Portami tra i rami di quell’albero che frutti non ha, non avrò paura se l’inverno verrà…questo è l’inizio di Serena, tra rami naturali che abbracciano la terra, un abbraccio che va oltre le stagioni e si condensa in ciò che appare reale, capacità espressiva e canora degna di essere e di far parte di un mondo che si nutre di docili note pianistiche essenzialmente accompagnate da chitarre sud americane e intrecci di archi in sovrapposizione che rendono prezioso il progetto.
Tra la cantautrice Lubjan e la cantantessa Laquidara la nostra espone i propri sentimenti raccontando al mondo che la ascolta peripezie quotidiane e leggere sofferenze velate da una malinconia d’autunno quasi ad incontrare certezze primaverili che si fanno solari nel caldo estivo che abbraccia, consola e soprattutto ama.
Serena canta l’amore, canta il bello attorno a noi e lo fa con una voce sempre all’altezza, capace di penetrare in profondità e scavare, con elegante attesa, ma senza ambizione, dentro a ciò che di più caro abbiamo.
Un percorso stilistico quindi che va oltre la ricerca del motivetto facile e ammiccante, quello di Serena sembra quasi un diario, delle parole in libertà capaci di raccogliere i frutti sperati da alberi sempre più alti e maestosi.
Un disco completo e leggero lo definirei, mai banale, ma di una bellezza vellutata e morbida capace di infondere coraggio da Incantata dal cielo a Bes de Diu, naturale proseguimento di tutte le cose, un ritornare alle origini tra il legno e l’erba il sole e le stelle.