The incredulous eyes – Mad journey (I dischi del minollo/Furtcore Records)

THE INCREDULOUS EYES - Mad journey - Radiocoop

Architettoniche visioni conturbanti che mescolano movimenti e introspezioni ad un’alternative concentrico in grado di sbattere la faccia sul muro della quotidianità per rimescolare le carte in tavola e dare un senso diverso al mondo circostante. I The incredulous eyes ci regalano una prova davvero sorprendente, fuori da qualsiasi schema lessicale e musicale, ma capace di dare sostanza ad un’energia sempre nuova che incrementa la creatività e lascia spazio a tanta improvvisazione. Il trio attivo da più di dieci anni mette in musica un concept che parla di un viaggio. Racconta di uno scienziato, di una cura insperabile contro il cancro. Racconta di un popolo alieno e quel bisogno di far ritorno verso la propria casa nel tentativo di render miglior quel poco che resta. Il disco in questione racconta di uno scrutare interiore raccogliendo pesanti fardelli e occupando di fisicità la bellezza di questo migrare eterno.


Il sistema di Mel – Addosso (I dischi del Minollo/Scatti vorticosi)

album Addosso - Il sistema di Mel

Disco secondo o forse terzo per la band già conosciuta negli spazi di Indiepercui. La formula però diventa più ricercata con questo Addosso. La formula diventa più matura attraverso un linguaggio che diventa presa diretta per i nostri giorni amplificando vedute attraverso coscienze neuronali che passano, calpestano ed esplodono grazie ad un concentrato naturale di polvere e bravura, di rumori necessari e potenza sempre più incontrollata. Addosso è un movimento di non curanza, un movimento che diventa pugno allo stomaco in salsa post rock capace di esprimere, oltre i confini, una fede ruvida e sincera in grado di attraversare la realtà per come la conosciamo. Otto canzoni veloci. si parte con Versatile si finisce con la title track per un album generoso d’insieme e capace di andare oltre lo spazio e il tempo per come lo conosciamo, affermando, grazie a larghe e ampie vedute, uno sbocco d’aria sicuro.


Ezekiele – Da un fiocco di neve nasce la valanga (Scatti Vorticosi/I Dischi del Minollo)

album DA UN FIOCCO DI NEVE NASCE LA VALANGA - EZEKIELE

Visioni alla Offlaga intessono trame e costringono l’ascoltatore ad entrare in un mondo, il nostro mondo schiaffeggiato a dovere e denunciato in ogni sua parte. Il disco degli Ezekiele è una bomba. Un pugno allo stomaco potente contro la modernità e la facilità dilagante. Un insieme di tracce che riesce ad aprire gli occhi oltre le nebbie dei nostri istinti concentrando una forte ammirazione nei confronti di un parlato che diventa sodalizio elettronico e altamente contagioso. I brani non passano di certo inosservati e tutti riescono ad avere una forte connotazione e una grandiosa anima interna. Pezzi come Rapine e ferimenti, Un asino che vola, La scuola, Il lavoro fanno da descrizione di questi nostri tempi. Da un fiocco di neve nasce la valanga è un album, ai giorni nostri, necessario, carico e potenzialmente unico.


Tv Lumiere – Avrei dovuto odiarti (I dischi del minollo)

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Trattato nichilista che abbraccia l’oscurità e interseca bisogni esistenziali con appeal emozionale capace di sorprendere e alterare le capacità mentali ascolto su ascolto. Caduta nel baratro della ragione attraverso suoni di matrice ’90 che intessono trame di Godano e compagni, mescolati all’esistenzialisimo dei CSI per toccare l’oceano di Nick Cave attraverso una forma canzone in evoluzione e altamente imprevedibile. Tornano i Tv Lumiere con un album magmatico capace di ricoprire di lotta continua gli anfratti segreti del buio che ci portiamo dentro. Destrutturato a dovere questo Avrei dovuto odiarti porta con sé perle di intensità variabile, ma nel complesso ricche di pathos e rarefazione. Parti vocali lasciano il posto allo strumentale e il risultato che ne consegue è testato attraverso una formula impattante. Nove pezzi oscuri, nove tracce tra sonno e ragione che nascondono nella violenza di questa nostra quotidianità un piccolo punto di luce, uno spiraglio di amara salvezza. 


Jena Lu – Le dita nelle costole (I dischi del minollo)

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Cantautore senza mezze misure che supera qualsivoglia forma di ingabbiamento culturale per creare all’interno del proprio spazio vitale una musica capace di disegnare paesaggi via via sempre più importanti. Il cantautore Jena Lu confeziona un dischetto che porta con sé la bellezza di un suono introspettivo capace di tramutarsi nell’immediato in qualcosa di più sospinto e ammaliante per un lavoro d’insieme che riesce a scavare nelle profondità e riesce ad inglobare speranze e sogni nel futuro. Cresciuto a pane e Nirvana, la dimensione acustica raggiunge l’apice in questo album attraverso un flusso di coscienza che ingloba la velocità dell’aria, la forza delle correnti contrastanti. Pezzi come l’apertura affidata a Barad-dur, L’esodo, La sera, la cover di Edda: Spaziale e la finale La stanza non passano di certo inosservati e sanno trasportare l’ascoltatore all’interno di un mondo dipinto ad arte per l’occasione. Le dita nelle costole è un affondo  a questa quotidianità, è ricerca, ma anche bisogno di fare bene le cose che sembrano in realtà le più semplici e le migliori. 


