We’re all to blame – We’re all to blame (Autoproduzione)

Potenza sonora intrisa di significati addomesticata a dovere e ricca di passaggi elettronici impattanti e fuorvianti che conferiscono alla proposta una forte internazionalità di fondo che non sfigura con altre produzioni oltre oceano, ma anzi si garantisce un posto d’onore in concezioni cosmiche di espressività non nascosta, ma rigettata al suolo in tutto il suo bagliore, per un disco quello dei We’re All To Blame che mescola un alternative rock ad un uso smodato, ma ben congegnato, di elettronica cotta a puntino, nella trattazione di temi come la politica e la religione in un’attualità di fondo alquanto importante e direi anche suggestiva, merito anche della potenza espressiva della voce di Erika Finessi coadiuvata da un comparto strumentale davvero invidiabile formato da Attimo Costantinov e Andrea Zambonini per un album ricco di sfumature e aperto alla ricerca di un proprio stile e gusto originale, alla ricerca di una verità di fondo in questi quattro pezzi che fanno di questo Ep un abbaglio di potenza espressiva di rara bellezza da preservare e far esplodere in un vero e proprio full length.

Nova sui prati notturni – Non Expedit (Dischi Obliqui)

C’è della luce in questo disco e le sovrapposizioni sonore che ne derivano conquistano al primo ascolto concentrando una poesia domestica che riabbraccia il senso più profondo della parola casa in attimi di introspezione che accolgono, accarezzano e nel contempo decisi annientano e distruggono come fiume in piena per poi tornare alla calma e alla leggera consolazione del momento.

Il nuovo disco dei Nova sui prati notturni trasmette calore, nonostante i colori freddi di copertina, un calore che si evince da un packaging essenziale, ma nel contempo originale, dove la componente artigianale vince su qualsivoglia forma usuale e commerciale, un album che scalda con una formula in divenire che in parte abbandona le sonorità passate lasciando molto alle parole  la spiegazione di concetti e il fulcro di un progetto importante quanto coraggioso che investe il quartetto vicentino ormai da alcuni anni, quello stesso progetto che ora si trasforma seguendo in qualche modo i cambiamenti interiori, gli stati d’animo e le concezioni di una modernità che proprio in questa band assume un concetto anacronistico, fuori dal tempo.

Suoni che si fanno materia per composizioni che vivono di vita propria, poesie di sentimenti e natura che si intrecciano a code post rock di rara bellezza e autenticità tra episodi connotati da un forte impatto emotivo come A casa e Tiresia, passando per le deflagrazioni di Plastic Sun Rising e Non Expedit e il cantato di Duane Berry tra forme aliene e citazioni che vanno oltre un pensiero condiviso; una formula impattante che alterna, soprattutto in chiave live, la calma e la tempesta dei Marlene Kuntz di Senza Peso e la discografia concentrata di band come Mogwai e Godspeed you!Black Emperor per un nuovo inizio forse o piuttosto una continuazione nel creare forme musicali e strutture sempre nuove lontane dalle consuetudini del mercato e puntando sul fatto che forse la qualità alla fin fine conviene sempre.