano con la forza lisergica di chi non ha più niente da perdere, ma che sbombarda in proporzioni cosmiche una forza d’arrivo che come tempesta distrugge e si quieta, sviscerando enunciati che sono vissuti e parlando con la parte più nascosta di noi. I Tap Tempo ci regalano un disco convincente sotto molti punti di vista, in primis partendo dai suoni puntuali e ben calibrati e successivamente per approccio alquanto sincero che colma gli abissi della nostra anima con parole taglienti, gridate, masticate e rigettate al suolo da quella forza strumentale di Guerra caffè e brioche, quasi un inno nichilista ai cliché moderni fino al finale lasciato a Fase Rem passando per la potenza di Allontanarsi dalla linea gialla e Infuso di coscienza a ristabilire un riposo di energie che si innesta a ricreare un nuovo tempo d’azione, il nostro.

-FUMETTO- Roberto Grossi – Il grande prato (Coconino Press/Fandango)

Titolo: Il grande prato

Autori: Roberto Grossi

Casa Editrice: Coconino Press/Fandango

Caratteristiche: 216 pp, bianco e nero, 17 x 24 cm

Prezzo: 17,50 €

ISBN:  9788876183447

 

Teste distese su di un prato, teste distese a sfiorare l’erba ad immaginare un mondo, a guardare lontano. Occhi grandi, Margaret Keane in dissolvenza, pronti a scrutare le occasioni di una vita al limite, una vita di periferia, quella stessa vita lasciata a decantare sotto il peso del tempo e della violenza, il peso della gioventù e degli estremi che ingarbugliano i pensieri in reti fatte per catturare ciò che di bello ancora resta o perlomeno ciò che di buono può essere ancora creato dal rumore di fondo che ingloba e divora.

Una zattera fatta per fuggire lungo un fiume inquinato e maleodorante, un grande prato vicino e la vita scandita dal rincorrere dei giorni in uno straziante affresco di quotidianità ai margini che vede per protagonista una coppia di gemelli identici che vivono assieme allo zio alcolizzato in una casa fatta di lamiere in una periferia non definita, ma presumibilmente identificabile. Il respiro affannoso di una città di cemento lì fuori pronta ad ingerire ogni centimetro cubo d’aria buona e l’ingenuità e le privazioni dei due fratelli alle prese con un vivere fatto d’istinti e di tentativi, una crescita che si evolve parallelamente con l’urbanizzazione politica e mentale e la prevaricazione del più forte nei confronti del più debole, la legge della giungla e la forza ineluttabile della corrente che trascina, forse, verso un’esistenza migliore.

Roberto Grossi, già apparso su riviste come Pulp Comix, Il Manifesto, Gomorra, Liberazione ci consegna una prova attuale e sincera, priva di stilemi, ma piuttosto accurata nel raccontare una visione d’insieme fatta di cinismo e intolleranza dove l’innocenza svanisce proprio quando l’essere umano svela le proprie bestialità interiori. Un’innocenza fatta di plastica e rifiuti, di vite andate a male e perseveranza rincorsa dove un racconto da una struttura pressoché lineare si apre a campi medi che abbondano di essenzialità, un’essenzialità che nei pochi dialoghi e nelle didascalie presenti rende accurata l’imprescindibilità di fondo, ricordando per certi versi le atmosfere raccontate nelle canzoni di Vasco Brondi e le catastrofiche visioni di La terra dei figli, ultima fatica di Gipi.

Coconino Press apre ancora alle tematiche sociali rivelandosi casa editrice di punta nel raccontare storie al limite e di emarginazione, storie che in questo fumetto si fanno portatrici di una carica psicologica così disturbante e veritiera da essere simbolo di questi giorni incerti dove la bellezza lasciata in disparte trova valvola di sfogo nel vagare finale senza meta di una barca su di un fiume. La barca degli ultimi e del futuro, la barca di chi un giorno avrà le speranze di cambiare in meglio anche il minimo un per cento di questo mondo in decomposizione.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.fandangoeditore.it/shop/marchi-editoriali/coconino-press/coconino-cult/il-grande-prato/

Oppure qui:

Ferbegy? – Roundabout (Riff Records)

