Una discesa nell’oscurità, poderosa cavalcata indefinita che porta il viaggiatore ad alzarsi verso porti immaginari e a spingersi verso mete ineluttabili.
Il rock strumentale prende forma con il progetto Australasia nel loro nuovo album “Vertebra”, una cura maniacale per suoni che vanno ben oltre il ristagnarsi di una melodia asfittica, anzi cedono il passo ad un susseguirsi di corse tra le nuvole dove a vincere è sempre la trovata geniale accompagnata da buon gusto per gli arrangiamenti e dalla magia lungo i dieci brani.
Quasi una colonna sonora claustrofobica dei nostri tempi che accompagna l’ascoltatore in un’immedesimazione totale con il tutto che lo circonda.
Poesia in catarsi la chiamerei, attimi di implosione come in “Aorta” pronti ad esplodere nelle trans elettriche di “Vostok” o nelle sferzate di “Zero”, per lasciar spazio all’ambient di giallo vestito di “Aura”, mentre le timbriche si alzano in “Volume” per poi rasserenarsi nella splendida title-track; “Apnea” è intermittenza ondeggiante per segnare il cammino, passando per “Deficit”, alla sublime e sensuale “Cinema”: ricordo di un tempo che non c’è più quando i baci si rubavano tra le sedie di legno e i titoli di coda erano colonna sonora per altrettanto tempo donato.
Un disco maturo e prezioso, quasi come i secondi che ogni giorno si consumano dietro a noi; ascoltare questi brani è viaggiare in un’altra dimensione, dove le parti del tutto si amalgamano creando un qualcosa di unico.