Melody – Ci sarà da correre (Taitù musica)

Un disco bello e impostato, amante della canzone sanremese con la possibilità di cogliere l’indefinito in un abbraccio che si scompone e ricompone per poi proseguire il proprio cammino con canzoni che parlano di vita vissuta profondamente e in modo appropriato si lascia andare allo scorrere dei giorni.

Il disco di Melody Castellari raccoglie l’eredità del tempo e della canzone italiana, lo fa con testi semplici e diretti, che non lasciano a grandi interpretazioni di significato, lo fa con una voce graffiante quanto basta e  con una musicalità che ti entra diretta, senza però tralasciare il buongusto e la cura degli arrangiamenti.

L’album si apre con E’ tutto cielo a definire un bisogno primario di libertà, fino al finale consegnato alla memorabile Il testamento di Tito di De Andrè, dieci pezzi scritti e arrangiati da Camillo e Corrado Castellari che imprimono un’esigenza di fondo nel vivere la vita appieno non tralasciando nulla per essere, nel nostro piccolo, essenza pura di conforto quotidiano.

Misero spettacolo – Porci, pecore e pirati (Zetafactory)

Disco monumentale e caratteristico per la musica d’autore che si propone di far conoscere in chiave musicale il pensiero di Pierpaolo Pasolini, un disco ambizioso, ma riformatore per certi versi del cantautorato così come lo conosciamo oggi, che butta uno sguardo ai grandi del passato e che sapientemente consegna al futuro un concetto, un’essenzialità di fondo che va ben oltre tutte le parole del conoscibile.

Affrontando in modo satirico, e con gusto Caposseliano la nostra nazione, i Misero spettacolo mettono in scena un allegro, ma non troppo, spaccato di vita quotidiana che affronta per tematiche e vicissitudini l’esigenza di sovvertire le regole precostituite in quanto lontane da qualsivoglia forma di interazione tra diversi, demarcando il proprio pensiero e rivolgendolo ai potenti di turno in modo personale, diretto e a tratti esilarante.

Pensiamo a pezzi come L’Italia dei pensatori fino ad arrivare al finale che parla di Transumanza umana e di quello che saremo forse un giorno; un affresco perfetto dei nostri tempi, valevole, ma spero di sbagliarmi, per molti anni ancora, un gusto sopraffino per l’ironia che va ben oltre il già sentito e quei legami, quei collegamenti con uno dei più grandi pensatori che l’Italia abbia mai avuto, fanno da tramite nell’entrare in un mondo che alla fine è propriamente il nostro.

Alfonso De Pietro – Di notte in giorno (Autoproduzione)

Raccontare nel 2016 di mafia, raccontare dei deboli, raccontare della cruda realtà, alle volte è difficile, ma allo stesso tempo può essere tutta retorica, qualcosa di già detto, di già sentito, quel qualcosa che è sulle orecchie di chi ascolta giorno dopo giorno e a cui non si riesce a dare un valore vero, primitivo, il senso di quel valore che ti fa compiere la scelta corretta, il giusto affidamento al tempo che verrà, l’essenzialità di una via da seguire.

Alfonso De Pietro è un’anima che porta con sé valori imprescindibili e poesie che non si oscurano al crepuscolo, ma si fanno racconto, il racconto che si fa vita in ognuno di Noi; testi sapientemente soppesati per dare un senso non di certo velleitario alle parole che ci poniamo attorno e poi i suoni, quei suoni che fanno la loro parte, in quanto fanno crescere parola dopo parola, mattone su mattone una connessione con la nostra terra, con quello che siamo, senza mai farci dimenticare da dove veniamo, perché il futuro è nelle nostre mani e Alfonso ce lo ricorda, Alfonso raccontando il passato ci insegna la strada per un diverso domani.

E’ un disco sull’importanza di esistere questo, un disco sulla libertà, interamente finanziato con il crowdfunding e con una prefazione, all’interno del libretto, di Luigi Ciotti, prima di tutto uomo, che tende a precisare che la musica, come la libertà del resto è un patrimonio di tutti; prendiamoci cura di questi insegnamenti ne avremo bisogno.

