Olden – Cuore Nero (VREC)

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Disco nero suadente ad imbrigliare anfratti di luce simultanea in grado di attraversare questi giorni apatici con una poesia intimista e solitaria che si scontra con le vicissitudini moderne di un mondo in cambiamento. Olden ritorna con un disco ben diverso dai precedenti e figlio di questi tempi assurdi. Un album dove i sentimenti umani affrontano la realtà e contribuiscono a creare una sorta di amplificazione analitica dove il viaggio interiore diventa un mondo del tutto naturale per confrontarsi con l’esterno. Una sorta di rock d’autore per il nostro, a tratti parlato, mai pienamente cantato. Un gridare alla posterità la perdita di salvezza. Effimera visione, oppio dei popoli qui decantato attraverso pezzi che sono pugni allo stomaco al perbenismo esteso. Notevole la title track. Importanti poi pezzi come Un figlio solo, Per diventare un fiore, Rinascere altrove o Le nostre vigliacche parole mancanti con Pierpaolo Capovilla ad imbastire un disco che porta con se il colore del cambiamento o più marcatamente il colore di questo nostro tempo.


Olden – Prima che sia tardi (VREC)

Romantiche visioni introspettive affondano il coltello all’interno di ferite mai ricucite e pronte a vibrare azione ascolto su ascolto. Percepibili sensazioni si stagliano all’orizzonte costruendo un’impalcatura di cristallo contro le condizioni meteorologiche di questi nostri tempi malati. Il nuovo disco di Olden, il quinto album in nove anni, è un substrato di coscienza emozionale che ricorda, per certi versi, la poesia contemporanea di Unorsominore e si attesta a ricreare atmosfere che divagano nell’etere e inaspettatamente sono pronte a colpire, sono pronte ad insediarsi pian piano per riaccendere mondi, riaccendere speranze. Prima che sia tardi è un insieme di tracce di una bellezza quasi immacolata. Dalla title track d’apertura passando per Aquilone, L’oca nera, Cuore mio, Fiume amaro cantata con Umberto Maria Giardini nel finale il nostro riesce ad unire malinconia, forma e sostanza in un album concepito per raccontare stati d’animo in divenire e carichi di atmosfera che affondano le proprie radici nella nostra quotidianità in declino. Discone.


Olden – Ci hanno fregato tutto (BProduzioni)

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Olden è tornato è parla della realtà che ci circonda, lo fa con termini diretti e immediati capaci di penetrare la carne e sconfinando tra i generi con una facilità disarmante, tra un cantautorato di inizio millennio e uno sporco garage rock spruzzato da un grunge dei primi ’90 in modo da implementare le sfumature presenti e dando alla luce un disco che parla di noi, di tutto quello che ci circonda e di tutte le imposizioni opprimenti di una società che alla fin fine ci vuole carne da macello per i propri scopi consumistici. Olden però ci insegna ad alzarci, a guardare lontano, ricercando aspirazioni per la creazione di una propria soggettività che farà scuola, oltre le mode del momento, oltre il pensiero diffuso e comune, tra l’abbandonato e tutto ciò che possiamo trovare all’interno di noi stessi; il nostro confeziona un disco che si fa riascoltare e va apprezzato non solo per forma, ma anche e soprattutto per contenuti, implementando una formula già sentita con il precedente, dando spazio e sfogo ad una fantasia che proprio nella realtà raccontata trova linfa vitale per nuovi apporti di sincerità e lotta vissuta.

Olden – Sono andato a letto presto (GoodFellas)

Basta poco per fare un gran disco, arrangiamenti scarni, una voce in primo piano, la chitarra acustica a tenere il ritmo e tutto il resto è poesia.

Questo ce lo insegna Davide Sellari, in arte Olden, che racchiude in undici tracce il proprio modo di pensare, di affrontare la vita, quasi fosse un eterno viaggio, un viaggio a cui non possiamo rinunciare costruendo il cammino volta per volta.

L’idea che salta in mente di questo giovane è una sagoma in lontananza che gira le strade d’Europa a cantare un’italianità persa, sogni infranti e vestiti da ricucire per l’ultimo grande ballo.

Un cantastorie da bordo strada, un cantastorie vecchio stile, quando ancora non bastava altro che un’acustica per emozionare, per farti sentire vivo in qualunque posto andassi.

Mi piace pensare che nel 2014 riesca a vincere ancora questo tipo di musica, che non trova mezze misure in elettronica da strapazzo, ma si concede una voce in primo piano che regala emozioni a non finire.

Tutte le tracce sono racconti, di una vita normale, che siamo noi giorno dopo giorno, come ci insegna Davide, a renderla straordinaria.

Un disco di colori e di luce, un disco di lunghi addii e di vita.