Nevica – Tengo (Area 51 Records)

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Disco oscuro e in qualche modo ovattato che costringe l’ascoltatore ad entrare all’interno di un mondo che si ispira all’opera di Murakami 1Q84, già similare per alcuni aspetti all’orwelliana 1984, per un album intellegibile e pronto a stupire ascolto su ascolto. Il progetto Nevica di Gianluca Lo Presti è un pugno allo stomaco al perbenismo da salotto e di certo non consola prima di andare a dormire, ma piuttosto si muove tra un’alterata percezione della realtà e un bisogno di comunicare un futuro distopico e spaventoso, un futuro fatto di generazioni affondate per sempre nell’ineluttabilità costante. La terribile bellezza dei temi trattati si sposa con una musica d’insieme ragionata ed eterogenea nella sua complessità. Tengo si muove tra territori che ricordano il miglior rock alternativo degli anni ’90 fino ad approdare ad un uso contemporaneo di sintetizzatori e costruzioni mentali che ben si amalgamano con questa proposta. Gianluca Lo Presti costruisce un mondo dentro ad un altro mondo, riesce a dare spazio all’immaginazione creando un concept di rara intensità.


Medicamentosa – Floodd (Tempura Dischi)

album Floodd - Medicamentosa

Incroci di psichedelia con la techno ad incontrare un vortice discostante di previsioni catastrofiche e segni del destino in un mare in tempesta che non dona aspettative, ma piuttosto toglie aria all’ambiente circostante trasformando il tutto in ambizione composta che può solo dare buoni frutti. Il disco di Medicamentosa è un EP che si muove alla velocità dell’acqua recependo un bisogno di appartenere a questa terra attraverso la creazione di cinque pezzi che muovono tra cielo e profondità marine ad incontrare soluzioni che ricordano una calma apparente pronta ad esplodere. Floodd è un lavoro complesso, stratificato e nello stesso tempo immediato. Raggiunge l’ascoltatore con un tiro micidiale e di contro sedimenta ragionamenti che vanno oltre le architetture a cui siamo abituati. Una scossa profonda quindi, un punto di contro, un’origine costante di ripresa e abbandono. 


Diana – And you can’t build the night (Dischirotti)

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Disco notturno che ricorda un camminare lento e sospeso su strade avvolte da oscurità e notte a rinfrancare gli animi, a celare dietro la maschera dei cliché un punto di svolta e una personalità in definizione. Il disco di Diana è strutturalmente ineccepibile, le canzoni colpiscono con suoni architettonicamente mossi da un’elettronica mai esagerata, ma piuttosto ponderata e silenziosa che ricorda le ambientazioni sonore di gruppi come gli Amy Can Be. And you can’t build the night è un esordio convincente sotto molti punti di vista. Belle le interpretazioni di un mood metropolitano e introspettivo, bella e notevole la scelta di alternare brani in inglese con quelli cantati in italiano a creare una commistione di genere essenziale nella sua meraviglia più profonda. Da Lost fino a Festival la nostra riesce nell’intento di creare un disco circolare e anche un po’ ambizioso, un album concentrico che guarda oltre i confini nazionali, ispirandosi ad un’internazionalità sospesa e invidiabile. 


Frances P – No regrets (Autoproduzione)

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Impressioni cantautorali sulla tavolozza della vita capaci di costruire in simultanea, quasi in una dimensione live, immagini che via via estendono le proprie convinzioni all’interno di una musica prettamente acustica capace di entrare a pieno diritto sul palco della nostra quotidianità. Spiriti affini con le grandi del passato poi allargano visioni in simultanea con le corde della nostra Francesca Pires, in arte Frances P, giovanissima musicista in grado di attraversare decadi di r’n’b con una grinta fuori dal comune e che donerà sicure soddisfazioni nei giorni a venire. Solo quattro canzoni, ma un ottimo biglietto da visita, per un EP di solitudine e mistero, grazia sospesa e bisogno di comunicare al mondo una propria appartenenza, uno stato apparente di calma celata pronta a ricoprire di fiamme e calore questa nostra esistenza. 


Space Traffic – Numbness (Autoproduzione)

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Suoni che provengono da galassie misteriose intavolando un buio concentrico e trasformandolo in preziose canzoni che oltrepassano il traffico simultaneo del nostro naufragare. Gli Space Traffic creano approcci che rimandano ai grandi album del passato, a quei concept album intrisi di significato e pregni di preponderanza nel panorama musicale. Numbness è un insieme di musica rock ben improntata che scivola dalla stessa title track fino a toccare quella The dream in versione live che dimostra la capacità intrinseca della band di formare impressioni e suggestioni anche fuori dalla canonica sovrapposizione da studio. L’idea di fondo sembra molto buona e i nostri riescono a convogliare immagini che ben si prestano ad ampliamenti futuri per un progetto che racchiude, nella sua interezza, segreti da celare e tanto desiderio di fare della buona musica ad ogni latitudine. 


