Carlo Martinelli – Caratteri Mobili (AREA51 Records)

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Canzoni da solitudine post spiaggia, che accarezzano il molo dopo il tramonto e raccolgono le stelle che cadono dal cielo, magari con una rete da pescatore, magari con la forza di volontà di chi non ha nulla da perdere e si concede a sbilenche poesie musicali prettamente acustiche che scalzano il cielo plumbeo mattutino e con inflessione solare, lasciano al nuovo giorno, un nuovo spazio di vista oltre l’orizzonte.

Carlo Martinelli ci regala cinque canzoni estrapolate da un arco di tempo che copre la bellezza di dieci anni, canzoni d’amore con tocchi di classe lo-fi per un ep che racconta le vicissitudini del cuore in modo del tutto inusuale, trasparente e cristallino; avvenimenti interiori e introspettivi, pronti a rinascere sotto una nuova luce.

Abbandonati per un momento i grandi Luminal, il nostro, attraverso le peripezie dell’anima e con buoni compagni d’avventura come Jenny Burnazzi al violoncello, Cristiano De Fabritiis alla batteria e Milo Scaglioni al basso, registra un disco che ha il sapore della fine dell’estate e di quella risacca mattutina che trasforma il frangente creato in qualcosa di nuovo e perpetuo.

Collettivo Ginsberg – Tropico (L’amor mio non muore/IRMA)

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Danze tropicali che amalgamano vissuti e si stagliano fino in profondità, dentro alle nostre vene, per farci ballare contaminati dal suono poliedrico di questa band capace nel confezionare una prova multisfaccettata ad alto tasso emotivo, che non risparmia nulla, anzi si dona prepotentemente nel fondere assieme diversi generi, diverse culture di terra e di mare in un cerchio caleidoscopico che grida la sua presenza e ci fa entrare al proprio interno.

La band romagnola, dopo tre anni di silenzio, ritorna con un disco che un solo ascolto non basta per capirne i livelli di scrittura, un disco si per ballare, ma un disco allo stesso tempo stratificato, che unisce la lezione del funk con il mambo voodoo, passando per una musica più tradizionale e mediterranea fino a conglobare samba spruzzata di nero; un mix emozionale che conquista sin dalle prime battute e ci dona la possibilità di fare nostra l’occasione di una vita, un giro completo attorno al mondo percependone il profumo e soprattutto i colori.

Un albume emozionante, composto da dieci tracce ritmate, da Con due monete fino a Danza Macabra, testi cut-up che racchiudono il mistero nello scoprire una band che fa della mescolanza cromatica il proprio punto di forza; tra Battisti, Jannacci e Dalla, un disco registrato in analogico che con piglio anacronistico ci infoderà la forza per ballare ancora.

Sara Piolanti – Farfalle e Falene (Autoproduzione)

Sara è una creatura notturna che si nutre di stelle e di sogni ad occhi semi chiusi, un piccolo essere delizioso che si posa di fiore in fiore per carpirne i segreti e le profondità, ingigantendo gli occhi e respirando a pieni polmoni l’aria rarefatta di un mondo nuovo, decostruito, un camminare leggero sopra ai campi metropolitani, lasciati incustoditi e abbandonati a riprova del fatto che qualcosa qui intorno non funziona e che quel qualcosa deve essere rimodellato e ricostruito, partendo dal passato, partendo da ciò che eravamo.

Sara, già cantante dei Caravane de ville e dei New Cherry, ora in veste solista ritorna a rimarcare la propria bravura in un’intimità serale da tapparelle abbassate, dove il clamore è lasciato ben fuori e dove ogni canzone è anche uno scavare dentro all’animo di chi non riesce a sentire, un processo in fase mutevole, in continuo cambiamento: Muore di me è apertura elegante passando per la meraviglia della title track e giù a rincorrere i pensieri in Io ero fino all’ultima e pregevole perla di un Endrigo d’annata, rivisitato per l’occasione nel pezzo Canzone per te; un disco che accoglie il profumo del cambiamento, in punta di piedi, circoscritto e dimesso, un’involuzione che sa di evoluzione, tipica caratteristica di chi ha tanta classe da vendere e Sara, di certo, possiede tutte le carte in regola per trovare, in una dimensione più contenuta, la propria via di fuga.

