Vanity – Occult you (Church Independent)

Mi inchino a tanta bravura. Mi inchino allo splendore di questo rock cupo, dark che strizza l’occhio alla new wave confinante con il grunge e l’alternative di Smashing Pumpkins, Tool , NIN, A Perfect Circle.
Ecco dov’era  Jimmy Chamberlain:  seduto alla batteria dei Vanity che con Occult You firmano una prova ricca di phatos, atmosfere  decadenti e chitarre maestose dove cavalcate immaginarie scendono e sono così forti da bruciarti gli occhi e lasciarti nella bocca un’arsura inimmaginabile, tanta è la paura di non uscire dai labirinti mentali creati dai quattro.
Un gruppo molto maturo sotto tutti i punti di vista, ogni parte fa la sua figura perché riesce a fondersi perfettamente.
L’inizio è affidato alla splendida “Sleeping stars” con avvio al cardiopalma dove al ritmo di BWBW i Vanity fondano elementi di polifonia corale.
A cambiare il passo con atmosfere da film horror della miglior fattura troviamo “Under Black Ice”, cambi di ritmo per “Ghosts” una track di Interpoliana memoria, ma direi molto più spinta e ricca di sfumature.
“Ruins” guarda avanti al gothic metal d’alta scuola mentre “Pagan Hearts” è un inno all’essere umano che cade davanti all’errore.
“Sun” ricorda i migliori Opeth mentre “Time’s new romance” fa da apripista all’elettronica strumentale di “Limbo”.
La title track è assaggio di spettacolarità pirotecnica che preannuncia la fine ad alto contenuto di “The wanderer”
Soffermarsi poi sulla cover è d’obbligo: un bambino dilaniato da una malattia che lo sta mutando, simbolo del cambiamento dei tempi rappresentato dagli U2 con un elmetto da soldato; mentre ora, se prima soldato, a che cosa sarà destinato?
Non ho altre parole, solo che questo può essere l’album dell’anno, io auguro lunga vita ai Vanity.