Goodbye, kings – A moon daguerreotype (Autoproduzione)

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Rarefazione sonora incalzante e vibrante capace di disegnare in modo del tutto sospinto e fuori dal tempo una fotografia in bianco e nero dal sapore del velluto e vaporosa insinuarsi lentamente all’interno delle nostre coscienze. Disco complesso, architettonicamente maestoso che in sostanza se ne frega delle mode del momento per farci piombare all’interno di costruzioni di nobile fattezza e di assurda e maniacale importante visione. Un post rock emozionale per la band milanese che affonda le radici in band come Godspeed you! Black emperor, un album davvero notevole sotto diversi punti di vista. Le  canzoni si sottraggono all’idea di imperfezione e concentrano spasmi d’autore dalla traccia d’apertura Camera Obscura fino alla canzone, nel finale che da il nome al disco per un insieme poderoso di suoni che in questo concept calcolato stupiscono ascolto su ascolto.


Malkovic – Buena Sosta (Costello’s Records)

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Suoni a profusione che si intrecciano attraverso un teletrasporto spazio tempo in grado di relegare l’inutile e dando un senso alle esplosioni circostanti. I Malkovic ritornano con un nuovo EP fatto di canzoni suonate a dismisura e cantate altrettanto bene in un vortice di parole che si muove attraverso una quotidianità che distrugge e che con rabbia trascina con sé la parte migliore che possiamo portarci dentro. Cinque pezzi soltanto, questi, ma in grado inevitabilmente di cambiare l’assetto strutturale di un intero disco per un post rock di pura goduria cosmica, impegnato quanto basta per portare i nostri ad un livello davvero importante. Da Colossus fino a Chitarrina passando per la riuscita title track i Malkovic con Buena Sosta architettano un meccanismo che pone le basi, spero, per soddisfazioni future ancora più vere e reali. 


Babel Fish – Follow me when I leave (Tempura Dischi)

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Secondo breve lavoro per la band modenese formata da Giordano Calvanese, Gabriele Manzini, Matteo Vezzelli e Edoardo Zagni, secondo lavoro ad aprire contesti incasellati in un piccolo EP siderale formato da quattro tracce quasi eteree che sopraggiungono e convergono inaspettate ponderando inclusione all’interno di un mondo oscuro e nel contempo bellissimo. Quattro canzoni soltanto che permettono però all’ascoltatore di farsi un’idea delle potenzialità di questa band in evoluzione, tra un post rock d’annata fino al più moderno shoegaze toccando punte che ricordano band come God is an astronaut o Explosions in the sky ad intessere trame e a ricordare le nostre radici fino alla ricerca spaziale di universi paralleli da poter abitare. Follow me when I leave è un disco che getta le basi per soddisfazioni future, è qualcosa di terreno e nel contempo un qualcosa capace di galleggiare nell’etere più lontano e nascosto alla ricerca di quella oscurità fattasi luce che colpisce a perdita d’occhio. 


Novalisi – Quando mi chiedono dove sei (Indiemood)

Evoluzione sonora per la band trevigiana che al terzo disco dopo alcuni anni di silenzio circonda l’etere di arpeggi e deflagrazioni, di conturbanti attese e di parole e frasi che meritano ancora la giusta attenzione. Di gran spolvero quindi i nostri propongono cinque pezzi tirati che sanno parlare senza fronzoli al cuore dando internazionalità ad una proposta latente e che sta ritrovando una propria via grazie al suono di un rock che strizza l’occhio al post e al pop in un miscuglio di anfratti e desideri nel comunicare ancora qualcosa di importante. Gli intrecci chitarristici si inseguono fino a creare spazi che affondano nel nulla quotidiano, affondano così tanto da entrare in profondità ed emozionare senza cercare facili escamotage, ma piuttosto contemplando quell’idea di fragilità umana che nell’attimo appena trascorso scoppia tonante in aperture spaziali ricercate degne di una band che sa davvero ancora suonare e comunicare un proprio pensiero, un proprio stato di libertà.

Sendorma – Notturno 1 (Overdub Recordings)

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Rock imbrigliato nella luce degli anni ’90 a disquisire forme e costruzioni che si affacciano egregiamente alle idee mutevoli che avanzano ed esigono di ricercare una sostanza che si fa preponderanza nell’attimo, affondando radici nel vecchio per affacciarsi al nuovo. Immagini in dissolvenza si comprimono nella criptica messa in scena della vita dove a raccontare vicende, personaggi e narrazioni sono i Sendorma attraverso un rock ben ponderato dove i testi sono omogeneità che luccica e abbaglia e dove il substrato e l’apporto di nomi come Luca Vicini, già con Subsonica, Giovanni Versari al mastering con nomi simbolo quali Muse e Il teatro degli orrori portano l’intera composizione ad affacciarsi ai testi elaborati con l’aiuto di Luca Ragagnin, poeta e scrittore che dona potenza controllata ad un cerchio che si chiude e si riapre davvero importante. La traccia d’apertura Alba lenta è qualcosa di eccezionale e ipnotico capace di convogliare materia in pezzi come Diamanti e asfalto, Il potere del silenzio o la finale Notturno per un album composito che sfiora incursioni post rock in grado di diventare bagliore omnicomprensivo oscuro e di rara introspezione.

