Eloisa Atti – Edges (Alman Music)

Sperimentazioni sonore su deserti emozionali carpiti ed elaborati in una formula internazionale carica di aspettative dove piccoli affreschi che fanno parte dei pensieri si snocciolano uno dopo l’altro in una musica folkeggiante dall’animo blues, una musica che d’impatto trae le origini da Billie Holiday per poi identificarsi con un suono più moderno, pur mantenendo per certi versi quelle origini jazzistiche che contraddistinguono la cantautrice bolognese e che per l’occasione si spolverano di un country fumoso, essenziale che gioca con pochi strumenti, ma che di rimando confeziona emozioni che non passano di certo inosservate. Edges sono le estremità, ma anche dei punti di unione, sono i confini, ma anche le prosecuzioni di un qualcosa che va a colmare il nostro essere, il nostro venire e perpetuare nel mondo. Brani come l’apertura Each man is god, The rest of me, Without you, Cry, Cry, Cry vanno a dipingere questi quadretti d’insieme e sono l’esemplificazione di un pensiero che tenta di ricucire le voragini aperte con il passato, consolando con melodie a volte graffianti a volte malinconiche dove l’insperato può ancora essere reale, dove le lacrime che scorrono potranno trovare, forse un giorno, la strada verso il mare.

Guignol – Porteremo gli stessi panni (Atelier Sonique)

album Porteremo gli stessi panni - Guignol

Suoni completamente diversi che si trasformano da spigolose sferzate elettriche del precedente a musica folk d’autore in questo Porteremo gli stessi panni, una visione concettuale e poetica che prende spunto dal titolo di uno scritto dell’attivista e poeta lucano Rocco Scotellaro e che per l’occasione fa da contenitore al mondo creato da Pier Adduce e dai suoi Guignol. Un mondo musicale dove l’assonanza e la facile rima viene dimenticata in nome di un costrutto esistenziale che si lacera dall’interno e narra di un mondo a tratti decomposto dove gli attimi di vita si fanno essenzialità pesante ed emblematica, un apporto famigliare disgregato e ricucito, infarcito da un lessico di un tempo antico, ma nel contempo fluttuante nell’etere e carico di quel verismo esistenziale che come pugno allo stomaco ammanta l’ascoltatore attraverso visioni e immagini di una campagna in dissolvenza. Padre Mio, Diversi e Opposti, Sei fratelli, 1979 sono solo alcuni dei momenti più alti di questa band in trasformazione. Sdoganamento dell’elettricità quindi per un polveroso guardarsi dentro cercando di rimettere tutto a posto attraverso le lande desolate di un folk blues che con occhi torvi ripensa al passato con vibrante sana rabbia accesa.

Kerouac – Ortiche (Granita Records)

album Ortiche - Kerouac

Poesie metropolitane che parlano da vicino e guardano negli occhi l’interlocutore raccontando di questa ed altre avventure urbane con lo sguardo di chi non ha nulla da perdere, ma che piuttosto fa esplodere in un sound moderno le impressioni da cameretta della post adolescenza. Ortiche è il disco d’esordio del giovane cantautore Giovanni Zampieri, in arte Kerouac, un primo album cesellato dai suoni elettronici, dal trap che impazza e dall’ hip-hop che mescola il soul in una fusione gradevole e ben distinta, dove forse le parole di vita riempiono di messaggi il nostro stare al mondo. Ortiche di fondo crea un senso di disagio, il titolo forse non è stato scelto a caso, il disco racconta di quel malessere tangibile all’interno di una città opprimente che consuma e non si interroga, ma piuttosto inesorabile continua la propria decrescita di pensiero, la propria decrescita morale in nome di un qualcosa che non c’è, ma che assomiglia molto alla nebbia padana che tutto nasconde e nulla fa vedere. Kerouac riesce nell’intento di dare voce a tutto questo male di vivere, l’evoluzione delle canzoni da acustiche ad elettroniche sono passi da giganti per soddisfazioni future rendendo questo piccolo concept moderno una rilettura in chiave analitica-contemporanea di questa nostra realtà.