Il sogno della crisalide – Vie d’uscita (Autoproduzione)

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Il sogno della crisalide è un mondo onirico che dopo una gestazione lunga sei anni arriva a registrare un disco Vie d’uscita, ispirato, concentrico e pieno di significato. Ascoltare queste tracce porta la visione d’insieme ai tempi in cui il cantautorato e la canzone d’autore erano in grado di trasportare nella realtà delle situazioni da vivere i nostri pensieri e le nostre aspirazioni per una partecipazione al mondo di tutti i giorni che traeva spunto da riflessioni che proprio la musica riusciva a dare; una musica impegnata, suonata vissuta fino alla fine. La band romana Il sogno della crisalide è tutto questo, suoni stratificati che abbracciano il passato e comunicano attraverso la musica uno stato d’essere, un modo di affrontare il mondo, fuori da schemi precostituiti, ma inseguendo il proprio cuore. Quello che ne esce è un disco altamente ispirato, dove la banalità è abbandonata in nome di una profondità atmosferica capace di scavare e colpire a segno, dal bellissimo inizio affidato a La sindrome del porcospino fino a La musica mi salverà passando per la rivisitazione di Quando sarò capace di amare di Giorgio Gaber per un disco davvero carico a livello emozionale e che ha valso tutta questa attesa.

Chiara Ragnini – La differenza (Autoproduzione)

Chiara Ragnini esce dal guscio del folk d’autore per condensare l’energia del tempo passato in un sodalizio con l’electro pop potente e confezionato ad arte che ingloba produzioni moderne e si fa spazio tra le produzioni di genere valorizzando contenuti che si esprimono attraverso una ricerca testuale davvero notevole che pur rimanendo nell’ambito pop e nella canzone radiofonica si intensificano grazie ad una ricercatezza di fondo che abbandona parole mielose lasciate al caso per concentrarsi su concetti di vita quotidiana qui raccolti in poesie a tratti ironiche e a tratti vere e sincere dove di fondo l’essere se stessi fino alla fine è l’unica cosa che paga oltretutto. Proprio in questo sta la differenza, un concetto di autonomia d’intenti che in questo disco sboccia e rinasce come crisalide trasformandosi in farfalla, un disco fatto di sogni avverati che in pezzi come l’apertura Un colpo di pistola ci fa risvegliare dal torpore quotidiano per immagazzinare ad arte situazioni che via via si fanno sempre più tangibili fino al finale lasciato a Coda per suoni e canzoni cariche di un’energia vitale che attraverso questa musica trovano il proprio ordine nell’insieme di cose che ci appartengono da vicino.

Ekat Bork – YasDYes (Ginkho Box)

Album pieno e corposo, ricco di cavità in cui perdersi e lasciarsi il mondo alle spalle, un disco sopraffino fatto di elettronica seducente e costantemente in evoluzione che lascia traccia di sé proprio dove le tracce sembravano perdersi in una ricerca spasmodica di una pulsione perfetta che ci rende in libera comunione con il mondo che ci circonda. L’artista siberiana Ekat Bork ci regala un album che dire bellissimo è dire poco, un disco costruito ad arte dove i suoni si fanno seducenti e dove una voce non di certo soave ci trasporta attraverso un trip hop emozionale che mantiene, per tutta la durata dell’album, una certa tensione di fondo anche dal punto di vista narrativo, una tensione ipnotica e discostante in grado di vedere al di là dei ghiacciai infiniti e prolungarsi verso la parte più oscura di noi. Sono tredici tracce più una bonus track, canzoni capaci di ingrandire forme provenienti dal passato, trasformando la concezione di musica in un qualcosa che è legato indissolubilmente alla parte più recondita dentro di noi per aspettative mantenute e per possibilità di bellezza reale che si può non solo sfiorare, ma far nostra per sempre.

Spectre – 1984 movies (Indastria Records)

Ponte sonoro tra anni ’80 e suoni più moderni legati alle influenze inevitabili di band come Daft Punk che per l’occasione investono appieno il dj e produttore di musica elettronica  torinese Spectre, all’anagrafe Aldo Sulotto che in questa breve visione di sodalizi con il passato ci regala attimi di vita inglobata in suoni elettronici ben conditi da sferzate di tech house per un gusto electro pop capace di far smuovere qualcosa dal nostro dentro, quel qualcosa che al ritmo della musica è intrinsecamente sinonimo di libertà. Ci sono i suoni del passato si, ma c’è anche tanta sperimentazione sonora che entra dalle cuffie ed esce ad incrociare il pavimento. Un insieme di suoni sintetizzati a dovere che convergono in una nostalgia di fondo che fa scuola per approccio, ma anche per  sostanza in evoluzione che non smette di stupire e che grazie a questi cinque pezzi segna nell’etere un nuovo traguardo di manipolazione sonora.

