Moltheni – Senza eredità (La tempesta)

Ritrovare i cocci del passato e sintetizzarli all’interno di un disco emblema capace di catturare fotografie in bianco e nero in grado di accogliere la bellezza del tempo che passa e la sostanza metaforica del nostro essere vivi. Ritorna, dopo dieci anni, lo pseudonimo Moltheni a riempire di lirismo elevato una somma concentrata di episodi leggeri pescati nello scatolone del tempo e registrati e suonati con l’aiuto di musicisti importanti come Riccardo Tesio, Egle Sommacal, Massimo Roccaforte, Carmelo Pipitone ad impreziosire la scena. Ciò che ne esce è un album di buone canzoni. Ieri, Estate 1983, Nere geometrie paterne sono solo piccole parti di un disegno complesso che forse non riesce a prendere forma completamente, ma che nell’insieme regala una qualità intrinseca davvero invidiabile. Umberto Maria Giardini ritorna come fantasma di una vita passata per dare voce a quella parte di sé indimenticabile attraverso una sentita visione di ciò che è stato, di ciò che è.


Hibou Moyen – Fin dove non si tocca (Private Stanze)

Cantautore introspettivo e delicato che accarezza la vertigine del mare per affondare montagne sottosopra all’interno di un’acqua che sa cullare, ma che sa anche far male, grazie ad un sostanzioso appeal di ricerca cantautorale che ricorda molto i primi lavori di Umberto Maria Giardini – Moltheni, qui guarda caso in veste di produttore dell’intero album, per canzoni che si snocciolano nei meandri della nostra coscienza, donando freschezza a parole desuete e quasi dimenticate, ritornando in qualche modo a ciò che erano gli anni ’90 grazie anche a tutta una serie di corrispondenze con il folk malinconico americano; basti pensare a pezzi immaginifici e bellissimi come la traccia d’apertura Il naufragio del Nautilus, quella barca dispersa nel mare per poi toccare punte di alta poesia con Efelidi fino ai Miei Nodi e Pallida erba per un concentrato di solitudine misteriosa che riesce ad abbracciare la natura in un porto disperso oltre le nostre abitudini e per un disco in grado di farci riappropriare del tempo perduto, tra le cose lasciate e quelle che troveremo: un album questo che ha il sapore delle cose migliori, un cantautorato incontaminato che deve continuare ad essere preservato.

Umberto Maria Giardini – La dieta dell’imperatrice (Woodworm/La Tempesta)

 Ritorna Moltheni. Ritorna Umberto. Ritorna sottoforma di nuovo essere vitale: Umberto Maria Giardini.

Nel corso del tempo lo abbiamo potuto apprezzare nei suoi numerosi progetti primo fra tutti con lo pseudonimo Moltheni, passando per i primi Hameldome e gli ultimi Pineda.

Non chiamatelo ancora Moltheni però.

Questo ritorno sancisce un processo di maturità notevole accompagnato anche nei live, da una formazione tutta inedita rispetto al passato, niente basso, ma con Marco Maracas alle chitarre elettriche e pedali, il prof. Giovanni Parmegiani piano Rhodes e organo e Cristian Franchi tamburi.

I suoni sono quasi più cupi rispetto ad un tempo, molto curati e riverberati, batteria lineare che lascia molto spazio a una voce dilatata e spettacolare come non mai.

Assenti chitarre acustiche, ma molte elettriche che creano atmosfere oniriche di arpeggi infiniti e piccoli assoli.

Contrappunti di cembalo a ridefinire un tempo quasi deforme, ma incantato.

Il disco parte con un brano strumentale L’imperatrice seguito da Anni luce in cui sembra di rincorrere nello spazio la persona amata, senza raggiungerla.

Il trionfo dei tuoi occhi cela una bellezza racchiusa nelle parole finali: Chiedendo all’acqua che ti dia la fatica mia.

Quasi Nirvana è un inno al cambiamento dei tempi…antiaderenti al mio cuore, ci si può sentire i Gatto Ciliegia in questi dialoghi tra le chitarre fino all’apertura degli archi vigorosi e imponenti quanto gravi.

Il desiderio preso per la coda inizia con echi di chitarra funky e si protrae per il resto del brano con la melodia portante in un riff destinato ad essere ricordato.

Discographia è un inno contro la multinazionale in se …vendimi in ogni megastore, cambia, muori fredda e gela,leggera aurora.

Fortuna ora anticipa Saga…dimmi che avrai oltre mille navi e cavalli perche’ e’ quello che mi spetta e che ruotero’ vicino a quei pianeti che hai creato con il fuoco per me…

Genesi e mail è il capolavoro dei nostri anni, un mondo di amici mai visti e mail per rintracciare qualcuno che mai conoscerai.

L’album infila due ulteriori perle con la psicadelia prog de Il sentimento del tempo e con L’ultimo venerdì dell’umanità…chiave chiudi i quaderni miei tanto a chi dovrei o potrei leggerli?

Un disco subito non facile, ma che entra e ti tocca le corde del cuore dopo qualche ascolto.

Mi auguro che ora Umberto resti ancora con Noi e che riesca sempre a regalare le meraviglie a cui ci ha abituato, senza dimenticare appunto uno stile e un’etica fuori dal comune.