The child of a creek/Fallen – Secrets of the moon (PSYCHONAVIGATION RECORDS)

Eccolo qui di nuovo a ricreare colonne sonore senza tempo, aggiungendo un nuovo nome enigmatico a definire il tutto in parte sospeso tra sapori di terra d’Albione musicata in sonorità cosmica degna di qualsivoglia film epocale che non stanca, ma che si fa essenza e sottofondo per i nostri viaggi interstellari.

Un sapore etereo che colpisce per freschezza contrapposizione sonora Enoiana che potrebbe benissimo concedersi di dare un senso, di dare un colore allo spazio che lo conserva, quasi fosse un messaggio da lanciare in orbita, nell’oscurità più totale, malinconie sonore e stroboscopiche relegate al nulla che avanza e che attanagliano senza delineare, ma dando un senso totale solo nell’ascolto completo dell’intera prova.

I segreti della luna noi non li conosciamo e mai forse li conosceremo, questo disco però è il mezzo che ci permette di ammirare la bellezza ignota di questo satellite, coinvolgente, dissacrante e splendido nella sua infinita grandezza.

Opera d’arte naturale che ha ispirato ed ispira poeti, scrittori e musicisti; pezzo indissolubile legato al nostro io.

Il viaggio parte e noi siamo a casa tra splendide evocazioni, fino alla fine del mondo, unico punto di partenza per vedere il tutto in un modo diverso, tra orchestrazioni Zimmeriane e savoir faire di musicista d’eccellenza.

The child of a creek – The earth cries blood (Seahorse recordings)

Rapiti dalla fantasia di un folk singer visionario ci accingiamo a recensire l’ultima fatica di “The child of a creek” intitolata “The earth cries blood”, quasi un concthe-child-of-a-creek_the-earth-cries-blood_1367498603ept album evocativo in cui lasciarsi andare a costanti echi e riverberi di terre lontane e dove la simpatia per gli anni ’70 è evidenziata dall’approccio prog e ricercato nei suoni e nei colori che l’album riesce ad evocare.

Il disco è composto da 11 canzoni ben strutturate, ma imprevedibili, dove anche la singola sfumatura è pensata per emozionare e lasciar posto ad un incedere vagamente Barrettiano in cui assoli elettrici psichedelici si intrecciano marcatamente a digressioni tastieristiche di archi sintetizzati e gocce di suoni a piovere dal cielo.

Il toscano Lorenzo Bracaloni nel suo quinto album in studio riscopre la passione per l’arte concettuale, l’ascetismo quasi profetico e un uso, il più disparato, ma magistrale, di strumenti digitali e fiati elettrizzati.

Questo giovane uomo esalta con coraggio la solitudine nascosta, una passeggiata su di un colle alla ricerca di se stesso e ogni incedere di passo riconduce a frammenti di memoria persa nel tempo, la quale solo attraverso parole come  abbandono e malinconia, riesce a dare un senso alla propria vita.

I pezzi rispecchiano appieno questo viaggio ultraterreno e gli attimi di riflessione sono costituiti da vere e proprie scariche sonore che toccano l’apice in pezzi quali “Morning comes” e “Terrestre”.

Un cantautore che ha scelto la propria via sofisticata, ma che in chiave live è in grado di creare bucoliche atmosfere utilizzando la sola voce e la sola chitarra, quest’ultime capaci di mantenere quell’equilibrio nel pensiero e nell’animo, accompagnandolo verso lo scorrere leggero dei giorni che verranno. Rapiti.