Hugo Race/Michelangelo Russo – John Lee Hooker’s world today (Glitterhouse Records/Gusstaff Records)

Intrappolati in una dimensione onirica, avvolti dalla sabbia e dal sole cocente ci prepariamo ad affrontare il viaggio della rivisitazione sonore attraverso le voci e i suoni di Hugo Race e Michelangelo Russo che per l’occasione omaggiano il grande bluesman John Lee Hooker in un disco che ha il sapore della sospensione temporale, un album capace di di penetrare la parte più oscura dentro di noi. Interpretazioni sonore che si stagliano nel cielo e attingono linfa vitale attraverso la terra che bolle sudore e che sa di tempesta in arrivo, ma anche di quiete spirituale che si addentra fino all’inferno della nostra anima e ritorna trasformandoci, ritorna portando con sé pezzi come Hobo Blues o Decoration day per non parlare di Country boy o della tragicità di When my first wife left me in suoni provenienti da altre dimensioni e che i due musicisti rodati riescono ad interpretare al meglio creando un’atmosfera quasi magica e ultraterrena. Otto canzoni quindi, otto pezzi sofferti e ispirati capaci di fare da ponte con la bellezza sopraffina di ciò che è stato.

Punk y nada – Indironico (Autoproduzione)

Ironia di fondo che come sollazzo riempie i buchi delle giornate grigie ad intessere trame con quello che siamo, quello che viviamo e con quello che speriamo diventare in un concentrato di ilarità che non si ferma alle apparenze, ma scava nel substrato culturale della nostra Italia per dare vita un disco prettamente lo-fi che incrocia il cantautorato al folk fino a toccare un punk per attitudine che permette all’ascoltatore di farsi carico di singoli istanti, movimenti e intenzioni che aprono gli occhi nei confronti di una modernità quasi sempre fuori luogo e con l’intenzione di riappropriarsi di un perduto che mosso da una passione senza fine si fa sempre più vicino e tangibile. I nostri confezionano un disco dal sapore retrò, affacciando uno stile che per certi versi ricorda gli Skiantos migliori, lasciando lontani i sogni di gloria e dando uno schiaffo alla mediocre realtà che ci circonda.

-FUMETTO- Adriano Barone/Officina Infernale – Warhol. L’intervista (BeccoGiallo Editore)

Warhol. L'intervista

Titolo: Warhol. L’intervista

Autori: Adriano Barone/Officina infernale

Casa Editrice: Becco Giallo

Caratteristiche: brossura, 208 pp. colore

Prezzo: 19 €

ISBN: 8899016593

Davanti a me c’è un uomo vibrante e immaginifico che qui raccolto viene messo a nudo nella sua più totale presenza e posizionato in un libro a fumetti rigoroso nella sua accezione più pop del termine, un volume ricco di narrazioni che rispecchiano uno dei personaggi più controversi dell’arte in senso circolare degli ultimi decenni e capace nel contempo di parlare a tutti con immagini visive ampiamente dibattute in nome di una possibilità condivisa di fare dell’arte stessa prodotto di consumo, prodotto esso stesso collocato all’interno di un contesto storico che nel boom economico ha trovato la sua chiave di lettura continuando a stupire e ad incantare le generazioni a venire.

Idealizzare un libro su Andy Warhol penso sia prima di tutto un’impresa, un’arte per l’arte che genera colori in retrospettive illuminanti che amplificano e descrivono con fare davvero notevole, un terreno trattato, ma qui sottoposto ad una visione d’insieme onirica ed ironica che rende la maschera del personaggio principale un punto di partenza essenziale per farsi trasportare. Un viaggio attraverso fatti accaduti, lungo vicende che non fanno comprendere al lettore un unico punto di vista, ma piuttosto si trasformano in molteplicità proprio quando ci sembra di aver compreso il messaggio che l’autore vuole comunicare e nel momento di massima sicurezza il punto d’appoggio viene sacrificato per raccogliere interpretazioni che fluttuano tra il reale e l’immaginato, proprio come Andy Warhol voleva, in un’interpretazione dello stesso reale che si fa contesto all’interno di un montaggio/intervista davvero carico di spunti per riflettere.

