Una voce in primo piano che si divincola, scalda, si prende cura, ti fa compiere vorticose planate nel cielo fino a rendere la timbrica malleabile per future aspirazioni, coinvolgendo, rischiando, vivendo.
Un viaggio dentro la voce, arti immobili, che non lasciano scampo, lasciano trapelare da quella follia esistenziale un concentrato di sostanze che guardano ad una città in decomposizione, distrutta e poi una luce ammaliante che colpisce e ci rende partecipi del dopo catastrofe, del rinnovamento, del ritorno il tutto amalgamato da sovraincisioni passeggere.
Un disco dal sapore teatrale che si racconta, una spiegazione continua di note e testi che non lasciano nulla al caso, ma si fanno portatori di valori dimenticati; un Lato A e un Lato B specchio repentino del cambiamento che ci riporta ad un vinile d’altri tempi, alla suggestione, al contatto dei corpi, alla parte lesa che ritorna ad essere nuova vita.
Titoli assai diretti Grido, Fame, Voce, Vertigine, Lento, Sapone; la calma, la quiete contrapposta all’errare nudi in un triste cammino, carichi di rabbia, ma carichi anche di speranza, laggiù oltre l’orizzonte.