Hibou Moyen – Fin dove non si tocca (Private Stanze)

Cantautore introspettivo e delicato che accarezza la vertigine del mare per affondare montagne sottosopra all’interno di un’acqua che sa cullare, ma che sa anche far male, grazie ad un sostanzioso appeal di ricerca cantautorale che ricorda molto i primi lavori di Umberto Maria Giardini – Moltheni, qui guarda caso in veste di produttore dell’intero album, per canzoni che si snocciolano nei meandri della nostra coscienza, donando freschezza a parole desuete e quasi dimenticate, ritornando in qualche modo a ciò che erano gli anni ’90 grazie anche a tutta una serie di corrispondenze con il folk malinconico americano; basti pensare a pezzi immaginifici e bellissimi come la traccia d’apertura Il naufragio del Nautilus, quella barca dispersa nel mare per poi toccare punte di alta poesia con Efelidi fino ai Miei Nodi e Pallida erba per un concentrato di solitudine misteriosa che riesce ad abbracciare la natura in un porto disperso oltre le nostre abitudini e per un disco in grado di farci riappropriare del tempo perduto, tra le cose lasciate e quelle che troveremo: un album questo che ha il sapore delle cose migliori, un cantautorato incontaminato che deve continuare ad essere preservato.