Meneguinness – A chi non dorme (Autoproduzione)

Un disco che sa di pioggia, di acqua a bagnare i prati verdi e rigogliosi, di un verde quasi accecante, il sole che arriva dalla terra e quel sole che ci porta a ballare, che ci porta a far ballare il nostro corpo preso dalla frenesia non del tutto poetica del vivere quotidiano, il nostro corpo che ad un certo punto della nostra esistenza ha bisogno di ben altro per continuare a vivere.

Ecco allora i Meneguinness, band brianzola, che dopo quattro anni e più di 200 date in Italia decide che è il momento di sigillare il secondo album ufficiale e primo di inediti, condito da una dose di combat folk impreziosito dalla musica d’autore che di certo fa ricordare in primis band come MCR e Casa del vento a sancire definitivamente quel connubio con il luogo da dove veniamo, le nostre origini e le nostre radici.

Il senso di casa e terra dove abitare però abbraccia una vastità sempre più grande di significati ed ecco come il senso di barriera viene sradicato grazie a pezzi efficaci e mai scontati che raccontano attimi di vita vissuta veramente, tra il grigio fumo di Bergamo e quel finire dedicato a tutti i giovani dei nostri giorni, fragili si, ma portatori di speranza, a cancellare finalmente quei confini che ci vedono sempre più prigionieri e sempre meno cittadini del mondo.

AIM – Finalmente a casa (Autoproduzione)

Disco registrato in presa diretta, puro e cristallino che non intacca la genuinità e la veridicità della proposta condensata in 9 tracce e una durata che supera di poco i trenta minuti per un full length appassionato e soprattutto convincente.

Convince il totale cantato in italiano, testi taglienti, esistenziali e attuali che non scadono in banalità, ma attraggono, respingendo una realtà fatta di sciocchezze e inutilità.

I nostri alla quarta prova da studio, più due ep e oltre 300 concerti in Italia ed Europa, si rendono ancora più accattivanti con una proposta che strizza l’occhio a FASK e i primi Verdena, mescolando le carte di un post grunge con sonorità di ampio respiro in un turbinio di emozioni positive.

Il ritorno a casa è segnato dalla necessità di porsi, di farsi delle domande e forse anche nel rendersi conto che qualcosa è cambiato, nulla è come prima e la sostanza che prima ti apparteneva ora risulta essere motivo per ulteriori cambiamenti, per essere migliori e concentrati in un’idea di relazione che va ben oltre il comune pensare, in un’ottica di talentuosa rinascita e possibile vittoria.

Marco Fiorello ce lo dice, ci dice che la casa è Un posto buono da restarci dentro e ancora in Voglio il mio tempo: Noi grideremo sempre più in alto, non ce ne andremo, a sancire un pensiero indelebile in Dove è ancora più profondo: Vieniti a sdraiare, questo appartamento ha una sua magia.

Un disco per porte chiuse, sogni da vincere e fatiche da superare, alla costante ricerca di un suono che sempre più si fa vero, di quella veridicità che solo il tempo sa maturare.

Alanjemaal – Dalla Ruggine (Autoprodotto)

Dalla Ruggine è il primo album del gruppo Alanjemaal, rimasto nel cassetto per più di 10 anni e uscito solo ora quando la musica sembrava già aver detto e dato tutto e quando ancora si osannano le hardcore band o i folkettoni del quartiere.

Registrato  e prodotto nel 2001 da Fabio Magistrali (Afterhours, Marta sui Tubi, Perturbazione) l’album è caratterizzato da partecipazioni illustri come i coniugi Gigi Giancursi e Elena Diana dei Perturbazione che al tempo registravano l’immenso “In circolo”.

La band gira l’Italia per 20 lunghi anni e alle spalle porta con se un bagaglio non indifferente di concerti e presenze in numerosi progetti, come il tributo ai Franti con la canzone “Prete, croce, sedia, morte”.

L’album in questione è caratterizzato da sonorità ricercate a volte pop-rock, a volte noise, a volte psicadeliche.

Molti sono i brani strumentali e quando subentra Alberto Casiraghi riesce a dare quel tocco di originalità al tutto condensandolo con spunti di cantautorato.

Il bagaglio tecnico è elevato, si ascolti anche la sola “Memoria eidetica”, bellissima poi “Le colpe degli altri” che lascia vaghi ??? ricordi dei “3000” bruchi.

Si passa velocemente dal piano di “Articolare proposizioni” a “Via Corelli ballata per animi notturni e in cerca di pace perpetua.

“Allucinazione ipnagogica” lascia spazio all’improvvisazione, mentre ci avviciniamo alle ultime note dell’album con “L’uomo piange un antico oceano”: canto evocativo per organetto da band islandese, voci di bambini e passi che si avvicinano.

Una gran prova, che nel corso del tempo ha acquisito valore, come un buon vino lasciato ad invecchiare per ricavarne solo la parte migliore.