Doris – Doris (Autoproduzione)

L'immagine può contenere: fiore, pianta e spazio all'aperto

Suoni in divenire che producono un rock sospirato e sospinto capace di affilare le lame attraverso arpeggi cosmici in grado di dare un senso a questa breve produzione di sostanza. I Doris, band post rock di Taranto, ingabbia la potenza espressiva in codici fruibili e di significato e produce l’effetto farfalla ingaggiando una prova con il tempo che abbiamo dinnanzi lo fa in modo ispirato e in direzione contraria, lo fa con riverberi che coprono l’arco totale dei pezzi presenti come arcobaleni in grado di dipingere i sogni più nascosti dentro di noi. Quello che ne esce è un album di quattro tracce davvero importante, una piccola summa di un pensiero che a mio avviso darà le giuste soddisfazioni e imprimerà con forza la giusta passione e il giusto pathos emotivo ad una band che ha ancora notevoli carte da giocare sul tavolo della vita.

Northway – Small things, true love (Autoproduzione)

Northway - The King

Paesaggi sonori che ricoprono di bellezza le nostre aspirazioni più lontane. Tra i ghiacciai e le montagne una musica si fa strada, un suono fatto di delay ad alta voce che ripercuotono l’etere di grandiosità intessendo trame atmosferiche da post rock velato all’alternative per uno strumentale che imbraccia la potenza degli Explosions in the sky e si sofferma sul candore sonoro dei Sigur Ros, per melodie nordiche capaci di raccontare parte di noi, parte di un tutto che evolve, riaffiora e ama, in una convincente pittura che rende questo disco un insieme composito di perle che ci trasportano in dimensioni quasi oniriche e spaziali, partendo da Arrival fino a Small Things, a far il verso a quel titolo che si affaccia alla potenza delle piccole cose, a tutto ciò che abbiamo lasciato alle spalle e a tutto ciò che troveremo, concentrando l’attenzione su quello che deve ancora accadere in un vibrante affondo al passato che merita di essere assimilato e fatto esplodere in tutta la sua grandiosità

Genoma – Stories (New Model Label)

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Suoni che vengono da lontano quasi da sott’acqua ad incupire gli attimi e i bagliori di luce che si respirano in questo esordio targato Genoma che ha il sapore della carezza in bellezza che si affaccia nei confronti di un mondo in decadenza attraverso ballate che si aprono ad atmosfere intrise di significati reconditi e passionali dove la componente pop si mescola ad un suono meno agevole con echi di new wave non troppo celata, notevole la cover di Atmosphere dei Joy Division, per suoni capaci di tessere melodie attraverso un basso pieno e coprente, un piano, un violoncello, una batteria leggera e dipinti di vita che affrescano una voce melliflua pronta a condurci nelle architetture degli Amycanbe più oscuri o dei vicentini Nova sui prati notturni, per un esordio questo che ha tutte le carte in regola per far parlare di sé per molto tempo, almeno fino all’uscita di un vero e proprio full length.

Per info sul disco:

  genomaproject.com

Palmer Generator – Discipline (Astio Collettivo/Torango)

Disco in famiglia che abbraccia i tempi migliori in lisergiche ambientazioni di paesaggi marini pronti a subentrare ad una terra in grado di cambiare ad ogni movimento e soprattutto in grado di comprendere le costruzioni del tempo tanto da valorizzarle in attimi elettrici e fotovoltaici attraverso una psichedelia stratosferica che si rispecchia molto nel post rock degli Explosions in the sky per un disco completamente strumentale che abbandona territori conosciuti per farci addentrare in un mondo inquieto e capovolto dove l’uomo deve uscire dal legame con la macchina per auto costruirsi un’identità fondante e autonoma in grado di comprendere i meccanismi che vanno oltre l’ingranaggio e si affacciano al pensiero con costanza e forza cangiante, da Persona fino a Domain, in mezzo abbiamo l’evoluzione di una società in un concept atmosferico in grado di sottolineare, ancora una volta, l’importanza dell’impatto emozionale su tutto il resto, intensificando un lavoro che si esprime soprattutto in chiave live, tra sudore e intensità, tra speranza e decandentismo evolutivo.

Legni vecchi – Legni vecchi (DreaminGorilla Records/Stay Home records)

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Duo meraviglia che intasa l’aria di sostanze sonore in grado di provocare nel corpo umano un’energia dirompente capace di sfondare gli orpelli post hardcore per incentrare la scrittura in una musicalità che si fa tenebra e luce, innescando soffitti cosmici da gettare al suolo con forza magnetica, imprigionando la realtà attraverso note che si susseguono in accordi emozionali, siglando il bisogno di esistere attraverso sei tracce che si muovono bene tra Gazebo Penguins e Menrovescio in uno stile affinato e pronto a trovare una propria dimensione in chiave live, su di un palco polveroso da dove non poter scendere finché l’ultima goccia di sudore non sarà stata versata, La Pace è il pezzo più introspettivo del disco passando per La distruzione e l’ottima Marcione, lasciando qualche suono vocale a riempire Ratti fino al gran finale di Sgomito, per un disco, quello dei Legni Vecchi che trasuda resina ancora e per sempre.