Petrolio – Di cosa si nasce (Etichette varie)

Petrolio lo senti avvicinarsi da lontano, da sotto i piedi che avanza in veste elettronica e sradica preconcetti per porsi nei confronti di un assoluto morente ad intessere trame di abbandono, di dolore, di buio che circonda una prova dove il silenzio o la calma di un pianoforte sono maggiormente discostanti di tutto quello che ci gira attorno, una prova solista quella di Petrolio moniker di Enrico Cerrato, un prova che trasuda potenza che si esprime in modo esemplare passando da un industrial ad un ambient d’ampio respiro, quasi fossero i suoni della terra, le ombre discostanti assuefatte dalla paranoia collettiva e quella strana sensazione di vita che viene via via ad esaurirsi, ad incombere nell’incedere spassionato di tempeste e fulmini cercando una via d’uscita nel labirinto della nostra ragione, ma scoprendo alla fin fine che siamo fatti di molecole pronte a disgregarsi al suolo, tra la materia e l’infinito ecco Di cosa si nasce a fare luce dove luce non c’è.

Dan Cavalca – Cinematic (Autoproduzione)

Cinematic_fronte_1440E’ un viaggio onirico quello di Dan Cavalca, è un viaggio fatto di intenzioni e mutismo da sciogliere per imprimere sonoramente virtù esagerate che si accendono lungo i binari di un suono cosmico, che sembra non avere direzione, ma si fa portatore dei sentimenti della galassia; un ambient regalato a dovere, che punta al cuore della creazione e non stanca, anzi, permette all’ascoltatore di entrare in profondità con un io interiore ancora da scoprire.

Dan Cavalca è un polistrumentista a tutto tondo, che dopo una borsa di studio al Berklee College e dopo aver condiviso il palco  con personaggi del calibro di Annie Lennox e Carole King, si tuffa in un’avventura meditata e meditativa, in grado di rappresentare al meglio l’idea sovradimensionale che abbraccia tutta la sua intensa e sentita produzione, indistintamente, senza tralasciare nessun pezzo e valorizzando ogni singola perla confezionata per l’occasione, da Life time lapse fino a Blues in E (lectronic), per sette pezzi che sono il risultato di un percorso che emoziona grazie ad una capacità artistica da non sottovalutare e grazie anche alla capacità del nostro di tuffarsi nel buio delle produzioni strumentali, alla ricerca della sonorità perfetta, di quella che resta, di quella in grado di illuminare.

 In bilico tra jazz, ambient e colonna sonora per il cinema, Dan Cavalca segna una nuova tappa importante nel suo cammino di artista, raggiungendo una poliedricità invidiabile.

Armaud – How to erase a plot (Lady Sometimes Records)

Un mondo sott’acqua intriso di mistero, capacità onirica che si dissolve nella pioggia e crea un legame con il mondo in cui viviamo, scoprendo la parte più fragile di noi, introspezione sonora che è a capo di un concetto, il fotografare  il momento, quel momento che non tornerà.

Loro sono gli Armaud e il tutto ruota attorno alla voce leggera e sospesa di Paola Fecarotta, coadiuvata nell’impresa da Marco Bonini alla chitarra e drum machine e da Federico Leo alla batteria; una musica che proviene da lontano, che alle volte si scontra con gli scogli della vita e ci rende partecipi di un’immagine non precostituita, ma in continuo e perpetuo cambiamento.

A livello musicale la voce di Paola incrocia gli Amycanbe e i Portishead passando per musicalità nordiche che segnano i passi sulla neve, lasciano impronte indelebili e analizzano la possibilità di distendersi verso un dream pop d’oltreoceano che ricorda a tratti i Blonde Redhead.

11 canzoni di puro gusto malinconico ben riuscito, partendo con Him, passando per Spoiler e chiudendo il finale cosmico di May; un disco da assaporare nelle giornate torrenziali, dove i respiri condensano i vetri e dove gli attimi della nostra vita, possono fermarsi, ancora, per sempre.

Eniac – I, Mother Earth (Edison Box)

Il pianeta terra non è mai stato così capito, non è mai stato così sviscerato per essere compreso, una sostanza mutevole egregiamente manipolata dal nostro Fabio Battistetti, in arte Eniac, che attraverso le suggestioni elettroniche ambient ci regala un concept sul costrutto e sul paradigma essenziale che ci lega indissolubilmente alla madre di tutte le nature e approfondisce con un solo gesto un mistero filosofico dal grande impatto emotivo.

Già conosciuto per le sue prove di installazioni emozionali e strutturali il nostro si affaccia perennemente con questo suo progetto ad una prova fatta di minimalismo, che sa raccontare, captando segnali dal futuro vicino a noi, quasi i Nova sui prati notturni con le loro rilevazioni ambientali, quasi un’esigenza incompleta di proferire eleganza raccontando di radici che sono alla base di ognuno di noi.

Ecco allora che i dieci pezzi si dipanano tra le ombre sonore di una meccanica mai edulcorata, racchiudono l’essenza della vita stessa, un viaggio in orbita per vederci più da vicino e per farci capire che siamo parte di una realtà tante volte sottovalutata; un disco per farci tornare sui nostri passi, tra gli elementi della natura, tra noi piccole formiche tante volte così insignificanti.