Le puoi percepire attorno le freddure siderali che provengono dalle latitudini elettroniche di una musica priva di confini che amalgama in modo esponenziale la lezione di una scena indipendente alle prese con una manipolazione di sintetizzatori in grado di scavare all’interno di noi, la percepisci e ne prendi atto anche perché tutto quello che appare e sentiamo attraverso le nostre orecchie, nella musica dei Ferbegy? prende forma e lascia un posto vivido e lacerato all’interno della nostra anima. La band di Bolzano confeziona un disco assai strutturato che si abbandona alle malinconie acustiche di band come Sigur Ros per passare facilmente alle deflagrazioni elettriche di gruppi come Massive Attack e God speed you black emperor! in un suono d’insieme davvero concepito ad arte e che meraviglia e stupisce ad ogni ascolto. Nulla è affidato al caso in Roundabout, ma all’interno di questa musica possiamo trovarci tanta bravura esponenziale e nel contempo il desiderio di comunicare ambizioni sotterranee e suoni emozionali da primi della classe.

I miei migliori complimenti – Le disavventure amorose di Walter e Carolina (Costello’s Records)

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Parlare d’amore ai giorni d’oggi è abbastanza scontato, vuoi per gli abusi costanti del termine, vuoi che ormai ogni canzone che si ascolta ha al proprio interno questa parola o quasi che il termine stesso si svuota, perde di significato, quando dovrebbe essere motore sempre acceso nei confronti del mondo in cui viviamo. Walter Ferrari scardina il modello di canzone d’amore e con l’aiuto del suo Mac e della sua cameretta domestica da alla luce un disco davvero bizzarro e alquanto genuino che ha il sapore delle canzoni migliori di band passate come Macromeo o Francesco C in un delirio collettivo da parole semplici, ma appositamente cesellate, capaci di comporre un quadro d’insieme unico e a tratti in grado di far sorridere. Dieci canzoni in totale, cinque originali e le altre remix delle principali che raccontano di realtà urbane e di città metropolitane, tra amori semplici e eterne domande da malinconici pomeriggi sui social con la speranza, sempre dietro l’angolo che tutto il vuoto che c’è attorno un giorno si possa riempire con qualcosa di reale e che conti davvero.

Thee Jones Bones – This is love (La stalla domestica)

album This is love - Thee Jones Bones

Potenza in rock che prende spunto dai mitici ’70 in tutta la sua proverbiale capacità di attingere ai tempi passati con maestria e coraggio visto il genere più volte trattato e visto il potenziale già espresso e raccontato. I Thee Jones Bones al loro sesto disco in undici anni di discografia se ne sbattono della moda e dei cliché e in modo inarrestabile costruiscono quello che di meglio riescono a fare immagazzinando e imbrigliando la lezione di Hendrix e dei Rolling Stones per portarla, in maniera assolutamente genuina, all’interno di un album che profuma di polvere e sudore da A season in your soul in the shadows of the son fino alla facilità della vita in Take it easy, passando per pezzoni come Mother’s heart e Little moon a rincorrere ancora quel sogno di strada infinita pronta per essere solcata e vissuta ancora una volta fino infondo, limando il superficiale e mantenendosi fedeli alla durezza dell’amore.

Malamanera – Dimmi cosa vedi (Autoproduzione)

Se devo rispondere alla domanda che da il titolo al disco, vedo tanta bella speranza utopica che converge e si apre in tutta la sua bellezza attraverso queste canzoni che danno un senso profondo al nostro esistere, fuori dai cliché di stile e implementando un pensiero che si staglia oltre le solite mete per cercare di dare un senso al tutto che ci circonda, soffermandosi sull’importanza del vivere sociale, dello stare insieme, del condividere e dello sperare. I Malamanera sono tornati con un disco emblematico per i nostri giorni, sono tornati raccontandoci un pezzo di mondo che non conosciamo o che troppe volte ci siamo dimenticati di osservare da vicino. La band toscana parla di vite, le nostre, abbandonando per certi versi la leggerezza del precedente album per concentrasi maggiormente sulla forma e sul contenuto impresso in questi pezzi in levare che si approcciano ad un cantautorato d’insieme che prende forma via via che le canzoni si susseguono, da Piccola goccia fino a Panamerikana, giocando con le parole, ma ricordando ancora una volta il bisogno di schierarsi sempre e solo da una parte: la parte migliore che possiamo intravedere in tutte le cose.

Per ulteriori info e per acquistare l’album:

https://malamanera.bandcamp.com/album/dimmi-cosa-vedi-4