Eradius – Eradius (Resisto)

Disco omonimo di debutto per il potente duo italo-britannico formato da Richard Dylan Ponte e da Edoardo Gomiero, un album espressivo al massimo che ingabbia lo stoner fino a disintegrarlo con sferzate di rock apocalittico da fine del mondo accentuato da fraseggi che ricordano band come Tool o RATM in un dominio esistenziale dei propri strumenti che rende il combo una perfetta macchina da palco pronta a suscitare emozioni impattanti e dal forte contrasto che non si lascia a momentanee illusioni, ma piuttosto trasforma il momento in qualcosa da assaporare, da vivere pienamente. La chitarra e la batteria quindi sono l’ossatura portante di questo duo composito a comprimere e successivamente a far esplodere decibel interiori, decibel di memoria in pezzi come Poison Eyes, Democracy, Desert, Raise and Resist o la finale Digital Puppetz in un crescendo continuo di soddisfazioni e di denuncia, di rabbia e di abbandono a scavare all’interno di ciò che abbiamo di più nascosto. Gli Eradius, ne sono certo, non ce li dimenticheremo facilmente.

Batracomiomachia – Vie delle indecisioni (Marmolada Rec)

album Batracomiomachia - Vie delle Indecisioni

Secondo album per la band di Chieti, pronta a spolverare i fasti di un suono pop che per l’occasione risulta sempre più dissacrante e composito in sodalizi non sense che sbattono in faccia ossimori e menefreghismo a vendere per undici canzoni che colpiscono fin dal primo ascolto. Nei pezzi dei Vie delle indecisioni ci sono spunti che si rifanno inevitabilmente alla musica d’autore italiana degli anni ’70 da Venditti fino a Rino Gaetano, in unioni di amori disillusi attraverso un concentrato a tratti fumoso, ma perennemente in tiro di canzoni che fanno parlare di sé come l’apertura affidata a Vent’anni, la stessa title track, Memorie, Il mio vicino o la finale riuscita Aquiloni. Batracomiomachia è un insieme di pezzi pronti ad entrare nella quotidianità che opprime, entrano in questa e altre vite strappando un sorriso a chi li ascolta alla ricerca di quella costante originalità che tenta di uscire dal mare delle produzioni odierne. La band Vie delle indecisioni, in tutto questo, si trova sulla buona strada.

LeFragole – maremosso (Autoproduzione)

Sound che abbraccia il passato per il nuovo disco del duo bolognese LeFragole, un disco che si dipana lunghissimo lungo le diciannove tracce proposte intessendo rapide trame che sfiorano una musica che fa da ponte con gli anni ’70, Lucio Battisti su tutti e che instaura con l’ascoltatore quasi un live proposto a suon battuto per carpirne estetica, poetica e ironia disincantata che racconta e si fa raccontare in un moto ondoso che non ha il bisogno di dare lezioni di vita, ma piuttosto rende il tutto racconto da ascoltare. Canzoni acustiche si alternano a qualcosa di più movimentato dalla title track passando per RadioAlice, Lacanzonedelsorriso, Lafavoladegliorchi, Destino, Baciabbraccio e l’introspettiva finale lasciata a Ilcuorenonhasempreragione rendono la proposta accattivante e in continuo mutare. Maremosso è un senso perenne di appartenenza e di uscita da un mondo in cambiamento, ci sono i tormenti della vita, le gioie quotidiane e l’ordine delle cose a cui dare sempre un senso nuovo per un duo composito davvero interessante e con quella marcia in più capace di creare sostegno tra il mondo per così dire commerciale e quello più indie impegnato.

