Ottodix – Micromega (Discipline Records)

Il poliedrico artista trevisano Alessandro Zannier, in arte Ottodix, confeziona un disco davvero notevole e nel contempo mutevole, dove l’elettronica di fondo è materia esistenziale per dare un senso ad una serie di architetture cosmiche che si rivolgono in modo sostanziale al mondo della fisica, della matematica, della scienza, in uno sviluppo pragmatico e che passo dopo passo ci porta ad incontrare un mondo dove l’uomo è in costante sviluppo con la macchina, uno sviluppo lontano dalla religione e dalla superstizione, ma piuttosto una continua evoluzione nei confronti del futuro e della ricerca. Flavio Ferri, ex DeltaV è materia portante per lo sviluppo di questo disco e i suoni pop siderali mescolati all’elettrosinfonia in evoluzione ci portano lungo il perimetro attualmente invalicabile tra ciò che è stato e quello che verrà, non risparmiando quell’essenza nel ricercare nei viaggi verso una luce inesplorata, un concetto ben evidenziato nella cover del disco: installazione – opera dello stesso Zannier che permette di approfondire visivamente le tematiche affrontate nelle canzoni stesse. Quello che ne esce è un album criptico e quasi oscuro, tra la filosofia e la meccanica, tra il virtuale e il tangibile in un sali scendi ricreato ad arte che non passa di certo inosservato.

Evan – Reworks, Remixes, Alternatives (Autoproduzione)

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Album liquido dopo il post esordio del 2016 che vede il produttore, dj e compositore Evan all’anagrafe Gaetano Savio, costruire un’evoluzione di concetti espressi nel precedente disco che vede geometrie di stampo elettronico fondersi attraverso remix e versioni alternative affidate ad innumerevoli artisti che si alternano per l’occasione in una composizione d’insieme dagli alti picchi emotivi in suadente armonia con un mondo circostante ricco di parallelismi continui e forme mutevoli che ben si approcciano all’ascoltatore e lasciano scovare anfratti sintetici costruiti e concessi per l’occasione in sodalizi che guardano al futuro, ma che riprendono in mano quella poesia free jazz opportunamente contaminata arricchita da un nu-soul spiazzante e a tratti etereo che dona freschezza in pezzi dal forte impatto emozionale dopo un esordio di per sé fortunato e che continua nel sostanziale ritrovo di una propria ibrida via da seguire.

Granada – Silence gets louder (Autoproduzione)

Quello dei Granada è un suono che proviene da lontano, è un suono glaciale che si interrompe con visioni di new wave ad accarezzare poesie musicali che rendono l’atmosfera in divenire continuo ad accennare sprazzi di luce dove la luce sembra non accoglierci in parallelismi con quello che è stato e quello che deve ancora succedere. I Granada sono una band romana che in questo disco Silence gets louder riesce a ricomporre una smisurata capacità di pensiero oltre le aspettative, utilizzando un comparto musicale davvero notevole e consegnando agli ascoltatori nove tracce che si muovono gran bene tra le sonorità di Editors e Interpol in scosse elettriche ben mixate tra di loro che rendono questo disco un piacere per le orecchie tanto da sembrare un’amalgama, un flusso continuo che porta con sé un indelebile sapore internazionale. La title track è apripista strumentale capace di veicolare la conoscenza della materia sonora in tutte le sue sfaccettature fino a ricomporre un quadro d’insieme che nel finale I can take care of you dona un’oscura speranza di vita per canzoni che non sono poesie fini a se stesse, ma piuttosto incorporano un bisogno, un’urgenza di uscire allo scoperto mostrandoci, velatamente, le nostre introspettive nudità.

Okland – Okland Ep (Autoproduzione)

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Elettronica da Torino che non si stanca di percorrere territori poco battuti in nome di un salto nel vuoto pronto ad accogliere una sostanza sonora che rinvigorisce e ci rende partecipi di una bellezza ridondante da cogliere nell’attimo, prima del balzo, in un EP fatto di quattro canzoni che incrociano l’alternative house all’avant pop dei giorni nostri in un modo di comunicare che intreccia l’umanità all’artificiale, l’elettrico in contrapposizione all’acustico in pezzi d’insieme che creano un’amalgama davvero convincente e sfrutta opinioni condivise per sfondare porte aperte e stringere il futuro tra le mani in sodalizi che vanno ben oltre le apparenze e si ritrovano con pezzi che portano con sé puro gusto di anteporre desideri al risultato finale. Quello che ne esce è un disco che racconta in modo simbolico le problematiche dell’uomo moderno, le percepisci quasi come metallo tangibile, cullati da una sinfonia proveniente da un mondo lontano e pronta a colpire attraverso i beat della nostra coscienza.

Lomax – Oggi odio tutti EP (Autoproduzione)

Potenza senza controllo che spara a zero sui mostri di ogni giorno, sui mostri che abbiamo alle spalle e quelli che ci troviamo ad affrontare indiscutibilmente contro ogni opinione condivisa. I nostri Lomax sono un pugno allo stomaco al perbenismo contemporaneo anche perché riescono a coltivare uno stile che attinge dal post punk del passato e dall’alternative targato ’90 recuperando un’eredità che ricorda gli Skiantos mescolati all’esigenza furente degli At the drive in e dei Diaframma in un desiderio che si discosta dal già sentito e si concentra attraverso una musica d’insieme che parla attraverso ritornelli ossessivi e ciclicamente appuntiti in grado di lasciare il segno al proprio passaggio. Sei tracce che sono speranza per un album completo, sei tracce che alzano il tiro e tengono un ritmo serrato in tutta l’intera produzione, consegnando un disco che ha una cover pop-up fenomenale e una grafica che lo è altrettanto per una musica che non è semplice sottofondo o disturbo per le nostre orecchie, ma piuttosto una narrazione ostinata in questi tempi di crisi moderna esistenziale.