Davide Tosches – Luci della città distante (Contro Records)

E’ la pace che cercavo in tutto questo tempo, dove arrivano costantemente dischi ricchi di suoni e rumori, quasi fosse una gara a chi riempie di più le canzoni con cose e trovate tante volte inutili e poco edificanti.

Poi apri un cartonato, semplice, puro, bianco sporco, parafrasando gli altri piemontesi MK, con disegni delicati che ritraggono animali della natura intenti nell’essere al centro di un qualcosa di meraviglioso, delicato, composto.

Illustrazioni di pennarello su carta create dallo stesso autore che vanno a completare un’opera ricca di suggestioni e mirata a conglomerare il tracollo che la nostra società si sta meritando in nome del progresso che assorbe la nostra essenza, creando solo nuvole di polvere e contraddizioni.

Una voce fuori dal coro quindi quella di Davide, che in questo terzo disco Luci della città distante, si fa portavoce di un genere essenziale che ricorda le solitudini campestri del primo Nick Drake, raccogliendo poesie di vita che solo i grandi cantautori riescono a fotografare anche solo per un istante.

Strumenti inusuali, una vena poetica-jazz, che abbandona lo strumming chitarristico per lasciare spazio a poche venature folk per incontrare flicorno, viola e violino a definire un primo indefinito spiazzante, ascoltare il singolo Il primo giorno d’estate per credere.

E’ un immergersi costante nella natura, il viaggio del cantautore piemontese, che riflette di per sè un animo che sa di antico, quasi fosse un giovane Rousseau con il proprio Emilio da educare, lontano dalla città, preservando la purezza del bambino dalla corruzione a cui la società che lo circonda lo farebbe altrimenti andare incontro.

Un album non per tutti di certo, ma che ai giorni nostri dovrebbe essere perlomeno sfiorato dolcemente da tutti, se non altro nella sua essenza primordiale, quasi fosse un morbido abbraccio che ci rende vivi.

Quindi – Esistenzialisti per gioco (Autoproduzione)

Uno specchio in frantumi che raccoglie facce, volti in consumazione che cercano un’ inesorabile vittoria all’interno di una scatola che perennemente è vuota, che in qualche modo è in cerca di trasformazioni sicure, ma non riesce a riempirsi, non riesce a trovare uno sfogo dentro a pomeriggi grigi di sole spento.

“I quindi”, band torinese, confezionano “Esistenzialisti per gioco” : un album immediato, che parla con parole semplici e disinvolte delle difficoltà quotidiane: piccoli attimi di storie racchiuse in un diario da far crescere e implementare con racconti di vita vissuta.

Le sonorità abbracciano un pop rock ricercato soprattutto negli spunti della batteria, che sa essere incisiva, precisa e puntuale nelle diverse ramificazioni che compongono la forma-canzone che in fatto di musicalità assomiglia molto alla formula “Verdena” del loro primo omonimo.

Si parte con il botto tribale di “Danza allo specchio” passando per l’ammiccante “Maschere” senza tralasciare l’acquarello dolce-amaro di “Inverno troppo freddo”, i toni poi si incupiscono toccando vertici di purezza con “l’adolescente” e finendo con l’autocritica ne “Il mio show”.

Un album che non si presenta in formato fisico, ma che è solo possibile downloddare e trasmettere in modo capillare; un disco che acquista nuove forme ad ogni ascolto, 9 brani che riescono a far proprio un pensiero e un concetto radicato in profondità e da cui bisognerebbe trarne sempre spunti per un domani diverso.

L’inferno di Orfeo – L’idiota (HertzBridge Records – LibellulaMusic)

Un cantautorato che abbraccia sensazioni lontane di rock più classic senza tempo per ricordare che parole e intreccio fiabesco si possono schierare dalla parte di chi l’idiota vuole essere, apparire o chi si atteggia in modo così tale da far credere agli altri di esserlo veramente.

Un disco maturo e lagato in qualche modo alle origini di questi quattro torinesi che ora come ora stanno raccogliendo i frutti tanto sperati, affermandosi tra le migliori proposte della scena alternativa piemontese.

Musica che si mescola con un vissuto in cui il colore dominante il rosso si scontra con il giallo per creare quel tenue arancione di copertina che regala emozioni contrapposte da uno stile unico e certamente originale.

I testi denotano una sapiente ricerca, fulcro esistenziale per gridare le proprie idee senza essere calpestati, senza essere giudicati e in qualche modo per fare quadrare il cerchio della memoria, sempre cara al Silotto frontman.

Un incrocio quindi tra Non Voglio che Clara e Paolo Benvegnù, tra Manuel Agnelli del Quello che non c’è e la poesia musicale di Valentina dorme.

Pezzi che si fanno ricordare per la loro armonia d’insieme sono certamente l’apertura con “La Manovra”,  “Arrampicate” con un cameo DeAndreiano in sferzata elettrica e la title track “L’idiota”, mentre la chiusura affidata alla struggente “Paola” non delude le aspettative di un bellissimo finale.

