Cannibali commestibili – Cannibali commestibili (Overdub Recordings)

album Cannibali Commestibili - Cannibali Commestibili

Un viaggio metafisico ed essenziale che apre all’inquietudine sonora fatta di potenza incontrollata e sali scendi che verticalizzano il nostro io per andare a sbattere chissà dove. I Cannibali commestibili confezionano un dischetto davvero eccitante che partecipa ad un’elettricità di fondo che si insinua lentamente e corrosiva si espande attraverso i flutti di coscienza che pervadono la nostra oscurità, tutta l’oscurità che avanza. Il disco dei nostri non è soltanto un modo come un altro per rompere le finestre del cuore, ma piuttosto è una capacità disintegrante di sondare il terreno dopo aver compreso appieno i meccanismi di questo mondo malato. Pezzi come l’apertura affidata a Gordon Pym, piuttosto che Qualche corpo, L.A., Ingranaggio fragile sono solo alcuni degli esempi di un rock martellante suonato a tutto volume. Ciò che ne esce è un disco compatto, disorientante, a tratti angosciante. Un album carico di adrenalina per palati esigenti.


Fukjo – La musica, il mare e la deriva occidentale (OverDub Recordings)

album La Musica, il mare e la deriva occidentale - Fukjo

Sotto assedio a recuperare attimi di realtà sprofondando nelle vicissitudini di tutti i giorni e tentando di uscire allo scoperto, tentando di andare oltre l’etere contemporaneo attraverso movimenti melliflui che sondano l’atmosfera per dosare forze e speranze in un crocevia di impostazioni che rimandano di certo ad una scena alquanto contemporanea. Il nuovo dei Fukjo costringe l’ascoltatore a captare essenze rock di gioventù attraverso poesie in musica ristrette  e criptiche condensando agglomerati di questo vivere in un solo e unico istante. Irrimediabilmente i nostri ricordano i Verdena, destrutturati a dovere e impiegati a circondare le undici tracce proposte di una maturità coesa e senza fronzoli, una maturità che si perpetua di pezzo in pezzo. In queste canzoni c’è una rabbia nostalgica, a ricordare il grunge che non c’è più. Una rabbia che per la band pugliese è momento catartico ed essenziale per ritrovare dentro alla propria anima un gesto che li porterà sempre e comunque ad essere altamente e maledettamente reali.


KiwiBalboa – Natale in Argentina (OverDub Recordings)

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Sostanza materica che esplode attraverso contagi urbani di bisogni da accatastare al suolo, da accatastare per questa e altre meraviglie sussurrate e gridate, lanciate in aria e in estasi colpire, in estasi abbracciare una meraviglia sonora di incontri, di scontri, di sputi a terra e di esigenze in simultanea di creare qualcosa di nuovo. Ritornano i KiwiBalboa, ritornano con un disco compatto, accelerato, bisognoso di gridare al mondo una propria appartenenza, un proprio stato d’animo, mescolando alternative, mescolando rock di potenza con testi sempre costruiti per lasciare il segno. Un cantautorato aggressivo che non cerca le mezze misure, ma intercede grazie ad una maturità artistica davvero sorprendente. Pezzi come Magari No, Incendio, Ponte Garibaldi, la stessa title track lasciano il segno, percorrendo, con preponderanza notevole, costruzioni da primi della classe. Bravi.


 

Cleisure – Hydrogen Box (Overdub Recordings)

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Sound americano che recupera le visioni d’insieme per un’accelerata espressiva in cui i contrasti sono materia essenziale per comprendere posti e ambizioni fuori controllo, per comprendere risultati e sensazioni che si dipanano oltre le nebbie e il grigiore di ogni giorno. Hydrogen box parla un linguaggio del passato pur confondendosi con produzioni odierne. Riesce a chiarire costruzioni che si fanno tangibili e opposte in un contrasto di capacità nascosta nelle viscere e pronta ad esplodere quando meno te lo aspetti. I Cleisure corrono alla velocità della luce. Costruiscono e distruggono nello stesso tempo le certezze che abbiamo. Sanno amplificare a dovere soluzioni complesse e nel contempo accrescono un bisogno viscerale di passaggio dal garage al punk, dal rock ‘n’ roll a qualcosa di più raffinato e misterioso. Attenzione perché Hydrogen Box non è un disco così facile, le sorprese si annidano ad ogni squarcio di nostra realtà.


GarageVentiNove – Il male banale (Overdub Recordings)

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Disco che intreccia il male raccontandolo sotto diversi punti di vista in una ricerca tendente all’immaginazione fatta di cupezza e oscurità abbagliante in un vortice concentrico di ambientazioni sintetizzate a risanare e a recuperare in qualche modo l’abbandonato. Suoni a profusione si fanno strada attraverso una musica in simultanea con l’intorno a creare un intero che sulle note di un noise rock d’apparenza sfonda il muro della quotidianità a cui siamo abituati per dare forma ad una musica in costante mutamento. Il male banale si sofferma sulla realtà che viviamo giorno dopo giorno e i GarageVentiNove sanno costruire architetture ideali che in questa piccola rappresentazione trovano il loro gusto di appartenenza, la loro forza vitale. Dieci pezzi che assumono a tratti le connotazioni di un post punk scardinato per l’occasione e grondante ideali da far valere da qui al futuro. 


