Silent Carnival – My blurry life (I dischi del minollo/Toten schwan/Vollmer industries/Edison box)

Intime atmosfere instabili e sospese a riempire di luce oscura attimi di poesia in musica che si scagliano con lentezza miracolosa addosso allo specchio della vita interiore ottenendo folate di vento a rinfrancare il buio del nostro cuore. My blurry life suona mastodontico e solenne. Un album pregno di suoni e atmosfere che non risparmiano la sperimentazione pur mantenendo una sorta di fulcro centrale da dove attingere sogni e speranze migliori. Silent carnival ci regala una sorta di miracolo in musica dedicato alle anime tormentate. Sono otto brani che diventano rifugio ad incontrare la parte più oscura di noi. Un insieme di meraviglie sonore spiazzanti e destabilizzanti a percepire gli umori di una vita che ci vede, troppo spesso, in lotta con il nostro essere felici. Da Broken pictures a Crime, il nostro, riesce, in stato di grazia, ad entrare prepotentemente nella parte più nascosta dell’animo umano per segnare un cammino fatto da perle musicali tutte da scoprire.


Indianizer – Nadir (Edison Box)

album Nadir - Indianizer

Vorticosi saliscendi emozionali che conturbano di psichedelia conterranea il nostro venire al mondo attraverso anfratti succubi di questa realtà. Incrociatori sonori intensificano la rarefazione e il groove metafisico creato abbraccia un alternative che apre ad atmosfere ’70 in sodalizi con una tipologia di musica che conturba e non lascia nessun scampo. Il disco  degli Indianizer conclude una trilogia non dichiarata. Si fonde e confonde l’ambiente, riesce a penetrare la carne attraverso stimoli sempre vivi e mai banali, smuovendo qualcosa dal di dentro senza nessuna possibilità di tornare indietro. Dal pezzo d’apertura New Millennium Labyrinth fino a Aya Puma e passando per le riuscite Sin Cleopatra e Ka Ou Fe i nostri ci regalano un disco eterogeneo e colorato per una visione d’insieme davvero stupefacente. Un album che non si accontenta, ma che esplora, pezzo dopo pezzo, i misteri di questa nostra quotidianità ancora nascosta.


Mambo melon – Il bestiario (EdisonBox/Jestrai)

album Il Bestiario - Mambo Melon

Terzo album psichedelico immaginario per il trio che ha fatto dell’improvvisazione un’arma vincente per sdoganare un genere e porlo con cura all’interno di architetture in cambiamento e cariche di energia da proporre in strutture scaraventate al suolo che trovano nel suono metropolitano un punto di sfogo a contatto con qualcosa di assurdamente strano, ma nel contempo meravigliosamente impressionante. Il bestiario è un disco cangiante di difficile interpretazione. Nello strumentale proposto generi come il funk, l’elettronica, il prog, il jazz si fondono insieme per dare vita a qualcosa che di certo non risulta etichettabile, ma che piuttosto  trova nell’armonia eterogenea di questo progetto un punto di contatto con quel qualcosa che si fa scoperta e diventa necessario per comprendere appieno le ispirazioni di questi tre geni della musica. Da Cefalosynth a Istmo i nostri danno vita ad una prova imprevedibile e ambiziosa frutto di tanto lavoro in studio e finalmente da poter assaporare su qualche palco della nostra penisola. Disco pazzesco per intenditori. 


Flying Disk – Urgency (Brigante/Scatti Vorticosi/Edison Box)

L'immagine può contenere: notte e spazio all'aperto

Urgenza di definire l’indefinito attraverso canzoni che recuperano un’anima grunge per trasportare nel nostro cuore un rock dal sapore dei novanta intercettato da qualcosa di più moderno e attuale. Urgency non lascia scampo e non lascia tregua senza trovare via di fuga in un cammino sonoro che abbraccia l’anima dura e stoner di un rock che vira verso territori stoppati e meno delineati, ma carichi di un forte appeal emozionale e costruttivo. Flying disk rincorre alla velocità della luce territori inesplorati e concentrici dove la definizione di spaziale va oltre le galassie conosciute valicando umori di un’epoca malata e il desiderio di rivalsa dalle costrizioni perenni. Da One way to forget fino a 100 days i nostri confezionano un lavoro compatto e davvero importante, dal forte sapore internazionale per un trio che trova nell’energia il proprio punto di raccolta; l’insperato da ricercare nella vita di ogni giorno. 


