Droning Maud – Beautiful Mistakes (I dischi del minollo)

Droning Maud

E’ la paura che ci assale e ci porta imperiosa a scoprire le parti più nascoste di noi, all’interno di buie caverne dove una dolce melodia culla le anime solitarie in gesti di affetto e senso onirico che avanza. Un disco completo e quasi etereo che abbraccia i suoni siderali del nord Europa incamerando la lezione del rock americano degli anni ’90 con stile e precisione, con passione che si evince e viene ben distribuita in contesti di solitudine che si amplificano e lasciano il posto a sferzate elettriche che non passano di certo in secondo piano, ma piuttosto intensificano le pressioni con l’esterno fino a farti entrare in una nuova dimensione ricca di pathos e atmosfera, una musica che ricerca testualmente gli errori bellissimi della nostra quotidianità, gli errori che ci appartengono e ci rinfrancano per arrangiamenti che valorizzano una voce importante in primo piano a sviscerarci dal di dentro. Le otto tracce che compongono l’album si muovono bene tra i parallelismi inevitabili con la nostra società e lasciano che la mente dell’ascoltatore entri in un incanto/disincanto infinito.

Droning Maud – Our Secret Code (Seahorse recordings)

E’ un album completo,  ricco di divagazioni post-rock di puro stampo arioso con interventi elettronici da far aizzare anche il più distratto degli ascoltatori.

Quello dei Droning Maud è un droning-maud-musica-streaming-our-secret-codedisco che lascia il segno sotto numerosi punti di vista.

Il concetto dominante, l’idea di fondo, è una cavalcata continua di sapori rock contaminati dalla musica che prende iniziativa di un suono carico di riverberi e atmosfere.

Già dal nome del produttore del disco, Amaury Cambuzat, il lavoro non può che prendere determinate vie legate alla sperimentazione e alla sorpresa sonora.

In “Our Secret Code” si ascoltano Mars Volta, Radiohead, gli italiani Giardini di Mirò tanto per citarne alcuni; trovano spazio, inoltre, interventi vocali degni del miglior Aaron Lewis creando  quel concentrarsi di suoni, difficile da concepire, tanto la trama si rende fitta ad ogni ascolto.

“Sun Jar” apre le fila con cadenzato battere delicato, poi “Ghost” fantasma svanito nel mare che raccorda la meravigliosa “Nimbus” fatta di stelle e arpeggi.

L’altro spunto degno di nota si trova nella corale “Now it fades now it’s gone” e cosa possiamo dire della retrograda “Led lights” che guarda al passato con una mano aperta al futuro?

“The great divide” apre alla finale di contrappunto stilistico “Oh Lord!” dove la scelta è definizione di resa e perdono.

Questi 4 laziali sanno che cosa vogliono dimostrandolo con questo album, che si discosta dai precedenti ep, sia nel campo estetico e di suono che in quello dei contenuti; una prova dal sapore onirico capace di creare quel giusto appeal in tutte e 10 le tracce, portando noi umani a carpire divagazioni mentali con un occhio teso al passato e una linea d’attacco diretta al futuro. Notevoli.