Pin Cushion Queen – Settings_2 (Autoproduzione)

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Continua la ricerca sonora per la band bolognese, persa nel tramonto della bellezza interiore, ricerca spaziale che altera l’elettronica e si protende nel cercare abitudini del passato e nel contempo cerca di voltare pagina impreziosendo queste nuove tre canzoni con nuove forme che prendono vita e si stagliano egregiamente a comporre un secondo pezzo di puzzle industriale, naturale compostezza che esplode e lascia particelle minimali in un’immedesimazione quasi simultanea all’idea che accompagnerà una terza stesura, un progetto quasi estremo, ma che si forma continuamente, una trilogia sonora che amalgama i maestri della composizione italiana, riportando il tutto ai giorni odierni, tra le abitudini sedimentate al vento che cancella e il bisogno sentito di dare forme nuove a tutto ciò che ci circonda, partendo in primis da quello che sentiamo dentro.

Lasciamo quindi andare i nostri a ricreare bellezza metropolitana tra il cemento logorante e i gas plumbei in cielo, forse ne guadagneremo tutti qualcosa.

Bruno Belissimo – Bruno Belissimo (Locale Internazionale)

Funk e disco amalgamati dalla House in riva al mare sorseggiando cocktail e creando un’atmosfera da puro vintage balneare legato al filo dei beat minimali e al contrasto acceso tra l’ironia e la perfezione in un suono che non si apre mai, ma resta costante ricerca di un possibile modo per popolare l’estate di aperitivi lunghi intere notti.

Questo è Bruno Belissimo, dj e producer italo canadese, già attivo nei Low Frequency Club, come bassista nel tour di Colapesce e in giro per il mondo da Parigi a Londra passando giusto giusto per il Cile con la sua musica a ricoprire di tappeti sonori il suo mondo diretto, immediato, dagli arrangiamenti a quella copertina che varrebbe l’acquisto del disco.

L’origine di tutto e la fine di tutto e in mezzo c’è tutto il resto, granelli di sabbia baciati dal sole e suoni in contrasto con i colori del mare, un’energia celata pronta a far ballare e muovere i piedi in ritmi che hanno il sapore del tempo che fu, in chiave moderna, un funk rivisitato che ha il giusto appoggio per portarci lontano.

Filippo dr.Panico – Tu sei pazza (Frivola Records)

Filippo Dr. Panico – Tu Sei Pazza

Un disco spiazzante dalle sonorità semplici e un’attitudine punk da primo della classe che sfrontatamente cantando in italiano ci racconta di amori non corrisposti, di amori perduti, un disco sull’amore insomma.

Non quell’amore però da carta patinata e nemmeno quello che si fa raccontare nei diari segreti adolescenziali, questo è un amore da ring, un amore che si consuma e lotta per sopravvivere, dietro alle apparenze, dietro alla scia di vapore che ci ingloba, mentre tutti gli altri stanno a guardare, disinteressati, svogliati, accomunati per nulla dall’intento finale.

Quello di Filippo dr.Panico è un disco  dal carattere forte e deciso, con frasi ridondanti e ripetitive, segno dei tempi, segno di un concetto ossessivo, gridato e snocciolato mentalmente; Filippo ci consegna le istruzioni per l’uso, quelle da scatoletta dei medicinali, quelle da buttare per seguire l’istinto, a Filippo sostanzialmente non frega niente di come andrà questa sfida, lui tenterà in tutti i modi di viverla e questo basta.

Vale & The Varlet – Believer (A Buzz Supreme)

Suoni insonni dalla cameretta, trasformati per l’occasione da boleri affascinanti e incursioni classicheggianti a citare aforismi e parole prese in prestito dalla discografia storica mondiale per dare vita ad un disco a tratti cupo e oscuro, vibrante di quella capacità che solo l’incontro può sperimentare e socchiudere, attendere e sperare, elargire da un pianoforte il suono del futuro che verrà, tra sperimentazione e disincanto.

Il primo disco di Valentina Paggio e Valeria Sturba in arte Vale & The Varlet è una ricca composizione di suoni lunari che non ammiccano alla canzoncina pop, ma si stringono nell’attimo per concedere il volo sperato, dalle porte di una camera fanciullesca fino ai confini del centro della terra; i martelli e i giocattoli non sono mai stati così vicini.

Presenza e partecipazione anche dell’istrionico Vincenzo Vasi e Luca Savorani, che intensificano i rapporti e creano una sorta di moto perpetuo alle canzoni che già di per sé hanno una propria vita, un cammino penetrante da seguire e costeggiare, su cui credere e su cui sperare.

