La realtà sbattuta in faccia, la realtà che squarcia le giovani generazioni e le protende ad un ineluttabile destino, in cerca di appigli dove potersi aggrappare, dove poter sperare, in contesti fuori da ogni schema di logica comune e altrettanto disadattamento per i pensieri, quelle molecole che fanno funzionare le nostre vite e ci rendono forse ancora più liberi.
I giovani Voina Hen sanno che cosa vogliono e sono alla costante ricerca di tutto questo, ci raccontano di un’Italia che non funziona e parlano delle aspirazioni dei ragazzi di oggi, lo fanno con rabbia, rabbia contro il sistema, una rabbia però costruttiva che si confessa e ci rende partecipi dello sfacelo, partire da quell’idea di fondo che noi non siamo nulla, noi non siamo infinito, noi non siamo quello che gli altri vorrebbero che fossimo, siamo tutti diversi e soprattutto non vogliamo una vita fatta di cliché e di banalità che ci sommergono.
Ecco allora che dal punto di vista musicale i nostri incrociano i Ministri passando per i FASK e condividendo quella protesta vissuta in piazza che deve essere il segno del cambiamento, non un semplice lanciare messaggi, ma una vera e propria presa di posizione verso una cieca sovranità nazionale.
Prodotti dalle menti contorte, ma efficaci, di Manuele Fusaroli e Marco di Nardo i Voina Hen confezionano undici pezzi di puro indie rock nostrano, partendo dall’elettrizzante tempesta e concludendo il tutto con la fine/inizio del tutto Il funerale; undici brani di grande spessore che parlano di fallimento e di rinascita, di scoperta e di amore per quel qualcosa che si chiama vita.