We are waves – Promixes (MeatBeat Records)

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Non è un disco remix, questo è un disco risuonato da capo, dove la coda diviene spaventoso e ipnotico inizio e dove le canzoni si fanno lasciapassare verso mondi che intercedono e non classificano, mondi che tendono a recuperare il tempo perduto, anche se qui il tempo riprende forma e sostanza e si caratterizza per lasciare spazio a versioni che marcano la loro importanza nella forma canzone precedentemente accolta, qui ancora scoperta e non più fragile, ma martellante sonorità cupa, martellante compressione di sogni inesauribili per un EP che abbandona i ricordi e abbonda, affondando le promesse in tetri antri fatti di pioggia e solitudine esistenziale, abbandono e declino; ricercata forma di poesia applicata all’era moderna.

Chi preferisce il primo chi questa rovesciata mescolanza di suoni quasi live, sta di fatto che il carattere della band è ben marcato e se si permettono il lusso di accedere a questa forma di promozione, il materiale proposto è materiale scottante, portante nuova luce.

We are waves – Promises (MeatBeat)

Le promesse per un mondo migliore colmo di introspezione sonora che ci regala un disincanto suono proveniente da mondi lontani, incatenato e inglobato, una musica di altre dimensioni che prende direttamente spunto dalla migliore scena new wave anni ’80 per incasellarla nel futuro prossimo, i Joy Division che incontrano gli Editors, i The Cure incontrano gli Interpol attraverso un messaggio di sintetizzatori elettronici che ricercano il modo migliore per entrare nei nostri cuori e non uscire mai più.

Combattere gli inverni e abbattere il muro del suono, dare la possibilità alle malinconie di uscire allo scoperto, di darci ancora una volta quella speranza che accende la fiamma dell’amore, quel grigiore da abbattere perché noi siamo le promesse, siamo onde che si contorcono per creare spazio, per darci la possibilità di superare il confine ancora una volta, tra elettronica vintage che sa di reale, un tocco estetico in stato di grazia che si fa raccontare.

La crescita e le inquietudini, la scarsa conoscenza di sé che diventa arte, colpevole di non essere più quella di una volta e alla ricerca di un nuovo canale, dove convincere, dove poter sperare ancora.

1982 è canzone emblema fino a lasciarsi conquistare da Be your own Island e poi via via tra Monochrome e Silent Lullaby, fino alle finali Midnight ride e What happened today is useless.

Sono in quattro, si chiamano We are Waves e con questo hanno confezionato uno dei migliori dischi del 2015, scusatemi se è poco.