Bonetti – Dopo la guerra (Costello’s Records/Labellascheggia)

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Le guerre che ogni giorno ci troviamo ad affrontare sono guerre silenziose, sono guerre che scavano come un tarlo all’interno di noi e continuano a perpetuare legami negativi con la nostra coscienza, con il nostro venire al mondo in uno stato anormale, ma purtroppo consuetudinario che ci vede non più protagonisti del nostro destino, ma piuttosto succubi di un qualcosa a cui difficilmente riusciamo a dare un nome. Il disco di Bonetti racchiude tutto questo, racchiude un senso di comunicazione davvero importante, parla di periodi intensi legati al filo del ricordo, ma gettati inesorabili al presente con il fare di chi ricerca essenzialmente un fondo, un barlume di verità o perlomeno un sentiero più sicuro e onesto da seguire, incoraggiato da testi mai banali, da musiche essenziali, ma nel contempo meditate, sognanti e concepite per essere vissute come una vita intera. Abbandonando l’inutilità di questo e altri tempi per focalizzare l’approccio sul fulcro delle cose il cantautore piemontese consegna una prova lucida, personale e nel contempo universale, un disco che ci parla da vicino, un album in cui immedesimarsi diventa del tutto naturale. 


Montauk – Vacanza/Gabbia (LABELLASCHEGGIA)

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Punk di risveglio post o pre estivo che a dir si voglia incentrato su vacanze e affini, dove la stretta morsa della gabbia routiniana attesta le difficoltà di far parte di una società di per sé malata e accentrata nei confronti di un filo occidentalismo che annienta i costumi, annienta la bellezza e nel suo senso profondo annienta le libertà in nome di un progresso a specchio, un progresso fotocopia che vede nell’omologazione un’ancora di salvezza presumibilmente certa.

Montauk è una spiaggia guarda caso, Montauk è anche la rabbia però nei confronti di questo sistema e in queste canzoni, tredici per l’esattezza, le parole si sciolgono al sole in un soft hardcore prudente mescolato ad un pizzico di cantautorato nella ricerca testuale immagazzinando pezzi che si susseguono rapidamente e legati da un filo rosso che porta l’ascoltatore ad aprire gli occhi nei confronti di ciò che fa più male.

Da Privata a La neve si passa con facilità da una situazione ad un’altra tenendo a fuoco però quella necessaria guerra quotidiana che ha per nemico un bagliore effimero di velata importanza ritrovato per l’occasione grazie ad una rivolta musicale che parte proprio dal prendere atto che alla fine tutto ciò che è tangibile dura solo un istante.