Giacomo Toni – Nafta (Brutture Moderne)

Disco proiettato dagli anni ’80 ai giorni nostri tra le nebbie del sentirsi soli e quell’atmosfera grigia della pianura che non consola, ma annerisce pensieri, li riempie di acquazzoni e li stende a terra senza possibilità di muoversi, senza possibilità di riscatto. Giacomo Toni ingabbia i sentimenti e parla di cruda realtà analitica quasi in stile punk naif, ma di certo con fare prorompente e soprattutto senza niente da perdere il nostro confeziona un disco duro e crudo che non cerca le mezze misure, ma piuttosto qualcosa di nuovo tra le produzioni musicali odierne. Il suo cantautorato non trova appigli nel già sentito, ma piuttosto trova una valvola di sfogo attraverso la vita di strada che si fa narrazione convinta e di indubbia qualità, uno slancio che parla al popolo dello schifo in cui annega giorno dopo giorno e dei bar di provincia che nascondono le lezioni di vita più importanti. Un album eclettico e fuori dal coro, una moderna Antologia di Spoon River in cui ogni storia, ogni persona è un tassello importante per creare costruzioni lontane dal mondo luccicante del chiacchericcio moderno e capaci di entrare nella realtà quotidiana attraverso un sapore astratto di scosse improvvise e vitalità inaspettata.

Luciano Panama – Piramidi (La dura madre dischi)

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Luciano Panama parla di costruzioni che ci attorniano, parla di amori metropolitani e grandi avventure percorse senza attimi di respiro, prove che con coraggio si fanno portatrici di linfa vitale da cui trarre immagini, racconti, vita. Piramidi è il primo disco solista del leader degli Entourage che con grande intraprendenza sceglie la strada solitaria attraverso un disco di rock spruzzato dal pop che veicola i nostri pensieri verso una galassia lontana e riappacificatrice, un album che raccoglie otto tracce che si legano con i vissuti dello stesso autore e ci danno la possibilità di ammirare un quadro d’insieme davvero particolare dove echi d’oltremanica si sposano alla perfezione con il cantato in italiano proposto. Canzoni come L’osservatore, Gente del presente o la bellissima Messina guerra e amore si fanno sostanza da sviscerare per lezioni di stile e capacità diffusa dove il suono d’impatto incoraggiante risulta alquanto incisivo. Piramidi è un disco sulla modernità che avanza, sugli accostamenti stridenti di un mondo in dissoluzione, un album che parla d’amore a cuore aperto e si consuma per questo tra realtà e immaginazione, tra i miraggi di un posto migliore e il bisogno di fare qualcosa per cambiare.

Lebowski – Cura violenta (Area 51 Records)

Lebowski è un tiro lisergico che lascia spazio ad impressioni suburbane e si concede ritmicamente in una psichedelia di fondo intrisa di significato e concezioni minimali che fanno dell’astrattismo musicale un punto di partenza per creare dal nulla materico un bisogno senz’altro di esprimersi e di dare spazi ad una realtà in dissolvenza. I nuovi testi strutturati, carichi di emozioni discostanti, appaiono lontani anni luce dalle produzioni passate, abbondano di introspezione e la capacità che il gruppo raccoglie è direttamente proporzionale alla qualità delle canzoni proposte: pezzi in grado di attraversare un’ondata salvifica di post-punk da incorniciare. Le destrutturazioni dei suoni come in Animali nella notte, Mi sento Uh! o la finale Journal Noir sono attimi convincenti di un percorso complesso e davvero originale, un percorso che al quarto album viene affidato interamente o quasi a Gianluca Lo Presti che ha saputo condividere idee e creatività, suoni e affiatamento per un risultato corale che ha il sapore delle cose migliori, quelle fatte con pazienza e precisione, senza lasciare nulla al caso e soprattutto senza dare nulla per scontato. Per i Lebowski, Cura Violenta, sarà il disco della maturità.