Luca Bretta – L’1% (All For Disconnected)

Pop post adolescenziale che mette a nudo l’anima di un giovane poeta e si racconta in amori a sfondo elettronico per un suono che rimanda ad una via di modernismo e fuggevoli carezze per un cantautore che riesce, grazie al successo dei singoli Love Adventure e Basti tu a rinvigorire la formula del nuovo, senza dare nulla per scontato, ma piuttosto proseguendo il cammino prima intrapreso. Luca Bretta è un musicista trentino, ma di origini emiliane, un autore che riesce ad entrare, con parole semplici, all’interno del nostro vissuto con una poesia urbana di sicuro appeal, attraverso un lavoro composito che spazia lungo vari generi e si inerpica tra il cuore e le emozioni più nascoste. L’1% è in primis un disco d’amore anche se non dichiarato, un album che trova la propria forza e la propria direzione da seguire nella quotidianità e nei diluvi di ogni giorno, nell’attimo da vivere e nell’esigenza del tutto terrena di parlare con facilità e limpidezza delle piccole cose che ci hanno fatto diventare adulti.

Federico Carro – Starlight (Bentley Records)

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Odori di galassie lontane e stelle da illuminare che si aprono e richiudono nella bellezza del sogno a tratti elettronico, a tratti acustico in un contemplare l’infinito attraverso parole che provengono da mondi lontani, forse lontanissimi e inarrivabili capaci di dare alito ai pensieri più nascosti e forse impronunciabili. Federico Carro è un poeta moderno che attraverso l’uso di synth dà voce ad un electro-pop che trova le proprie origini in una contemporaneità atmosferica, da lounge di certo non improvvisato per una musica in simultaneo accordo con quello che viviamo, con quello che proviamo interiormente. E’ una musica emozionale, lo possiamo sentire sin dalle prime battute di Looking for pain, fino a Memories passando per la title track o l’avvolgente Silent Moon in stato di grazia. Starlight è un disco che ammicca al pop e lo fa con stile e occhio di riguardo nei confronti dei grandi della musica mondiale pur mantenendo un’impostazione del tutto italiana che predilige il racconto e l’amore sussurrato a tutto il resto.

Four Tramps – Pura Vida (TRB rec)

Misurare la potenza dello sporco blues non è mai troppo facile, anzi si tende ad ingaggiare una sfida contro stereotipi di genere e cliché che si possono tranquillamente evitare dando un senso profondo alla ribellione e alla desolazione che si respira approcciando questo stile ad un modo di essere, ad un modo di vivere. I Four Tramps fanno della loro esistenza qualcosa da mettere su disco e ci riescono alla perfezione perché sanno coniugare in modo esemplare le asperità della vita moderna utilizzando un’ironia di fondo che lungo l’intero arco dell’album si può percepire pur parlando di fatti che respiriamo giorno dopo giorno in un’esplosione distorta e comprensibile, chiara e speculare. Ecco allora che le canzoni scorrono veloci da A distanza dalla dignità fino a Theater of the drums in un saliscendi di potenza controllata e parole che si fanno racconto dimenticando l’inutilità e concentrando il proprio equilibrio su una manciata di suoni che rendono l’omogeneità un particolare da non trascurare ed implementare a dismisura dando vita ad un percorso di Pura Vida capace di far sognare ad occhi aperti un nuovo istante da incorniciare.

Statale 107bis – Muri muti (Autoproduzione)

Mescolanza di generi e potpourri in evoluzione per una stratificazione d’intenti che nella passione e nel connubio di stile trova ampio respiro in una prova che se non fosse per la forma classica che le appartiene avrebbe il sapore e il colore della world music. Un crescendo di intenti per scavalcare le barriere che ogni giorno ci si parano davanti o che erigiamo appositamente per non vedere un po’ più più in là del nostro naso sono la chiave di lettura per comprendere questo lavoro architettonicamente particolare e ricco di rimandi alla vita reale. La band calabrase Statale 107bis intasca un disco fatto di rock, ska, folk per una prova ricercata che scova e trae ispirazione dalla vita di tutti i giorni, creando un vero e proprio laboratorio sperimentale dove musicisti di ogni estrazione compongono un quadro d’insieme in continuo cambiamento e profonda convinzione nel dare atto a quel teatro chiamato vita che ha bisogno di amalgamare stati d’animo per sentirsi vivo e reale e che proprio in questo disco trova la chiave d’accesso per questa e per altre soddisfazioni che verranno da qui al domani.

