Neuromant – Cyberbirds (Autoproduzione)

Aperture alari che si guadagnano un posto vicino al sole grazie ad un rock cupo che interseca l’altra faccia della luna, quella più oscura in anfratti di buio e luce che ben si sposano con l’amalgama d’insieme ad interferire risultati e promozioni, bellezza da vendere e psichedelia soppesata come emblema per soddisfazioni future. I Neuromant, al loro esordio, intrecciano la melodia con la sperimentazione e ne escono vincitori perché in questo disco non c’è nulla di banale e la riuscita commistione di brit pop e qualcosa che si ispira direttamente al rock d’oltreoceano del nuovo millennio fa si che l’intero album sia una raccolta di canzoni davvero notevole che parte con l’istinto necessario e si ferma a raccontare di una natura in decadenza e di un uomo, un umano, sempre più vile nei confronti di questo mondo alterno. Una deriva nichilista rappresentata dal bisogno di volare ancora per convogliare in luoghi sicuri e di condivisione, tra influenze letterarie e musica colta che abbraccia i Radiohead di Ok Computer, i Coldplay di A rush of blood to the head e gli album prog strutturati degli anni ’70 in una manciata di canzoni a comporre un album ispirato e concentrico alquanto interessante e profondo.