Clov – It’s all fun and games until someone loses an eye (Hysm?)

Svegliarsi e vedere ombre e nebbie, discostanti misure di lunghezza per comprendere in che posto ci troviamo e in che posto vorremmo andare, inebriati dalla presenza di una luce in fondo al tunnel e nel contempo spaventati da cosa questa luce ci può riservare, suoni amalgamati all’occorrenza per un progetto di cantautorato underground che accoglie umori e visioni di un altro mondo tra il folk psichedelico e le introspezioni sonore alla Trivo, chitarre sghembe e noise posturale incubato per l’occasione e pronto ad esplodere in un contesto da cameretta che abbraccia il mondo, in un contesto essenziale e specifico dove giocattoli a caso prendono il sopravvento in una stanza dove il disordine interiore si dimena e tenta di trovare una propria via di svolta, un proprio punto di fuga, un lascito personale, da Another useless story fino a Wise man suicide, passando per la polvere accantonata e la testa pronta a partire per un lungo viaggio, un viaggio che si impone tra passato e presente, un viaggio che si trasforma in quell’attimo che non ricerca la qualità, ma la pura sostanza.

Mico Argirò – Vorrei che morissi d’arte (Autoproduzione)

Mico ci vuole fare entrare nel suo mondo, attraverso occhi inquieti, attraverso occhi da scrutatore, scrutatore di un posto lontano in cui vivere, segnando nel proprio diario segreto i sapori di una terra in continuo cambiamento, attraverso una musica che è pura espressione di un qualcosa di internazionale, che abbraccia i miti e le sonorità di un tempo, trasformando le sensazioni interiore in approfondimenti meditativi che colpiscono al cuore, già dal titolo di questo album, per un’arte che si fa punto supremo del vivere di una nazione, contro destabilizzazioni politiche e culturali, l’arte come punto di svolta, di appiglio per un domani; una contemporaneità che si evince grazie ad un cantautorato efficace e presente, maturo e costruttivo in pezzi decisi e non in stato embrionale, anzi proprio nella title track o in brani come Money si esprime l’apice massimo di queste canzoni che si affacciano nella società e che dentro ci vogliono vivere, perché abbiamo davanti un musicista impegnato e capace, costante e creativo e proprio in questo vivere quotidiano il nostro Mico rilascia agli ascoltatori, brani che sanno scavare nella realtà di ognuno di noi.

Rocco Granata – Works (Autoproduzione)

SONY DSC

Composizioni malinconiche che abbracciano l’orizzonte e si inerpicano pian piano sopra i pensieri nella nostra testa, uno zaino di emozioni da regalare e soprattutto una trovata alquanto geniale e coraggiosa per un album stampato in 300 copie che non si potrà acquistare, ma sarà disponibile solo e soltanto attraverso due modi: la distribuzione attraverso il downloading gratuito e la diffusione del disco grazie alla presenza di vere  e proprie installazioni poste in parte dell’Italia da dove poter ritirare la propria copia; un progetto do it yourself in grado di aumentare il valore artistico di queste 12 composizioni strumentali che si muovono egregiamente tra minimal, elettronica e rarefazioni sacre tra l’analisi di mondi lontani che in modo concentrico si perdono per poi riavvicinarsi, si mescolano e conglobano il mistero creato nella bellezza del donare, nella bellezza di queste tracce che oltre alla presenza di Rocco Granata al basso, synth, sampling e alle orchestrazioni, annoverano Thomas Munz al piano e Lita Rodcenko al violoncello, un trio sospeso in stato di grazia, un trio che mescola nomi di fantasia, ma in grado di condividere tanta e tanta capacità di fondo che oltre a rimarcare la qualità della proposta si sofferma sul senso della musica nell’era 2.1, sul senso di ciò che facciamo per promuoverci e di quanti mutui dovremmo fare per far ascoltare la nostra musica secondo i dettami del mercato moderno; questo Works di Rocco Granata è un essere indie fino al midollo e ci fa capire che diversamente si può.

Per tutte le informazioni e per trovare i dischi vi rimando qui:

http://www.roccogranata.it/