Elisa Genghini – Fuorimoda (Still Fizzy Records)

Cantautrice fuorimoda che attinge dal suo essere interiore, migliore, capace di consegnare un disco in grado di entrare in un mondo passato, un mondo in bianco e nero, dove la musica d’autore si approccia ad un qualcosa di più moderno e dove le costruzioni della cantautrice si risollevano raccontando di un mondo reale in modo però del tutto originale, sentito e vissuto, dove le strampalate difficoltà della vita si affrontano con il sorriso sulle labbra, si combattono cantando e divertendo. Attraverso un concentrato di emozioni queste tracce musicali colpiscono al cuore dell’ascoltatore che rimane stupito per simbiosi celata e bizzarrie che implementano la proposta in un vortice di sensazioni da non prendere mai troppo sul serio, ma piuttosto lasciando fluttuare un senso di pace ritmata in pezzi esempio come Paletto dell’amicizia, Vaffanvalzer, Signorina Mocio per un disco dal sapore d’altri tempi, un album immediato e leggero, ma non troppo, una bellissima giornata di sole condita da un vento fastidioso, ma essenziale per poter andare avanti.

Ant Lion – A common day was born (Ibexhouse)

Contaminazioni sonore per un progetto che vale la pena di essere seguito questo Ant Lion, la cosiddetta formica leone che gestisce geometrie iperboliche di suoni nascosti e celati in contaminazioni bene eseguite che destrutturano la realtà inglobando i nostri pionieri, già artisti della scena toscana come Stefano Santoni dei Sycamore Age, Simone Lanari dei Walden Waltz, Alberto Tirabosco dei Punk Lobotomy e Isobel Blank già Vestfalia in un insieme di quadri affrescati a dovere che, pieni di un’immediatezza diretta e mai banale, si fanno carico di centrifugare le dimensioni del nostro pensiero per gettarle nella nostra realtà in un connubio che incorpora un’avanguardia free jazz legata dal filo invisibile di Bjork e della nostrana Beatrice Antolini, per una pittura d’insieme che ha il sapore del bianco ingigantita dal bisogno di spostamento mutevole. Una musica di certo non banale e capace sicuramente di trovare spazi e valvole di sfogo nel solitario errare dell’originalità con stile, sorseggiando ruvidità di fondo mescolata a qualcosa di dolce, un dolce gusto capace di cullare e nel contempo aprire gli occhi al futuro.

Monsieur Gustavo Biscotti – Rabid Dogs (Annoyng/Antena Krzyku/Fce/E’ un brutto posto dove vivere/Sonatine Produzioni)

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Tripletta per i mantovani Monsieur Gustavo Biscotti che confezionano un disco post punk dalle innumerevoli sfaccettature in grado di mantenere costantemente una tensione di fondo che riesce a snocciolare parole al fulmicotone per una prova che ha il gusto della rabbia e porta con sé un’oscurità di fondo che ben si approccia ad un richiamo alla Fugazi incrociato alle vertigini dei Pixies in un corollario che porta i nostri ad una continua esplorazione di suoni, colori e forme in equilibrio tra il già sentito e quella ricerca di poesie sotterranea maturata nelle sette canzoni che compongono questo Rabid Dogs. Un disco composito che porta con sé il sapore della dimensione live e di una terra da calpestare che segna il cammino e conduce i nostri ad una prova d’insieme dal gusto internazionale e apparentemente lo-fi che porta noi stessi ad una concezione di fondo  ricca di dettagli di particolare interesse e capaci di delineare la natura di un progetto sempre in evoluzione.

Darman – Segale Cornuta (Ayawasca Sciamani Musicali)

E’ difficile classificare il disco di Darman, cantautore calabrese all’anagrafe Dario Mangiascale, perché al suo interno ci troviamo un sacco di geometrie esistenziali che vanno ben oltre il già sentito e si soffermano in un alternative davvero importante che lascia molto spazio alla sperimentazione e al rock ricercato dei Marlene Kuntz del periodo Bianco Sporco/Uno per momenti introspettivi e altri lasciati ai rumori di sottofondo che contraddistinguono una produzione davvero efficace e importante, capace di narrare una realtà che divora, una realtà cruda che spazza il precostituito lasciando posto ad un’energia vitale che parte dallo stomaco, dalle viscere per accentrare una prosa quasi discorsiva in pezzi notevoli come Strana creatura, Chioma di Berenice, Mora di Rovo, Numeri fino a quella Uguale velocità strumentale degna di essere finale per un disco intenso e sentito, capace di soffermarsi sugli orrori e le paure del mondo per trasportarli in una dimensione intima e così vicino a noi da far paura.

Salamone – Pericoli e ballate (Libellula)

L'immagine può contenere: pianta e spazio all'aperto

Salamone ha classe da vendere e si sente, questo cantautore siciliano, già vincitore del Premio Bruno Lauzi e candidato al Premio Tenco, rispolvera con grande stile uno swing intimista e suadente raccontando di donne e uomini, viaggi e atmosfere che vanno oltre l’onirico per apparire in tutta la loro importanza di fondo garantendo la scoperta nei confronti di quel viaggio chiamato vita ricco di incontri e di bagliori incustoditi, di epoche passate e gentilezza da cogliere, citando Neruda e parlando di migranti, di polvere e cose semplici, quasi una proiezione da inizio secolo passato che nel cuore di Palermo trova il suo punto d’appoggio, il suo punto di sfogo e chiaro bisogno di ricordare la propria appartenenza tra il sole nel cielo e la tristezza negli occhi, proprio quando si sente il bisogno di partire, proprio quando tutto quello che hai lasciato alle spalle diventa così importante che senti il bisogno di tornare e riflettere con abbondanza sincera su tutto ciò, su tutto quello che deve ancora succedere intersecando la vita fragile con un qualcosa di duro e aspro in una dicotomia che nelle note di questo disco trova veramente il suo vertice più alto.

POVEROALBERT – Ma è tutto ok (Autoproduzione)

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Il disco dei Poveroalbert, band campana dalle forti capacità espressive, guarda alle sonorità del futuro intrecciando la bellezza malinconica di ciò che sono stati gli anni ’90, soprattutto per band come Radiohead che tanto hanno influenzato i suoni dei big internazionali per come li conosciamo ora e che anche in questo album vengono considerati come fonte d’ispirazione per le alienazioni da cameretta di un suono capace di fondere la canzone d’autore con un rock incredibile e originale in grado di perseguire fluttuanti obiettivi raccontando di un mondo fatto di introspezioni e insostenibile mancanza di qualcosa. Sono i mostri che combattiamo ogni giorno, sono le nostre paure e la nostra rabbia alternata alla malinconia di fondo e quella fame di vita che ci fa urlare attraverso nove tracce riuscite che si muovono egregiamente tra ballate acustiche e delay emotivi, attimi di luce che ripiombano nell’oscurità partendo da un’intro considerevole fino al finale Non teme nulla passando per perle da tenere in considerazione come Fallimento o Canzone per la tua sicurezza. Quello dei Poveroalbert è un disco che ci fa vedere le parti negative dell’essere umano, quell’idea viscerale di fallimento che porta il conflitto a sperare in una luce nuova e reale abbandonando la sicurezza e concentrando l’attenzione sul reale vivere quotidiano.