Lightpole – Dusk (Overdub Recordings)

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Suoni profondi e oscuri che provengono dalla materia lasciata in disparte conquistando percezioni d’oltretomba ad intersecare vissuti e contrasti che rimangono sedimentati nel tempo e difficilmente se ne volano via. Il disco dei Lightpole è un incrocio vivente tra gli anni bui segnati alla voce ’80 e qualcosa di più moderno che prende ispirazione dal mondo nordico attraverso melodie rock sporcate dalla psichedelia che danno la possibilità di aprirsi a forme in tensione, costruite ad arte e perennemente in bilico con ciò che ci portiamo dentro da sempre. Dusk è un viaggio oltre i confini che noi stessi possiamo solo immaginare. Tra caverne di energia a tratti mistica e il favoloso mondo ricreato capace di prendere le distanze da tutto ciò che è attuale, i nostri danno vita ad una prova originale e ben strutturata, carica di tensione emotiva e di quel bisogno crepuscolare di comunicare sogni ad occhi aperti, realtà in divenire. 


Sendorma – Notturno 1 (Overdub Recordings)

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Rock imbrigliato nella luce degli anni ’90 a disquisire forme e costruzioni che si affacciano egregiamente alle idee mutevoli che avanzano ed esigono di ricercare una sostanza che si fa preponderanza nell’attimo, affondando radici nel vecchio per affacciarsi al nuovo. Immagini in dissolvenza si comprimono nella criptica messa in scena della vita dove a raccontare vicende, personaggi e narrazioni sono i Sendorma attraverso un rock ben ponderato dove i testi sono omogeneità che luccica e abbaglia e dove il substrato e l’apporto di nomi come Luca Vicini, già con Subsonica, Giovanni Versari al mastering con nomi simbolo quali Muse e Il teatro degli orrori portano l’intera composizione ad affacciarsi ai testi elaborati con l’aiuto di Luca Ragagnin, poeta e scrittore che dona potenza controllata ad un cerchio che si chiude e si riapre davvero importante. La traccia d’apertura Alba lenta è qualcosa di eccezionale e ipnotico capace di convogliare materia in pezzi come Diamanti e asfalto, Il potere del silenzio o la finale Notturno per un album composito che sfiora incursioni post rock in grado di diventare bagliore omnicomprensivo oscuro e di rara introspezione.

Glory of the supervenient – Glory of the supervenient (Overdub Recordings)

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Disco di improvvisazioni cosmiche capace di legare il progressive alle sensazioni di una musica strumentale che entra in simbiosi con le nostre caratteristiche peculiari, con la nostra infinitesimale coscienza, allargando un ampio spettro di prospettive nel richiamare l’attenzione su geometrie quasi matematiche, da accogliere, da sentire e da far vibrare in un contesto sensazionale che rivolge gli occhi e la mente alle divagazioni post anni settanta, Mike Oldfield e il suo Tubular Bells su tutti, in una struttura difficile da incasellare che lascia giustamente spazio ad una forza creativa che questo gruppo possiede riuscendo a trasportare l’ascoltatore in un mondo lontanissimo e ricoperto di sostanza cangiante da I: The destiny fino a Path of the night, per undici tracce che hanno il sentore di qualcosa di ultraterreno, di elettronico, mutevole e ad ogni nostra motivazione quella potenza e forza di volere dare uno sguardo al tutto che cambia nel raggiungimento di una pace interiore definita dalle frequenze musicali e dai sentimenti di abbandono e ritrovamento che pervadono l’intero lavoro.

Let it slide – A small step forward (Overdub Recordings)

Le viscere del punk rigettate sul pavimento nella speranza che il nostro grido si possa ancora ascoltare nella ruvidezza del giorno, nella tenebra della sera, nella luce del mattino che ammalia e ci costringe ad ascoltare questi pezzi pesantemente compressi e pronti ad esplodere, segno dei tempi e delle tentazioni, imbracciando una chitarra e una batteria capovolta a linee di basso martellanti in un suono prettamente californiano intersecato dall’alternative sferzante in grado di attraversare speranze, sogni e abbandoni in un disco, quello dei Let it slide che coinvolge e da il senso e il gusto per un’internazionalità fuori controllo, diseredata e da pogo totale per suoni accattivanti e in bilico tra Offspirng e qualcosa di più pesante come Rancid, per citarne qualcuno, in un delirio rappresentato da una tartaruga in copertina, che nella calma del suo incedere riconosce la meta a chilometri di distanza.