Musica nuova e lontana da ogni genere, musica che parla di tenebre e oscurità, musica che parla di presenze e si concentra nel creare un’alternativa tangibile ai suoni conosciuti e disincantati che ci accompagnano ogni giorno, loro sono i Quiver with Joy e grazie al loro fantasma hanno saputo fondere diverse ambientazioni sonore per dare vita al tramonto di una musica per troppo tempo sentita creando sonorità alquanto dilatate e ben distribuite, influenzate da una poetica a tratti minimale e sincera a tratti introspettiva e incanalata verso una precisa direzione.
Il cantautorato di Rufus Wainwright si sposa con le melodie nordiche, incontra Persian Pelican e si concede all’elaborazione di quanto imparato nel corso del tempo, amalgamando, unendo e creando nuove forme di poesia crepuscolare, parafrasando Foscolo, tra ballate funebri e ricordi che si fanno vivi, rimpianti tanti e futuro incerto.
La presenza del polistrumentista Vincenzo Vasi già, tra gli altri, con Vinicio Capossela e Mike Patton, rende maggiore il tocco e l’effetto d’atmosfera creato, sottolineando l’importanza di una band che è alla ricerca di una prova fuori dal coro e allo stesso tempo crocevia di rimandi al passato e alle vibrazioni future.
Ottima disco, generosamente sentito e apprezzato; lungo però è ancora il cammino, anche se con queste premesse il futuro è nelle loro mani.