Randevu – Randevu (Bassa Fedeltà)

 

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Musica discostante di meraviglia inarrivabile in simultanea con un approccio autorale che scivola oltre i confini prefissati e stabilisce un rapporto sincero e perenne con una personalissima visione del mondo. Randevu è l’esordio del trio italo-francese omonimo che spiazza in qualche modo per intrecci vocali mai sopiti, ma piuttosto in primo piano per concentriche diffusioni musicali davvero sorprendenti capaci di mescolare lingue e stili in un mix unico. Masterizzato negli Abbey Road Studios il disco dei nostri racchiude preziosi segreti che via via sembrano aprire la strada a pezzi come Follow me, The gipsy, Love is all, Sunflower, Sophie, necessari questi per comprendere una poetica che abbraccia vicoli, strade, marciapiedi e ciottolato urbano ad esplodere poi in raggi solari che sfiorano la campagna. Racconti e memorie, vissuti personali assaporano una libertà unica e precisa per un album d’insieme che attraverso innumerevoli sfumature riporta in auge un romanticismo essenziale. 


Larocca – Ventizerotre (Place To Be Records)

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Suoni caldi e avvolgenti provenienti da un’altra epoca abbracciano le idee e le ispirazioni del cantautore pugliese Larocca attraverso un insieme musicale costante di bellezza mai sopita, ma pronta ad entrare nelle fotografie di un tempo passato, mosso dall’incertezza, ma anche dal ricordo più puro. Ventizerotre è un sodalizio inestinguibile con la migliore canzone d’autore italiana, un insieme costante di energia catalizzata nel momento, talvolta sporcata da un blues impreziosito da una resofonica imbrigliata chissà dove a recidere il tempo che fu attraversando parole che sono capaci di creare mondi inafferrabili. L’intero album masterizzato da Giovanni Versari vede la partecipazione, nel singolo Contorni, di Tommaso Colliva al prezioso missaggio a ribadire un peso importante nell’intera proposta ascoltata. Larocca esordisce con un disco davvero unico e personale, pregno di poesia e lirismo mai scontato, capace di navigare oltre i secoli che ci appartengono. 


Incomodo – Smalto (VREC)

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Rock ammiccante ad una modernità che non si lascia imporre, ma piuttosto è ambiziosa di attingere novità attraverso suoni che percorrono veloci punti di vista e nuove angolazioni. Gli Incomodo ci regalano Smalto, il loro secondo disco, prodotto per l’occasione da Pietro Foresti e ricco di rimandi ad una scena che ingloba Le Vibrazioni, Il Nucleo, i Negramaro, concedendo ampi margini di capacità intrinseca anche se, in minima parte, peccando di originalità. Smalto è un prodotto che suona omogeneo, disteso e pop, un disco ben arrangiato nella sua complessità che trova già nella title track un punto di partenza davvero interessante per diramare visioni di un mondo creato per l’occasione e ampliato poi in canzoni come Il peso della testa, Isola a vela, Non essere cattivo. Smalto è un lavoro diretto, poetico e romantico, un album dove le parole prendono forma e hanno il giusto peso in un insieme di canzoni che ricoprono con uno stile definito un progetto che può davvero dare ancora tanto. 


Gianmaria Simon – Low Fuel (VREC)

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Atmosfere desertiche e polverose che imprigionano l’ascoltatore all’interno di un mondo gravido di sogni e speranze riflettenti una stabilità che in questo caso non è sicurezza, ma piuttosto ricerca di un universo nuovo da abitare. Il disco di Gianmaria Simon si muove attraverso territori desertici, in direzione ostinata e contraria, toccando vertici di una poesia che investe e ci porta lontano con la mente e con gli occhi, in fumosi luoghi abitati da poche persone, incrociando blues, folk, rock per una prova d’autore davvero importante nella sua interezza. Da Malestante, vero e proprio inno di una opera che si apre ad una nuova luce fino a Danza zoppa, il nostro attraversa angoli di ironia tagliente e strutture che via via si definiscono per poi sorprendere di nuovo ascolto su ascolto. Low Fuel è un disco da assaporare istante su istante, un album che sedimenta ambizioni e lascia spazio al viaggio come punto di fuga e incontro verso un’altra realtà. 


Il gigante – La rivolta del perdente (Jap Records)

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E’ un fiume in piena costante che attanaglia, abbraccia, respinge con forza le simultanee presenze di un’era che esplode e percepisce gli attimi come fossero scintille da far scoppiare per rimarcare ancora una volta il proprio nome o perlomeno il proprio stato di appartenenza. Il gigante è un progetto musicale, una band fatta di chitarre in deflagrazione continua formulate per alternare momenti di tranquillità con un qualcosa di movimentato e concentrico capace di entrare a piè pari attraverso mondi dissolventi creando immagini di fondo accompagnate da suoni che ricordano FASK e Majakovich per una potenza mostruosa, a tratti assordante, da recepire appieno in chiave live. La rivolta del perdente è un disco che ti entra nell’immediato all’interno delle vene, un album caldo con delle grosse potenzialità da verificare su di un palco, un album che compie un viaggio concentrico di sola andata verso le guerre che ci portiamo dentro e le sconfigge lasciando in disparte l’ego di un mondo che ha smesso di lottare.