Max Zanotti – A un passo (VREC)

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Disco di una bellezza rara quello nuovo, solista, di Max Zanotti. Album pregno di lirismo necessario e poesia da assaporare attraverso l’oscurità dove l’affondo diventa necessario per comprendere stati mentali, stati viscerali, bisogni sempre accesi di ricercare una luce interiore, un posto del mondo da occupare. A un passo è un sentiero inerpicato sulla roccia che attraverso suoni western darkeggianti ritrova un camminatore che non ha paura di attraversare e affrontare la tenebra. Max Zanotti riesce nell’impresa di mescolare il migliore Mark Lanegan al nostro Stella Burns e i Dead cat in a bag in una riuscita visione che stupisce e immagina, ampliando le vedute, ampliando un orizzonte privo di confini. Pezzi necessari come In una goccia di veleno, Love me blind, Non ho visto niente, Ti salvo l’anima si fanno percorso e si attestano come essenzialità da riscoprire per un insieme di pezzi, di questi tempi, necessario.


Seta – Venere Tascabile (VREC)

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Nuovo disco per la band veronese Seta che trasforma il rock d’oltreoceano in qualcosa di sintetizzato ed elettronico che scoppia quando meno te lo aspetti e intraprende una visione d’insieme all’interno di tonici elementi caratterizzati da movenze che parlano da vicino di una vita che si trasforma, di una vita che ci rende partecipi di un qualcosa che possiamo condividere. La scelta e la calibrazione dei suoni affidati a Megahertz, collaboratore di Morgan, intavolano discussioni di vitale importanza immagazzinando sensazioni che si affacciano nel nostro interiore modo di vivere. Ciò che ne esce è un disco ben suonato, un album che attraverso le peripezie reali, trasforma l’inutile in un qualcosa di concreto. Nove tracce che vedono anche la partecipazione di Omar Pedrini nella cover dei Timoria Piove ad indicare una precisa direzione, un preciso modo di essere, una necessità che diventa sensazione espressa, bisogno ininterrotto di comunicare.


AvA – Lo squalo (Autoproduzione)

AvA LO SQUALOSuoni contagiosi e contaminati che attraversano l’impercettibile bisogno metropolitano di non appartenenza a nessun genere inerpicando i voleri di un parallelismo sempre convinto nel creare forme e sostanze nuove e vissute. Il matriarcato musicale di AvA raccoglie i propri frutti grazie ad un disco suonato davvero bene, altamente contagioso e coinvolgente. Un insieme di pezzi che mescolano rap, trap, pop, rock in una commistione sempre attenta a forme mai desuete, ma ricercate. La nostra ricorda la prontezza punk dell’esordio prozachiano e qualcosa di meno recente dei Sick Tamburo in un’estasi di parole che sono e diventano necessità. Da Ava fino alla title track la nostra si impadronisce di larghe e ampie vedute per sconfinare attraverso generi difficilmente catalogabili, per un esordio di ampio respiro e sicure soddisfazioni.