Lennon Kelly – Malanotte (IndieBox Music)

L'immagine può contenere: pianta e spazio all'aperto

Potenza combattiva che apprende dal punk folk la strada da seguire intessendo trame di sicuro appeal che ben si prestano a rappresentare questi animali da palcoscenico  in grado di scaraventare folle grazie ad una musica sempre sul pezzo, attiva, ironica, tagliente e pungente, mai banale. A tre anni dal disco d’esordio i Lennon Kelly tornano con un disco folgorante che non lascia spazio d’azione e non lascia respirare, si mescolano prontamente i suoni dell’Irlanda con un combat rock mescolato alla musica d’autore raccontando di radici e di attaccamento alla propria terra, citando Tolkien e i classici del passato, in una narrazione che si fa leggenda anacronistica e fuori dal tempo quindi per come lo conosciamo. Pezzi come Mazapégul sono necessari per entrare nel mondo dei nostri mentre canzoni come Nobel per gli stronzi non risparmiano di certo nessuno e non si pongono certo il problema della morale o del buon costume. Long John Silver sarebbe perfetta per una partenza senza ritorno, mentre la title track rinsalda il legame di una famiglia che stupisce canzone dopo canzone. Malanotte è una chiara dichiarazione d’amore per il proprio essere, un guardare al passato con gli occhi di un bambino riscoprendo la magia del momento, la magia di ciò che non tornerà più.

A Giant Echo – Songs by ghosts and machines (Autoproduzione)

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Un foglio ad accompagnare un disco, le cose genuine che piacciono a me, personali, scritte con il cuore e con una passione che non chiede info per recensioni facili o contatti ammiccanti, ma piuttosto punta sul personale, sul senso intero di un lavoro che viene prima di tutto dal di dentro. A Giant Echo è il progetto, uno dei tanti, di Sergio Todisco, per la precisione il disco totalmente autoprodotto Song by ghosts and machines è un album stratosferico sotto molti punti di vista. Ci sono echi ben delineati degli anni ’90 si incontrano le ballate acustiche degli Smashing Pumpkins con una voce che in certi fraseggi assomiglia a quella del Corgan migliore, passando poi per i richiami a ping pong vocali di band come Sigur Ros e intercettando le più moderne sensazioni che la musica di James Blake o Bon Iver sa dare in un concentrato davvero importante e ben arrangiato, un rock di matrice britannica che non disdegna un salto d’oltreoceano nel profondo senso di un cantautorato da stupore continuo. Quello che mi viene da dire a Sergio è di stampare il disco, quello arrivato era masterizzato, di investirci su qualcosina, secondo me ne vale assolutamente la pena in quanto originalità, capacità di scrittura e emozioni libere di creare sono tutti ingredienti che possiamo percepire in questa piccola opera contemporanea.

Orca – Estinzione (4inaroom Records)

Musica rituale derivante dalle profondità della terra, dal nostro inconscio che lascia presagire dissolvenze in evoluzione che si arrendono all’ineluttabilità del tempo, al nostro essere incapaci di fronte al mondo in decomposizione. Musica potente, disturbante, in grado di cogliere le sfumature della rabbia per trasportare il tutto all’interno di una bolla che può scoppiare da un momento all’altro che può esplodere in frammenti di anime perdute in un sound che accarezza il tribale, ma nel contempo anche lo screamo, l’hardcore e l’indecifrabile esigenza di urlare al mondo una propria appartenenza. Il tutto suona come una realtà omogenea e nel complesso gli Orca sanno il fatto loro, trasformando l’inutilità in qualcosa di potente e straniante e facendo percepire all’ascoltatore parole che entrano facilmente nella testa e nello stomaco senza lasciarlo più. Estinzione è un disco che ci tocca da vicino, è un parlare di vissuti e di futuro, delle metafore che riguardano l’umanità e di quell’esigenza di pieno/vuoto che risiede all’interno di ognuno di noi e che giorno dopo giorno cerchiamo di colmare oltre ogni concetto o realtà preimposta.

Le strade del Mediterraneo – MontDerSud (Autoproduzione)

Recensire un disco del 2016 nei primi mesi del 2018 è un fatto alquanto strano, non penso siano complici le poste questa volta, penso sia soltanto un’esigenza della band in questione di far ascoltare ancora un album che forse non è girato abbastanza e che merita comunque la giusta attenzione. La seconda prova de Le strade del Mediterraneo è un disco scanzonato e nel contempo impegnato, abbraccia in primis un folk cantautorale che non disdegna le incursioni nel ritmato e ricorda per certi versi la musica degli Eugenio in Via di gioia contaminata dalla presenza della Bandabardò in suoni sicuramente già sentiti, ma sempre freschi e attuali. La parte testuale è ben architettata con la presenza di vere e proprie poesie contemporanee che parlano del nostro vivere e di quello che ci circonda, lo fanno in modo mai banale o sconclusionato, ma piuttosto ricercando l’originalità in trame o citazioni dalla vita di tutti giorni con pezzi quali Bazar, Io non ti conosco o Margherita. Le strade del Mediterraneo intascano una buona prova d’insieme lasciando in disparte le indecisioni e ottenendo un risultato di sicuro interesse e di sicuro appeal, ballabile e introspettivo quanto basta per destare il giusto interesse.