Using Bridge – Floatin’ Pieces (Autoproduzione)

Potenza di fuoco incontrollata cavalcata e sormontata da una voce graffiante in un rock che ammicca al grunge degli esordi dove la scena di Seattle dettava legge e aspirava ad entrare nell’Olimpo delle grandi cose. Gli Using Bridge arrivano alla quarta produzione dopo quindici anni d’attività apprendendo la lezione del tempo, soprattutto di quei primi ’90 dove un certo Eddie Vedder cantava di malinconie e disagio esistenziale con una voce che non ci saremo mai più dimenticati, cantava con i suoi Pearl Jam il dolore di una generazione e qui, in parte, quel dolore esplode ancora grazie ai pezzi impattanti della band romagnola che sa dosare la forza e nel contempo ha il giusto grado di maturità per comprendere il cammino svolto fino ad ora. Le canzoni si sciolgono granitiche e convincono, seppur nel già sentito, grazie ad un’emblematica visione di fondo che ci proietta ancora nel passato, per comprendere, capire e carpire i segreti celati in tutta questa magnificenza. Da Amigdala fino a God Knows  i nostri intascano una robustezza capace di scardinare le regole precostituite rispolverando ciò che è stato in precisione assorta, robusta e a tratti malinconica con occhi attenti e vigili protesi al futuro.