Caputo – Supernova (Autoproduzione)

Una donna uscita da un altro tempo con sonorità però così moderne da portare l’ascoltatore ad un primo disorientamento, un mondo fatto di luci e ombre, passati e futuri per questo nuovo disco di Valeria Caputo che utilizza il suo alter ego elettronico Caputo nell’intento di creare un rinnovamento sonoro al substrato della cantautrice e relegando momentaneamente strumenti usuali per dare vita a qualcosa di più naif, di più immediato, la coscienza che esplode come una stella disseminando lo spazio di frammenti da sovrapporre al tempo e lasciando al proprio passaggio scie di luce confortanti e allo stesso modo complesse, tra amori che non hanno mai fine e anime che si scontrano e poi si ritrovano in una ridondante infinita ricerca di un mondo oltre al nostro.

Frammenti raccolti nel passato quindi, manifesti di una realtà che non esiste più, del giorno che va oltre, pensiamo all’apertura di Blooming o a Flower girl tanto per dare l’idea di cambiamento, passando poi per le dilatazioni di Supernova e The River; una libertà voluta e ricercata una libertà da coltivare giorno dopo giorno, attimo dopo attimo senza attese e soprattutto senza rimpianti, una sostanza che si modella con il tempo e che ci rende liberi solo se lo vogliamo.

Heathens – Alpha (IRMA Records)

Disco oscuro e ottenebrato, onirico e richiedente spazi dove poter essere analizzato tra le vertigini e le necessità di una costanza che riempie il pentagramma e lo fa con beat elettronici, lo fa con tanta classe e una voce che riesce subito nell’intento di farti partecipe di un qualcosa di più grande, vissuto e sentito, quel qualcosa che scava nelle profondità e riesce nell’intento di dare inizio alla scoperta del pensiero critico, al pensiero privo di dogmi, esorcizzando l’abuso dei mass media come internet, troppo conclamati per essere ancora piazza di scambio di opinioni ragionate.

A livello musicale c’è una riscoperta dei Radiohead e dei Massive Attack su tutti, passando per aspirazioni trip hop alla Tricky e un gusto per le rappresentazioni visive di Von Trier di The Kingdom e le allucinazioni di Lynch di Strade perdute.

Ecco allora che la perdita si fa complemento per la riuscita di questo disco, la perdita come punto di partenza e tutti quegli uomini in cerchio a rincorrersi senza alzare la testa, senza essere se stessi sono parti di questa società malata.

Prodotto e registrato da Tommaso Mantelli il disco vede la partecipazione di Nicola Manzan, Anna Carazzai e George Koulermos; un album che ha come unico scopo quello di farci vedere la luce in un mondo così grigio.

Frei – Evolution (SRI Prod’s)

La trilogia del cantautore Frei si chiude e con questa si chiude anche un’idea di mondo fatto di passione per la natura nella salvaguardia umana della nostra evoluzione, dove noi occupiamo una parte infinitesimale di una terra che non è nostra, arrogandoci però il diritto di essere principali protagonisti dello sfacelo di ciò che vediamo.

Frei sottolinea tutto questo, lo fa con cura dei particolari e con un attento e spiccato gusto per il nonsense che però ha i suoi risvolti positivi e argutamente tende a consolidare quel cantautorato caratteristico dei giorni nostri, sicuramente ispirato, in un concept che mira alla divulgazione e alle alte aspirazioni che lo muovono.

La produzione artistica è affidata a Beatrice Antolini e la si sente soprattutto in chiave arrangiamenti elettronici, la nostra Bjork dona profondità di campo alle canzoni, otto in totale, ma ricche di quelle figure portatrici di un’atmosfera rara e ispirata.

Le macchine poi è il singolo portante dell’intero disco, con la presenza di Dimartino, Frei apre i suoni e le parole, lo fa con convinzione tanto da poter trovare nel testo l’intera filosofia dell’album: Gli animali muoiono, sotto le macchine, guidate male dall’uomo: e come non dargli ragione.

Guignol – Abile Labile (Atelier Sonique/Macramè)

La canzone poesia che vibra di suoni e vive di luce propria si staglia con forza nell’immaginario dei Guignol che con questo loro nuovo disco si lasciano andare a elucubrazioni degne della maledizione del poeta cara nella ricerca di un beffardo e qualsivoglia nuovo destino da rincorrere, sussurrare, gridare.

Racconti di vita troppo realisti per essere veri e le coscienze che irrompono come un fiume ad ottenebrare la scena per un disco cupo, dal sapore amaro, a tratti acido nella sua complessa distorsione tesa alla ricerca di un mondo non ancora pronto ad accoglierci, non ancora pronto a sovvertire la scena, ma in grado di narrazioni che fanno da ispirazioni a testi di sicuro impatto che aprono e chiudono il cerchio in un post punk a tratti surreale a tratti ancora troppo vero.

Si omaggia Piero Ciampi, con Il merlo, e si lasciare passare tempo tra un pezzo e l’altro il tempo per la sedimentazione; ora mi manca l’ispirazione insegnami tu merlo una canzone nuova da incidere in sala, fammi tu entrare o animale nel mondo della solitudine del talk show e dell’essere famosi; tutto questo è mai più di quanto attuale possa esserci.

 Undici brani che si sorreggono grazie ad una forte impalcatura non solo sonora, ma anche verbale, che affronta le difficoltà a testa alta e da la possibilità ai Guignol di guadagnare punti a loro favore in un vortice concentrico di pura voracità sonora.