Un disco che guarda al cambiamento con stile, racchiudendo piccole perle quotidiane da digerire sciogliendole dolcemente dentro al bicchiere di una vita troppo amara in cui sperare di vedere nascere, di tanto in tanto, qualche bel fiore.

 

Lo Sburla – I Masochisti (Libellula Label) ANTEPRIMA Uscita 10 Settembre 2013

 

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Lo sburla è irriverente cantautore, acido e magnetico che ti inchioda sapientemente e con stile tutto personale alterna momenti di introspezione a rabbia giovanile che esplode in un solo istante come bomba a orologeria.

Roberto Sburlati vive a Torino e già bassista e chitarrista dei Madam di Marco Notari, decide di confezionare un disco dal sapore un po’ retrò, da sala videogiochi anni 80, dove i motivetti di tastiere accennate sono portanti per un genere sintetizzato e riflessivo, quasi a raccontare immagini enigmatiche dove storie di tutti i giorni si intrecciano con i pensieri dell’autore.

Ecco allora che alle chitarre accennate si sovrappongono batterie elettroniche e piani leggeri che contornano un vissuto di parole pesanti che bruciano qualsiasi speranza di cambiamento.

Il suono a tratti ricorda l’esordio di Michele Maraglino mentre la poetica è figlia dei cantautori post 2010.

Canzoni sicuramente riuscite sono “Regionale At-To” un pezzo sulla disillusione del viaggiare per raccontare, ma solo se si riesce ad arrivare…mentre brano dalle tinte marcatamente provocatorie è “Moderno”: “Io sono figlio di nessuno e per fortuna ancora padre di nessuno…lei è intellettuale legge e si droga…”

A finire Offlaga sound nei “I Masochisti?”.

Sburlati parla al popolo con parole semplici e dirette, concetti affascinanti rivisitati con stile e egregiamente suonati.

Un album che ha il piacere di condensare frasi e vita, amore e solitudine, una solitudine che resta, anche senza frasi vuote nella testa.

The Geex – The Geex (DreaminGorillaRecords)

A Maggio è uscito un piccolo dthe-geex-musica-the-geex-episco di quattro pezzi suonati al limite.

Un gruppo di ragazzi che si divertono a portare chitarre granitiche contro il muro del suono mescolando basso interpoliano a chitarre opethiane senza cadere nel banale.

Un biglietto da visita pienamente sfruttato lungo le tracce che si lasciano andare lungo sentieri ecologisti e impegnati, di denuncia sociale e rigoroso combat style come nella maestosa “Africa”.

Il disco dei torinesi raccoglie numerosi spunti che i quattro dovranno saper cogliere in profondità per un pieno full lenght.

Le premesse ci sono tutte, anche perché qui si attinge a una cultura musicale approfondita e preparata che ha il suo pieno sviluppo nella ricercatezza inusuale dei testi.

Un lavoro semplice e allo stesso tempo ricercato con gli occhi che guardano verso destinazioni lontane.

Là-bas – Là-bas (Lavorare stanca)

Una band che raccoglie perle nei fondali marini, cercando solo le migliori e consegnandole come un dono a noi ascoltatori intenti ad assaporare qualsiasi sfumatura della bellezza.

Una bellezza che si fa ecoverco poetico e portavoce di un’analisi della parola amore che, svalutatasi nel corso di questi anni, rinvigorisce come pioggia leggera a bagnare un popolo poco attento a questi interventi raffinati, sperando invece nella rima facile e nella canzone usa e getta da consumare durante l’acquisto della maglietta di moda.

I Là-bas non sono questo anzi sono tutt’altro: sono una band presente da molti anni nel panorama della musica underground italiana, una band che con questo disco omonimo e grazie alla collaborazione di Fabio de Min (Non voglio che Clara) segna una traccia importante nel panorama della musica cantautorale.

Ci si possono ascoltare I Perturbazione che dibattono Sartre con Francesco Bianconi, tanto è il simbolo perduto, il concetto predominante da rincorrere e tenere a se, tanto è il senso della vita, quella vita che non ha senso a priori se non è vissuta, ma acquista valore in base al senso che sceglieremo per essa.

Le canzoni dell’album sono un concentrato di amori e illusione, di apparire lontano, in fondo, per non rischiare di avere ragione; l’essere umili già nelle piccole cose il significato forse più vero del disco che in canzoni come “La fine dei romanzi” , “La sera” e “Il nostro periodo americano” raggiunge un infinito ipotetico di immagini e parole da ricordare.

Una prova di notevole struttura che mi auguro possa fare emergere questi ragazzi piemontesi all’attivo dal 2003, un album questo che dovrà raccogliere il giusto consenso all’occhio degli esperti di settore per lanciare in aria questo aquilone cullato dalla magia del vento, laggiù sul mare.