La simulazione dunque e nel contempo il post verismo prodotto dalle inquadrature dei disegni di Officina Infernale sono le basi grafiche per creare tavole cut up dal forte impatto scenico che mescolando diversi stili si fondono, di pari passo, con il lavoro narrativo di Adriano Barone. Gli stessi autori riescono ad intensificare una visione d’insieme grazie ad una ripetizione che rimanda alle opere dell’artista americano pur mantenendo una lucidità di fondo che in aperture ad altri mondi come quello cinematografico e musicale si scoprono essere ulteriore sbocco narrativo rendendo, questa biografia a fumetti, edita da BeccoGiallo, un insieme eter/omogeneo di spazi imbrattati ad arte.

La Factory come melting pot artistico, i filmati irriverenti, scandalosi e riflessivi, la banana sul vinile dei Velvet Underground e l’equivocabile scritta peel slowly and see a maturare idee che sono la superficie di un personaggio che considerava la realtà per come essa stessa appariva in un vortice di sprazzi di luce e concetti che hanno fatto del mito una sostanza eterea nel suo vagare nel mondo, tra serigrafie d’apparenza che come le immagini e le esperienze della vita stessa cambiano solo nel modo di ripetersi.

Per info e per acquistare il fumetto:

http://www.beccogiallo.org/shop/181-warhol-l-intervista.html

Oppure qui:

Northway – Small things, true love (Autoproduzione)

Northway - The King

Paesaggi sonori che ricoprono di bellezza le nostre aspirazioni più lontane. Tra i ghiacciai e le montagne una musica si fa strada, un suono fatto di delay ad alta voce che ripercuotono l’etere di grandiosità intessendo trame atmosferiche da post rock velato all’alternative per uno strumentale che imbraccia la potenza degli Explosions in the sky e si sofferma sul candore sonoro dei Sigur Ros, per melodie nordiche capaci di raccontare parte di noi, parte di un tutto che evolve, riaffiora e ama, in una convincente pittura che rende questo disco un insieme composito di perle che ci trasportano in dimensioni quasi oniriche e spaziali, partendo da Arrival fino a Small Things, a far il verso a quel titolo che si affaccia alla potenza delle piccole cose, a tutto ciò che abbiamo lasciato alle spalle e a tutto ciò che troveremo, concentrando l’attenzione su quello che deve ancora accadere in un vibrante affondo al passato che merita di essere assimilato e fatto esplodere in tutta la sua grandiosità

Roxas – Nonostante tutto (ALKA record label)

L'immagine può contenere: spazio all'aperto

Rock che punta all’emozione in un EP che rende concentriche le forme del passato intessendo tele legate alla memoria e alle occasioni vissute, non accontentandosi mai, ma ricercando una strada da seguire carica di soddisfazioni e presagi in divenire. I Roxas confezionano un piccolo disco formato da quattro canzoni, tra atmosfere malinconiche e nel contempo cariche di significati, dove le dicotomie e gli ossimori sono alla base di canzoni come l’apertura, nonché singolo, Nonostante tutto in un sali scendi che si fa ampio raggio d’azione in pezzi come Morirò nel fiume o Tempesta Gelida a portare avanti un disorientamento corporeo che esplode e poi si quieta per tutta la durata dei brani fino a convogliare nel finale di Facile guerra a lanciare nuovi presagi e opportunità di cambiamento. Un EP che porta l’ascoltatore ad essere al centro di una scena chiamata vita che  va oltre il controllo di ogni giorno e lascia al caso forme nuove di lotta e di traguardi da raggiungere.

Yeah! Mutation – Ri(e)voluzione (ALKA record label)

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Opera rock che guarda al passato per implementare un’energia di fondo che non si perde con le parole, ma cerca quel filo costante di abbandono e ricerca nel sodalizio che si esprime tra suite in divenire e abbracci da citazione che vedono nella costruzione di questo Ri(e)voluzione un punto centrale di snodo che si divincola dalle altre produzioni odierne. Davanti a noi troviamo una forte preparazione e caratterizzazione di base che ci porta inevitabilmente con la mente a creazioni sonore come il Tommy degli Who o il The wall dei Pink Floyd per una musica che deve essere comunque comunicabilità mantenuta e gli Yeah! Mutation riescono a consegnare all’ascoltatore una prova che ha il sapore di una nuova lotta da compiere per liberarsi dal dittatore umano, causa di imposizione, repressione e alienazione della persona stessa. Il tutto porta con sé il sapore di 1984 di Orwell, sia per atmosfere ricreate, sia per l’introspezione di fondo che scava dentro di noi e ci consegna un disco davvero notevole sotto molti punti di vista; un album ragionato e studiato per dieci tracce che fanno della lotta uno stato d’appartenenza.