Malmo – Manifesto della chimica romantica (Manita Dischi)

Muoversi e ondeggiare nell’etere, comprimere spazi ed energie lontane per farle esplodere, per recuperare l’insperato, per dare un senso diverso ad un mondo decostruito, nuovo e cangiante di colori ed elettricità sperata. I Malmo compiono un viaggio nelle terre del nord donando ampiezza e gestualità ad un rock che sfuma nel post e ingloba strumentazioni tipiche di un genere portato alla ribalta da band come Sigur Ros, Mogway, Goodspeed you!Black Emperor per un’attrazione fisica a tutto ciò che è natura e che può esageratamente dare impressioni, consegnare stati d’animo da trasformare, da cesellare e da vivere profondamente. Manifesto della chimica romantica incrocia l’amore e la scienza, lo fa in modo del tutto naturale facendo del citazionismo uno strumento a proprio vantaggio e consegnando all’ascoltatore pezzi che via via si fanno più ambientali, compositi ed eleganti. Da L’alba di un giorno di festa fino a I treni e le scie i nostri percepiscono l’aurora boreale in un suono cosmico davvero unico, un’avventura che si fa essa stessa vita, una terra che si fa narrazione e che vede i Malmo esserne protagonisti.

Giovanni Succi – Con Ghiaccio (Ala Bianca/La tempesta dischi)

Poesia ammaliata di precaria presenza dove le luci della sera fanno capolino e si insinuano lentamente nelle tristezze malinconiche di un giorno che sta per venire. Ombre e passione quindi, morte incombente e aleatorietà del caso si fanno costrutti essenziali per comprendere il nuovo progetto solista di Giovanni Succi già con Bachi da pietra, Madrigali magri, La morte in un eterno divagare verso l’oscurità che si fa presenza ammaliante e possibilità di racconto, possibilità irrequieta di creare, custodire e inventare nuove forme di comunicazione caratterizzate queste da una voce importante che di certo non passa inosservata, ma anzi dona profondità al campo e altrettanti spiragli alternati da dove poter raccontare l’Italia vissuta, l’Italia piegata dai vizi e dai continui deturpamenti, tra l’abbandonato e le possibilità da cogliere, ancora, una dopo l’altra. Quel che ne esce è un disco crepuscolare, profondo e intenso, un album che non chiede, ma costruisce ricordando per certi versi le cavernose presenze di Nick Cave o Tom Waits in un’adesione demoniaca musicale inconfondibile e difficile da paragonare se non per il gusto e il bisogno di mantenersi fedele ad una linea controcorrente e di certo ispirata.

Federico Carro – Starlight (Bentley Records)

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Odori di galassie lontane e stelle da illuminare che si aprono e richiudono nella bellezza del sogno a tratti elettronico, a tratti acustico in un contemplare l’infinito attraverso parole che provengono da mondi lontani, forse lontanissimi e inarrivabili capaci di dare alito ai pensieri più nascosti e forse impronunciabili. Federico Carro è un poeta moderno che attraverso l’uso di synth dà voce ad un electro-pop che trova le proprie origini in una contemporaneità atmosferica, da lounge di certo non improvvisato per una musica in simultaneo accordo con quello che viviamo, con quello che proviamo interiormente. E’ una musica emozionale, lo possiamo sentire sin dalle prime battute di Looking for pain, fino a Memories passando per la title track o l’avvolgente Silent Moon in stato di grazia. Starlight è un disco che ammicca al pop e lo fa con stile e occhio di riguardo nei confronti dei grandi della musica mondiale pur mantenendo un’impostazione del tutto italiana che predilige il racconto e l’amore sussurrato a tutto il resto.

Four Tramps – Pura Vida (TRB rec)

Misurare la potenza dello sporco blues non è mai troppo facile, anzi si tende ad ingaggiare una sfida contro stereotipi di genere e cliché che si possono tranquillamente evitare dando un senso profondo alla ribellione e alla desolazione che si respira approcciando questo stile ad un modo di essere, ad un modo di vivere. I Four Tramps fanno della loro esistenza qualcosa da mettere su disco e ci riescono alla perfezione perché sanno coniugare in modo esemplare le asperità della vita moderna utilizzando un’ironia di fondo che lungo l’intero arco dell’album si può percepire pur parlando di fatti che respiriamo giorno dopo giorno in un’esplosione distorta e comprensibile, chiara e speculare. Ecco allora che le canzoni scorrono veloci da A distanza dalla dignità fino a Theater of the drums in un saliscendi di potenza controllata e parole che si fanno racconto dimenticando l’inutilità e concentrando il proprio equilibrio su una manciata di suoni che rendono l’omogeneità un particolare da non trascurare ed implementare a dismisura dando vita ad un percorso di Pura Vida capace di far sognare ad occhi aperti un nuovo istante da incorniciare.