Un disco imprevedibile, che ad ogni ascolto si cala sul palco della vita e da una visione del tutto soggettiva e surreale del contesto in cui ci troviamo, una musica che va oltre il concetto spaziale e si concentra, in modo prodigioso, sulle immagini del nostro tempo.

IO e la TIGRE – 10 e 9 (Garrincha Dischi)

Aurora Ricci e Barbara Suzzi in arte IO e la TIGRE dimostrano una capacità e un’attitudine punk da prime della classe, in modo disinibito e sciolto, cantano di amori non corrisposti e amori voluti, cantano della fragilità umana e della caparbietà nel costruire il proprio futuro, cantano di un’Italia da ricomporre, e dell’annosa ricerca nell’essere se stessi, indubbiamente catastrofiche, indubbiamente reali.

Ecco allora che questo affronto di inizio millennio, è un sasso che scuote la pancia, tra una Maria Antonietta e una Carmen Consoli tacco dodici che si dimenano tra pedaliere indistruttibili, tra Sick Tamburo e quell’esigenza quasi mistica di dare un senso eterno a quei numeri il 10 e il 9, un’aurea esigenza di provare ad essere diversi nel conformismo odierno.

Una cover alla Baronciani e i testi schietti che brillano per immediatezza ci fanno capire l’importanza dei rapporti, nella costante ricerca di una nuova via da seguire, un album che affronta a testa alta la vita e nelle cadute, la presenza sempre di qualcuno che è pronto a trascinarti verso una nuova vita.

 

Ono – Salsedine (Autoproduzione)

E’ la sperimentazione del cantautorato, è l’elettronica che si fonde con il rap di strada, è la vita inattesa che si proclama davanti dopo anni di distanza, è il primo disco di Ono, una creatura dalle mille facce, una creatura che riesce a ricordarci da dove veniamo, da quel mare che abbiamo impresso fin da bambini e che poi, inesorabilmente non abbiamo più visto con gli stessi occhi: le spiagge libere e gli amori ineluttabili, quasi vapori di un autunno alle porte.

L’immediatezza è il loro marchio di fabbrica una ricerca della felicità che viene racchiusa lungo le undici tracce quasi sbilenche che compongono il disco, undici canzoni che sono il frutto di un’attenta ricerca e soprattutto un attento uso dell’immaginazione, che ci rende, non più spettatori, ma veri protagonisti di queste composizioni che sbarcano nella nostra mente, regalandoci l’ultima ondata di calore, incursioni fanciullesche di una vita purtroppo lontana.

Ecco allora che il disco, pur contenendo una matrice di forte tiro e sudore, nasconde l’altra faccia della luna, nasconde la malinconia, nasconde i chiaro scuri esistenziali, quel voler essere fotografia sbiadita piuttosto che orpello da instagram dipendente; una musica che si fa ricordo pur appartenendo ai nostri giorni.

Luca Faggella – Discografia: Antologia di canzoni (1998-2015) (Goodfellas)

Luca Faggella ha segnato con un solco netto e preciso la sua carriera di musicista che dura da quasi venti anni, l’ha segnata attraverso un’introspezione sonora che va oltre l’archetipo di forma congiunta e pensata, ha deciso in modo eclettico e meditato di creare un disco, raccogliendo le migliori canzoni del suo cammino musicale, intervallandole da inediti che annoverano, tra gli altri, la presenza di Giorgio Baldi e Elisa Arcamone, Max Gazzé e Cristiano Micalizzi, Gianluca Misiti, Fernando Pantini, Eugene, Pit Capasso, Er Man e Suz.

Un disco completo sotto ogni forma e sostanza, un album che abbraccia diversi stili, dove il cantautorato si trasforma in poesia elettronica per lasciar spazio a pezzi di pura matrice rock consegnata ad attimi di meditazione, dove il tutto sembra tornare al proprio posto, dove ogni cosa è illuminata e la leggera soddisfazione che si ha a fine ascolto è un attimo di serenità prima che arrivi la notte e il gioco riparte, il gioco riparte da Tempo un pezzo che racchiude quasi il senso del disco e della ragione per cui è necessario darsi dei progetti, degli obiettivi, credere e dubitare, cercare spazi dentro al proprio cuore.

Luca questo lo ha dimostrato nella sua vita da artista, un cantautore che si divincola dalla noia quotidiana, che non costruisce solo canzoni, ma vere e proprie stanze di una casa che ci appartiene e che ci vuole uniti per parlare di quello che non sappiamo ancora, di quello che verrà.