Lara Groove – Lara Groove Ep (Autoproduzione)

Lara Groove è coscienza di un mondo che non appartiene a nessuno, tra voli in estasi fuori controllo in vibrazioni funk e soul per una band fatta da cinque persone dove un uomo e una donna cantano e dove strumenti usuali come basso, chitarra e batteria sono supportati da synth ed elaborazioni digitali connesse alla realtà in un continuo elegante e mai conclamato e dichiarato, ma che umilmente si ritaglia un posto nel mondo della musica italiana.

Cinque brani per questo esordio cangiante, cinque brani che parlano di noi e del nostro tempo, dalle dichiarazioni culturali di Hello world fino a Liberi di, passando per Nuvole, Nonostante tutto e quella CAOS che cita direttamente il Palahniuk di Invisible Monsters.

Un disco calibrato e ben congegnato che resta in attesa di sviluppi futuri, un album che è pronto ad espandersi in un full length di aggregazione, passione e fragilità; caratteristiche essenziali per le produzioni future di questa band.

LaScimmia – LaScimmia (Dischi Soviet Studio/SISMA)

LaScimmia è fiori carichi di luce che si aprono al giorno che deve venire, è un concentrato di suoni che trasportano l’ascoltatore dentro a galassie stupefacenti e fuori controllo, non incasellabili in nessun tipo di genere perché i nostri uniscono con grande stile il rock più duro, alle ballate memorabili, dal grunge di Seattle all’idea creativa di unire tastiere e fare sentire un’elettronica di fondo soppesata e bilanciata, essenziale per contornare un genere privo di barriere, ma che si consuma al solo grido di una voce che denuncia, in ogni anfratto, il nostro vivere.

E’ un disco questo sulla disillusione, scimmie e pesci antropomorfi a cercare la strada o un messaggio nell’alto da seguire, in bilico tra ossimori e figure metaforiche che spiazzano e mettono al tappeto già dal primo pezzo Galassie e deserti figlio di verdeniana memoria e ricco di quel tripudio animalesco che per certi versi caratterizza l’intero album, senza però tralasciare la vera poesia in pezzi come Il mare o il singolo Fiori Nuovi.

Mutevole e cangiante, pieno di fascino e d’atmosfera questo disco dei trevigiani LaScimmia conquista al primo ascolto, conquista perché è vero e reale, è possibilità, rivincita e bisogno di durare nel tempo.

Habitat – MaiPersonalMood (Faro Records)

Essere lontani da casa e raccontare di un mondo diverso, poco conosciuto, in attesa di nuovi sviluppi e soprattutto un mondo capace di darti capacità espressive che si dipanano lungo brani di pop elettronico cantati in italiano tra geometrie essenziali e sbilenche, un mondo che non di certo appare invitante, ma che sicuramente regala possibilità mai fini a se stesse.

Un lavoro molto elettro indie quindi che non sfigurerebbe di certo nel panorama nazionale anzi un disco che convince sin dalla prima Ego per capacità di divincolarsi dal già sentito per formulare una tesi del tutto soggettiva, del tutto originale, quella forte capacità di raccontare un mondo attraverso il viaggio, attraverso il volo di un aereo, attraverso le nuvole che scompaiono oltre l’orizzonte.

Ecco allora che la band di Francesco Allegro sa ricomporre i colori grazie ad un’essenzialità di fondo che ambisce ad essere voce portante nel panorama indie pop italiano, un disco fatto di sogni e speranze celate, un disco di sussurri e voli pindarici, di gesti metropolitani e di città nascoste allo scorrere dei giorni.

Filippo dr.Panico – Tu sei pazza (Frivola Records)

Filippo Dr. Panico – Tu Sei Pazza

Un disco spiazzante dalle sonorità semplici e un’attitudine punk da primo della classe che sfrontatamente cantando in italiano ci racconta di amori non corrisposti, di amori perduti, un disco sull’amore insomma.

Non quell’amore però da carta patinata e nemmeno quello che si fa raccontare nei diari segreti adolescenziali, questo è un amore da ring, un amore che si consuma e lotta per sopravvivere, dietro alle apparenze, dietro alla scia di vapore che ci ingloba, mentre tutti gli altri stanno a guardare, disinteressati, svogliati, accomunati per nulla dall’intento finale.