Statale 107bis – Muri muti (Autoproduzione)

Mescolanza di generi e potpourri in evoluzione per una stratificazione d’intenti che nella passione e nel connubio di stile trova ampio respiro in una prova che se non fosse per la forma classica che le appartiene avrebbe il sapore e il colore della world music. Un crescendo di intenti per scavalcare le barriere che ogni giorno ci si parano davanti o che erigiamo appositamente per non vedere un po’ più più in là del nostro naso sono la chiave di lettura per comprendere questo lavoro architettonicamente particolare e ricco di rimandi alla vita reale. La band calabrase Statale 107bis intasca un disco fatto di rock, ska, folk per una prova ricercata che scova e trae ispirazione dalla vita di tutti i giorni, creando un vero e proprio laboratorio sperimentale dove musicisti di ogni estrazione compongono un quadro d’insieme in continuo cambiamento e profonda convinzione nel dare atto a quel teatro chiamato vita che ha bisogno di amalgamare stati d’animo per sentirsi vivo e reale e che proprio in questo disco trova la chiave d’accesso per questa e per altre soddisfazioni che verranno da qui al domani.

Andrea Brunini – L’isola dei giocattoli difettosi (Autoproduzione)

Incrociatori di stili, umori e colori, per la seconda prova del cantautore toscano Andrea Brunini, per un disco che porta con sé il sapore dell’amore, delle cose semplici e di tutto ciò che velatamente fa muovere gli ingranaggi di questa società malata ponendo l’individuo sempre e comunque all’interno di storie da cui è difficile uscire. L’isola dei giocattoli difettosi è un insieme di canzoni che con ironia ci fa vedere la nostra finitudine, il nostro lavora, consuma, crepa. Lo fa con una capacità cantautorale mescolata al folk delle tradizioni e facendo del citazionismo letterale e cinematografico un punto d’incontro con uno stile asciutto e sincero. Ciò che ne esce è una prova curiosa e ricercata soprattutto in chiave testuale, ricordiamo l’iniziale Fuori posto, il singolo Giulia o pezzi come la title track e la finale lasciata a Notte, quasi una chiusura del cerchio naturale che nell’istantanea del momento si fa presenza e per un attimo consola e svanisce. Un album diretto, senza giri di parole che trova nel senso di illusione quotidiana una profonda rinascita e un punto di partenza per comprendere ciò che ci circonda.

Etruschi from Lakota – Giù la testa (Phonarchia Dischi)

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Citazionismo westerniano che si imprime all’interno delle corde pensanti di una band che sposa il blues con il rock per un suono davvero sensazionale e ricco di rimandi atmosferici e dove una voce graffiante e ben condita, tra un Gaetano e un Appino, amalgama racconti di vita e di passione che sembrano non voler concedere attimi di fiato. Gli Etruschi from Lakota sono tornati e grazie a questa prova snocciolano, come in un film, una serie di pezzi da colonna sonora atemporale, fuori da qualsiasi attimo che possiamo immaginare, quasi anacronistici, ma tendenti al futuro, in sodalizi maturi che nell’espressività del momento trovano un punto di fuga dalla realtà che li circonda e che li vede protagonisti. Canzoni come Eurocirco, Giù la testa o la finale, quasi inno generazionale Viva l’amore, non si dimenticano facilmente, anzi sostengono una struttura portante ricca di rimandi alla vita di tutti i giorni con un piglio di maturità e originalità capace di creare atmosfere uniche e di facile ascolto pur non rinunciando alla tecnica e all’architettura cangiante dell’intero disco. Giù la testa parla di rivoluzione e di rispetto, di occasioni da cogliere e di nuove possibilità, il tutto in chiave moderna e alquanto lontana dal precedente album segnando un percorso impattante per la stessa band e per le soddisfazioni che riserverà loro il futuro.