Odiens – Long Island Baby (Costello’s Records)

Ritorna il vintage degli Odiens, ritorna con un disco intero davvero affascinante e sicuramente di grande impatto solare che ci trasporta indietro nel tempo di cinquant’anni facendoci rivivere a pieni polmoni gli stili ormai persi di una musica lontana e immagazzinata tra le balere e gli amori infiniti, i sussurri lungo il mare e le risate a rincorrere i giorni. Pochi gruppi nella nostra penisola riescono così incisivamente a dare valore a tutta questa bellezza in divenire, un approccio originalmente pop che non disdegna il surf e la psichedelia, ma a maggior ragione da valore all’idea di ballatona ammiccante senza scadere nel trash banale, ma piuttosto dando forma al ricordo sostenendo un insieme di tracce musicali che creano omogeneità e intensificano la visione con un’ironia sempre velata che però si sposa a pennello con il contesto ricreato. Canzoni come l’apertura Menage a trois (Meno due), Alka Seltzer, la stessa title track o Punjabi Surf non passano di certo inosservate. Una nostalgia che si fa arte quindi e fa degli Odiens degli stimati menestrelli pronti ad incantare raccontando di un certo vivere il mondo che non esiste più.

IN.VISIBILE – Exotic White Alien (Prismopaco Records)

Tuffo nel passato, tuffo nell’elettronica condivisa e unita a forme desuete di passaggio che incrociano gli anni ’80 con qualcosa di più moderno e nel contempo più arcano, quasi proveniente da un altro mondo o perlomeno distante dall’idea occidentale di musica per come la conosciamo. Nell’album di IN.VISIBILE si nascondono le fusioni con terre lontane, c’è l’amore per il suono metropolitano, sintetico, grigio e a tratti cupo con ambizioni che si affacciano alla musica magrebina e indiana in sodalizi che in questo Exotic White Alien si divincolano a dismisura dal già sentito e trovano un proprio canale di sbocco in una musica ben suonata e digerita, frutto di un lavoro di cesello e finemente lavorato ad arte, dando un senso maggiore al tutto con la partecipazione, ancora una volta, del produttore/musicista Lele Battista e di Paolo Iafelice nella fase di missaggio ad inglobare un punto sempre più alto nella carriera del musicista piemontese. Andrea Morsero in arte IN.VISIBILE costruisce una prova davvero interessante che sa mescolare con importanza la new wave e la psichedelia oltre oceani in un disco di sicuro impatto introspettivo.

Barack – Lose the map, find your soul (Prismopaco Records)

 

Viaggio cantautorale raffinato e introspettivo dove i colori di fondo oscuri si amalgamano in un concentrato di sfavillante sogno capace di intessere trame legate ad un mondo componibile, un mondo in costruzione che erige edifici di sabbia e li distrugge con la velocità della luce meravigliando l’ascoltatore con appeal emozionale e rapide ascese verso questo e altri universi, verso miriadi di stelle che si fanno veicolo linguistico per il cantautore di origini italo-francesi Lorenzo Clerici in arte Barack. Un cantautore dall’animo sopraffino che ricorda i lavori di Nick Drake fino a The Niro passando per le solitarie esigenze di Jimmy Gnecco e i suoi Ours in un cantato crepuscolare che si muove negli anfratti della nostra coscienza instaurando architetture di rara intensità. Pezzi come Lines, Lies, Victory sono in costante rapporto con un senso da costruire, un senso del tutto che si apre verso questo e altri traguardi per un confine superato che diventa linea proprio quando l’amore verso la bellezza trova il suo senso più profondo e da la possibilità a dischi come questo di uscire allo scoperto.