Andrea Brunini – L’isola dei giocattoli difettosi (Autoproduzione)

Incrociatori di stili, umori e colori, per la seconda prova del cantautore toscano Andrea Brunini, per un disco che porta con sé il sapore dell’amore, delle cose semplici e di tutto ciò che velatamente fa muovere gli ingranaggi di questa società malata ponendo l’individuo sempre e comunque all’interno di storie da cui è difficile uscire. L’isola dei giocattoli difettosi è un insieme di canzoni che con ironia ci fa vedere la nostra finitudine, il nostro lavora, consuma, crepa. Lo fa con una capacità cantautorale mescolata al folk delle tradizioni e facendo del citazionismo letterale e cinematografico un punto d’incontro con uno stile asciutto e sincero. Ciò che ne esce è una prova curiosa e ricercata soprattutto in chiave testuale, ricordiamo l’iniziale Fuori posto, il singolo Giulia o pezzi come la title track e la finale lasciata a Notte, quasi una chiusura del cerchio naturale che nell’istantanea del momento si fa presenza e per un attimo consola e svanisce. Un album diretto, senza giri di parole che trova nel senso di illusione quotidiana una profonda rinascita e un punto di partenza per comprendere ciò che ci circonda.

A total wall – Delivery (Autoproduzione)

Potenza di fuoco che si staglia negli anfratti abissali che contengono, corrodono ed esplodono consegnando una prova caustica come la soda, corrosiva e lampante che rende ancora più vicina la discesa verso gli abissi, verso un mondo lacerato e squarciato, in costante ricerca di una luce da seguire. Sono tornati gli A total wall, sono tornati concentrando un suono pesante metal al djent dei precursori Periphery implodendo risultati in un muro di suono totale che stupisce per brutalità raccolta e concetti mai lasciati al caso, ma piuttosto entrando di prepotenza all’interno di melodie darkeggianti e cupe a ristabilire emozioni e respiro internazionale per una prova carica di aspettative e risultati. Necessità quindi di sviluppare un modo di pensare dall’iniziale Reproaching Methodologies fino a Pure brand passando per pezzoni come Evolve, Maintenance o la stessa title track in un condensato rosso scarlatto in rovina che ritrova il gusto per l’ampiezza di campo e la concentrazione sperimentale che gli ha visti nascere, proseguendo la via del ritrovare quel qualcosa perso lungo la strada e ora stretto tra le mani.

Maleizappa – Dorem Ipsum (Autoproduzione)

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Magma fluido e discostante capace di somministrare pozioni idealizzate in grado di trasformare una musica pop in sovrastrutture e composti sempre nuovi, con nuove forme da raggiungere e costituire da Frank Zappa passando per Elio e le storie tese i nostri Maleizappa costruiscono un’idea di musica che va oltre le barriere precostituite e instaura rapporti con una materia fluttuante, quasi impercettibile tra testi surreali e echi di mondi lontani, dimenticandosi del conformismo e utilizzando le parole come arma tagliente e a tratti disillusa, veicolo stesso di significati da comprendere velati da sogni impossibili e certezze da raggiungere. Dorem Ipsum è un disco apparentemente semplice, ma che nasconde una complessità di fondo, infatti le nove canzoni proposte si affacciano su questo Paese raccontandone vizi e cliché da superare in un’attesa che va oltre le ipocrisie e si attesta come freschezza disinvolta per una produzione con intenti chiari e veridicità di fondo che colpisce per attualità e speranze da raggiungere.

Link per l’ascolto:

Spotify: https://open.spotify.com/album/4rNCDwaCs8mKUGvlTirzeY

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