Quello di Filippo dr.Panico è un disco  dal carattere forte e deciso, con frasi ridondanti e ripetitive, segno dei tempi, segno di un concetto ossessivo, gridato e snocciolato mentalmente; Filippo ci consegna le istruzioni per l’uso, quelle da scatoletta dei medicinali, quelle da buttare per seguire l’istinto, a Filippo sostanzialmente non frega niente di come andrà questa sfida, lui tenterà in tutti i modi di viverla e questo basta.

Cosimo Morleo – Ultreya (Irma Records/Contro Records)

Cosimo Morleo ha classe da vendere, è un delicato cantastorie marino che sa di tempo perduto, quel colore che si può investigare solo con le tenebre che avanzano ed è un continuo rispecchiarsi dei giorni sui giorni, del tempo, sul tempo, un’energia soppesata che spiazza e commuove tanto grandi possono essere le sue canzoni con arrangiamenti alla Antony Hegarty e un gusto per il romanticismo non mieloso che travalica qualsivoglia forma di poesia.

Questa è arte con la A maiuscola, è un continuo rinfrangersi di onde che raccontano paradisi e tempi perduti, una voce in primo piano che fa risaltare strumenti poderosi e perfetti nella loro intensità, un’intensità che non si spegne, non si affievolisce, ma divampa, tra la sorprendente e nordica Kavafis fino a quella Leave the boy alone cantata con Maddalena Bianchi che per l’occasione è anche al piano, struggente, intensa e sentita.

Un disco sulle destinazioni da raggiungere, un disco per anime inquiete e soprattutto un disco di poesie, quelle abbandonate in questi anni, quelle nascoste nel cassetto della scrivania a chiave, quelle sudate e cantate, con un occhio al presente e l’altro a contemplare la bellezza del passato, laggiù in fondo, sopra il mare.

Il Geometra – Ultimi (Muki Edizioni/Panico Dischi)

Il geometra sa suonare la chitarra acustica in modo sopraffino, il geometra ha una voce che incide e squarcia, il geometra sa raccogliere le misure del tempo e selezionarle in maniera impeccabile, cucendo addosso l’abito per le grandi occasioni, anche quelle perse.

Il geometra non si nasconde, racconta del tempo che verrà e non ha paura del domani, sa che il mondo è fatto da molte persone e cerca di raccontare, di queste persone, usi costumi e abitudini del passato e del futuro, racconta stati emotivi, esigenze primordiali e carezze sul far della sera.

Il geometra è una persona colorata, è una persona di tutti i giorni, non pretende di ricevere, ma dona, dona consigli e sprazzi di serenità nelle sue canzoni, addomestica il tempo come fosse l’ultimo da vivere e concede prove del suo savoir faire emozionale giorno dopo giorno.

Il geometra è Prima dell’isola, ma anche Biblioteche Comunali, Marie Curie e Preghiera rossa; è Jacopo Magrini, Lorenzo Venanzi e Francesco Bitocchi, il geometra è un arcobaleno di volti in cui rispecchiarsi.

Frank Cadoppi – Nato per Questo (DGRecords)

Francesco Cadoppi è nato per questo, per infondere e destrutturare il cantautorato in una forma nuova, quasi di strada, l’hip hop e il rap che incontrano le geometrie essenziali della musica d’autore mescolando testi e tanta sostanza da vendere, tanto cuore e generosità a non finire.

In questo disco c’è l’influenza della luna e delle stelle si parla di astri celesti e le rime non convenzionali portano l’ascoltatore, subito a destabilizzarlo, spiazzarlo, poi grazie ad uno spoken word fluido il nostro si garantisce un posto di osservazione che attende solo ammirazione e concentricità atta ad incanalare energie e forze nuove, costante ricerca sperimentale di un messaggio che vuole essere innanzitutto universale.

Sono nove tracce che compongono il disco, quest’ultimo a sua volta stampato con duplice copertina limitata a 60 copie, un lavoro di Irene Alessandrino per immagini cariche di simboli e concezioni che hanno bisogno di interpretazioni, come la musica di Francesco, come quell’arte che travalica i confini e che si chiama musica.