Plasmaphobika – Plasmaphobika (Red Eyes Dischi)

Suoni incapsulati in potenza che imbrigliano le distorsioni e incentrano l’energia di un suono proveniente dagli anni ’90 e immagazzina un prodotto che parte dalla pancia per esplodere in testa per una produzione breve e arrabbiata, malata e sudata attraversata da un suono claustrofobico e stoner quanto basta per assaporare l’emblema di un tempo che non c’è più, un suono che rimanda a richiami mai incapsulati per costruzioni e architetture sviscerate in due canzoni cerebrali che trasformano la realtà in un incubo ad occhi aperti. Un corpo e l’infinito e Progenie sono linfa essenziale per piantare frutti di nichilismo e distruzione in territori da far decomporre e far rinascere sotto una nuova stella.

Giovanni Peli – Gli altri mai (Ed. Mus. Ritmo&Blu)

Cantautorato per ambienti poco arredati dove la luce fioca di una Primavera che tarda ad arrivare si insinua lentamente tra la polvere dei libri più belli lasciati a vivere sopra ad un comodino di cose lasciate mai al caso, ma vissute appieno ricordando in qualche modo le proprie radici, ma nel contempo uscendo dal coro in maniera naturale, impercettibile, inondando le forme createsi dall’ascolto di queste canzoni con meraviglie acustiche pensate per coprire la distanza tra i giorni, la distanza tra il fare e l’amore, dove i sentimenti riescono ad imbrigliare l’anima per trasformarsi in canzoni che hanno il sapore del tempo passato e di un sottile legame con il presente. Tra Luigi Tenco e I Non voglio che Clara il nostro Giovanni Peli, autore e musicista bresciano, riesce a trasformare le canzoni in cassa di risonanza per le ore del giorno identificandone contenuti con pezzi simbolo di una creatura in divenire, attenta ai gesti, attenta alle parole, da poeta navigato a chansonnier fuori dal tempo il nostro intasca una prova che si muove tra le nebbie dei nostri mondi alla ricerca di un paesaggio da poter scrutare nitidamente.