Giuseppe Calini – Polvere, strada e rock’n’roll (Music Force)

Cosa possiamo dire di un musicista che è arrivato a costruire nella sua carriera indipendente diciotto dischi? Cosa possiamo dire di un musicista con una quindicina di Telecaster pronte all’uso? E ancora cosa possiamo ancora raccontare di un rocker a tutto tondo fedele alla linea oggi più che mai? Il disco composito di Giuseppe Calini, cantautore in rock che non ha bisogno di molte presentazioni, è un continuo ricercare vie percorribili all’interno di un’ispirazione importante che assottiglia sempre più il superfluo consegnandoci una prova dove passato e presente sono un continuo ricercarsi, un continuo venire alla luce. Sono dieci canzoni quasi improvvisate, cantate e suonate. Dieci pezzi capaci di uscire dalla penna della ragione per donare all’ascoltatore immediatezza contenuta nel classico della tradizione riuscendo a mantenersi grazie ad uno standard che non cerca voli pindarici, ma che piuttosto ambisce alla sostanza.


Giuseppe Calini – Verso l’Alabama (Music Force)

Cartina in mano, strada lunga e infinita a far da contorno e sabbia, tanta sabbia che si trasforma in polvere fino ad arrivare ad una città fantasma popolata da vecchi seduti sul tavolo di un saloon legnoso a bere l’ultimo istante di vita concessogli. Il rock di Giuseppe Calini, al suo diciassettesimo album, si avete capito bene diciassettesimo, è un disco di classic rock puro cantato in italiano. Coadiuvato dalla presenza degli ormai in pianta stabile Simone Sello (Vasco Rossi), Matt Laug (Slash, Guns N’Roses), Leonardo De Bernardini, Johnny Tad e al mix Mike Tacci (Metallica, Cheap Trick) il nostro intasca una prova di rock spumeggiante, duro e incisivo che si perde nei meandri di una voce e di una prosa metrica che rende onore al miglior Blasco e si afferma nel ricreare un immaginario collettivo abbagliato dal sole dell’istante appena trascorso. Verso l’Alabama è un viaggio prima di tutto, è un percorso che attraversa le origini del nostro essere senza chiedersi troppo, ma ragionando quasi per istinto, seguendo una direzione, vivendola profondamente fino al momento in cui, in fondo tra la prateria sconfinata, possiamo intravedere quel qualcosa chiamato casa.