Il Re Tarantola – Scopri come ha fatto il Re Tarantola a fare 50.000 euro in una settimana (La Stalla Domestica/Fil 1933/Edison Box)

L'immagine può contenere: 1 persona

Il Re Tarantola non risparmia nessuno e con savoir-faire da primo della classe prende per il culo con critica arguta qualsivoglia forma precostituita di moda o mercificazione di massa in un ennesimo disco che fa dell’ironia tagliante un punto di forza, concedendo spazi ad un rock che ha il sapore degli Skiantos meno demenziali però, ma più ancorato a questa e ad altre realtà che ogni giorno ci vedono protagonisti del nulla che avanza. Già dal titolo, con sottile sarcasmo, si prendono di mira band come I cani o i The Giornalisti, che hanno fatto di alcuni slogan delle loro uscite discografiche delle vere e proprie reliquie per le masse. Il Re Tarantola è lontano però da tutto questo, di certo non è mainstream, ma piuttosto un cantautore rockettaro lo-fi che si sbizzarrisce nel parlare di questa ed altre sfortune per un album che trova già nell’ironia dei titoli un punto sicuro da cui partire. Pezzi come l’apertura Boero, Mi odio o Eroina per bambini iperattivi fanno presagire una goduria totale nello sbarazzarsi dei cliché imposti intraprendendo la strada solitaria del “faccio ciò che voglio e lo faccio pure bene” in sodalizi con le disavventure quotidiane che hanno il sapore del poeta naif sempre pronto a stupire.

The singer is dead- \\ (IDischiDelMinollo/La mansarda/Vollmer Industries/Backwater Transmission/Edison Box)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Eclettico strumentale polveroso e di sostanza che si accinge a riempire di geometrie math rock un condensato di ambizioni favorevoli alla rinascita di uno stile proprio e sempre più ricercato all’interno di una musica in cui il cantante non c’è, il cantante è morto e tutto quello che possiamo ascoltare sono architetture fantastiche e ipnotiche che si dipano in decostruzioni al limite del pensiero imposto raggranellando sogni quando questi sembrano scomparire e non far parte più di questo mondo, una destrutturazione tale da rendere questo disco portante il nome di due, un insieme di pezzi incorniciati a dovere che si muovono su territori post rock e convincono sin dalle prime battute, ottenendo un’omogeneità di fondo a tratti granitica, a tratti cadenzata, ispirata, imbrigliata in quegli arpeggi ridondanti che fanno la differenza ipnotizzando e favorendo l’accesso a mondi lontanissimi e in continua evoluzione. Due è un lavoro importante sotto molti punti di vista, un lavoro che non cerca l’immediato riscontro, ma che piuttosto si fa proverbialmente assaporare lentamente in ogni sua singola sfaccettatura.

Nitritono – Panta Rei (DGRecords/Vollmer Industries/Edison Box/Insonnia Lunare Records/Tadca Records/Brigante Records)

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

Descrivere il disco dei Nitritono è un po’ un’impresa titanica, diciamo che nulla è dato per scontato e la loro musica composita e lacerante è sinonimo di questi tempi confusionari in cui ci troviamo a vivere, questo suono è un gesto, è un bisogno di incanalare una rabbia e districarla per poi espandere i confini del nostro essere, non ci sono rapporti di costanza, c’è solo tanta energia convogliata che ricorda i padovani Menrovescio o le inquietudini sonore di Morkobot in un tripudio nero petrolio che arricchisce lo stato situazionale in versi musicali destabilizzanti e che comprimono la realtà che ci gira intorno in un sodalizio che vede il duo formato da Luca Lavernicocca alla batteria e Siro Giri alla chitarra e alla voce, perpetuare una serie di episodi tanto immensi quanto potenti per un’avanguardia di risultati graffiante e affilata a gridare un segno di appartenenza e di intenti che si spinge oltre a tutto quello che pensiamo di sapere.

Eniac – I, Mother Earth (Edison Box)

Il pianeta terra non è mai stato così capito, non è mai stato così sviscerato per essere compreso, una sostanza mutevole egregiamente manipolata dal nostro Fabio Battistetti, in arte Eniac, che attraverso le suggestioni elettroniche ambient ci regala un concept sul costrutto e sul paradigma essenziale che ci lega indissolubilmente alla madre di tutte le nature e approfondisce con un solo gesto un mistero filosofico dal grande impatto emotivo.

Già conosciuto per le sue prove di installazioni emozionali e strutturali il nostro si affaccia perennemente con questo suo progetto ad una prova fatta di minimalismo, che sa raccontare, captando segnali dal futuro vicino a noi, quasi i Nova sui prati notturni con le loro rilevazioni ambientali, quasi un’esigenza incompleta di proferire eleganza raccontando di radici che sono alla base di ognuno di noi.

Ecco allora che i dieci pezzi si dipanano tra le ombre sonore di una meccanica mai edulcorata, racchiudono l’essenza della vita stessa, un viaggio in orbita per vederci più da vicino e per farci capire che siamo parte di una realtà tante volte sottovalutata; un disco per farci tornare sui nostri passi, tra gli elementi della natura, tra noi piccole formiche tante volte così insignificanti.