Roberto My – Flares (I dischi del minollo)

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Rimettersi in gioco, creare, comporre, dopo dieci anni di assenza, dopo anni passati a rimuginare sul tempo e su quel che è stato alla ricerca di un nuovo stimolo per ripartire. Roberto My ritorna con Flares, dopo il progetto Volcano Heart ritorna con un disco dal sapore puramente settanta dove un Neil Young più intimo e notturno sembra cantare i pezzi degli Smiths attraversando città metropolitane abbagliate dalla luci dei fari di un mondo in dissolvenza continua. Il suono che ne è esce è un concentrato di riff ipnotici che non risparmiano bisogno di costruire, riff capaci di creare un’omogeneità di fondo che non tradisce le aspettative, ma che piuttosto crea una solida base per un album dove pezzi come l’iniziale Motherland, Black Sky o Congo sono parti essenziali per definire una poetica d’insieme costruttiva e tenace. Flares è un rimettersi in gioco quindi segnando un nuovo corso che nella polvere del tempo ritrova il desiderio di stupire nuovamente. 


John Malkovitch! – The irresistible New Cult of Selenium (I Dischi del Minollo)

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Quattro canzoni, brani, pezzi per quarantasette minuti di ascesa e ritorno in un mondo sommerso da crisi esistenziali, un mondo dove nulla è ciò che appare e dove l’energia viscerale nascosta si trasforma in evidenza, abbondanza, necessità e desiderio di sconfinare attraverso un post rock che ingloba silenzi, tranquillità fino a sconfinare e ad aprirsi in cosmiche avventure siderali che non lasciano posto alle mezze misure, ma piuttosto trovano un punto di incontro nell’avvicendarsi verso un bisogno di sintonia che in poco tempo i John Malkovitch! riescono a trovare. Scomposizioni geometriche si fondono nella realtà dando però un senso psichedelico al tutto toccando vertici di rarefazione con un mondo creato ad arte e pieno di sfumature che possiamo comprendere lasciando l’ultima parola all’implosione finale, quella prima della tempesta, quella in grado di creare un senso di calma apparente e consolazione che solo chi si farà trasportare per l’intero viaggio potrà comprendere. The irresistible New Cult of Selenium è un disco che in primis è un’avventura esistenziale attaccata ad una corrente in deflagrazione continua.

Droning Maud – Beautiful Mistakes (I dischi del minollo)

Droning Maud

E’ la paura che ci assale e ci porta imperiosa a scoprire le parti più nascoste di noi, all’interno di buie caverne dove una dolce melodia culla le anime solitarie in gesti di affetto e senso onirico che avanza. Un disco completo e quasi etereo che abbraccia i suoni siderali del nord Europa incamerando la lezione del rock americano degli anni ’90 con stile e precisione, con passione che si evince e viene ben distribuita in contesti di solitudine che si amplificano e lasciano il posto a sferzate elettriche che non passano di certo in secondo piano, ma piuttosto intensificano le pressioni con l’esterno fino a farti entrare in una nuova dimensione ricca di pathos e atmosfera, una musica che ricerca testualmente gli errori bellissimi della nostra quotidianità, gli errori che ci appartengono e ci rinfrancano per arrangiamenti che valorizzano una voce importante in primo piano a sviscerarci dal di dentro. Le otto tracce che compongono l’album si muovono bene tra i parallelismi inevitabili con la nostra società e lasciano che la mente dell’ascoltatore entri in un incanto/disincanto infinito.

Il vuoto elettrico – Traum (Dreamingorilla Records / I Dischi del Minollo / La Stalla Domestica)

Fragorosi e imponenti, inclassificabili oltre maniera e alla costante ricerca di geometrie rock che cercano di dare un nuovo apporto alla scena circostante, implementando testi affilati in stato di grazia che per l’occasione sono sostenuti da un apparato strumentale davvero notevole e particolarmente incazzato che incrocia l’hardcore al punk passando per un rock pesante ad innescare i drammi esistenziali quotidiani, come fosse colonna sonora di una catastrofe profonda oltre maniera che si perde nel tempo ineluttabile e costringe l’ascoltatore ad arrovellarsi in un profondo stato di coma dove i bombardamenti sonori fanno parte di un tutto complesso e altamente disturbato e dove il notevole apporto negli arrangiamenti da parte di Xabier Iriondo porta l’elettricità di fondo ad incrociare il suono del Teatro degli orrori e degli Elettrofandango, per una pesantezza al limite che sfiora i Massimo Volume e ci consente di entrare in un mondo, in una casa, fatta da infinite stanze dove perdersi tra le nostre infinitesimali bassezze, tra gli specchi dell’anima che parlano di noi, mai più però come prima, ma profondamente diversi, profondamente cambiati, in eterna lotta tra ciò che è bene e ciò che è male e mentre la casa sprofonda noi anneghiamo con lei e con le nostre stesse paure respirando la caduta nel vuoto.

So Faking – So Faking (I dischi del minollo)

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Album fresco e di spessore nato sull’urgenza del momento e in grado di catturare l’idea di un garage rock in evoluzione e lineare quanto basta per dare un senso alle dieci canzoni proposte sotto la stella della semplicità, ma soprattutto dell’efficacia, in grado di mantenere promesse e attese per un progetto, quello del genovese Paolo Pretto, di intercettare sapientemente una musica principalmente legata agli anni 60′ che riesce a centrare l’obiettivo di creare un ponte con gli anni ’90 di band come Blur in una unione di intenti che rigogliosa si sposa bene alla causa e trattiene un’enciclopedica discografia di mostri del rock come i Beatles per rilanciarla a dovere in un rispolvero che si fa tangibilità in pezzi come l’iniziale So young fino a Raging Doll in un disco che esso stesso cerchio di continuità con un passato dall’aspetto vintage, ma non troppo, in cui la destrutturazione e il cantato sono forme essenziali per la buona riuscita di una produzione che mira alto, qualitativamente parlando e si porta con sé uno strascico importante da mantenere nel tempo.