Wander – Kat gat sea (Wounded knife)

WANDER, Kat Gat Sea

Cassettina che racchiude i desideri di un nostalgico come il sottoscritto, per la seconda prova degli sperimentalismi assurdamente belli di Vincenzo De Luce e di Matteo Tranchesi, in arte Wander, che fanno della dissonanza in chiave desertica una matrice composita di luce notturna da improvvisazioni folk, quello vero e una caparbietà divincolata nel mantenere uno standard indipendente, già dal supporto dell’album che convince a dismisura.

Grazie anche ad una grafica che lascia molto all’immaginazione il duo ci trasporta laggiù oltre i confini inesistenti della nostra coscienza, ricordando i primi Gatto ciliegia contro il grande freddo e intersecando atmosfere da film horror con colonne sonore di rara apertura e sonorità ammaliante, capaci di creare un tutt’uno con l’ascoltatore in una immedesimazione che si apre proprio con la bellezza discostante dei discorsi di Unfinished departures, per coinvolgerci tra gli scheletri e le carcasse di For the time remaining fino a giungere alle profondità della bellissima Faded memories e nel vortice complesso di Black Powder, in un disco che si allontana di prepotenza da tutto ciò che potrebbe essere definito commerciale in nome di una passione e di un credo che si può percepire tra le stridenti melodie di corde metalliche abbandonate al tempo che verrà.

Drowning in wood – Drowning in wood (Scissor Tail Edition)

DIW

Vedere gli occhi di un uomo lontano sulle montagne americane, piegato dalla fatica, con il proprio fucile a caccia di bisonti, nella valli sconfinate, teatro dell’assurda resistenza umana, un trofeo da riportare per vivere e lo sguardo, quello sguardo corrugato da solchi improvvisi che la memoria non ricorda, si staglia all’orizzonte in cerca di un nuovo giorno.

Drowning in wood è un’esperienza sonora creata dalle chitarre acustiche di Vincenzo De Luce e dalle sghembe incursioni elettriche di Sergio Albano che con accurata maestria si divincolano dal consueto modo di fare musica per farti entrare in un mondo diverso e lontano, capace di dare vita ad un avant folk di nicchia tra territori inesplorati che potrebbero essere la colonna sonora di Butcher Crossing di William se mai apparirà in qualche cinematografo di provincia.

Qui di poesia stiamo parlando, perché oltre a compiere un viaggio, in questo disco si affronta il Viaggio: le nostre paure e lo stato di inquietudine che pervade lungo le tracce che si susseguono è una commistione pura del sentimento umano, una malinconia di fondo  che ci lega incommensurabilmente alla natura, un ritorno al primordiale con gli strumenti tecnologici dell’era moderna, passato e presente, dentro a seppie fotografie, senza banalità o motivetti da canticchiare, senza cellulari che rielaborano virtualmente una vita, ma dando peso all’anima, un peso non quantificabile, un peso che ci portiamo lungo il viaggio: il viaggio dell’esistenza cambiata.

Wander – Wander (Nothing out there)

Wanderweb

Wander esce per la piccola label francese Nothing out There nell’ambito della trilogia “Four Arms, Two Necks, One Feedback” serie of guitar duos recordings”.

La prima uscita è stata O’Death Jug, progetto di Michel Henritzi e Christophe Langlade, la seconda appunto Wander e a chiudere ci saranno i Przewalski’s Horses.

Wander affronta il tema della musicalità pizzicata intrisa da un duo di sole chitarre acustiche che si fanno portavoce di un suono che riporta a quei film in bianco e nero, quei film carichi di nostalgia e vissuta speranza per un avvenire diverso, sentito, magari intrapreso da piccoli e sporadici avvenimenti, riportando a  casa il senso del tutto che copriva il malumore.

I Wander sono Vincenzo De Luce e Matteo Tranchesi e grazie ad una solida preparazione di base riescono a ricreare un mondo, un universo sconosciuto da esplorare tra le malinconie e i fiori rari che giorno dopo giorno si ascoltano, si accarezzano e si immolano ad essere futuro.

Una tradizione che si esprime in gusto personale, in accortezza stilistica che va ben oltre il nostro sentito dire, che lascia l’american style per abbracciare un suono più europeo, di sostanza, fuori da canoni modaioli e intrisi di perbenismo democratico.

Ecco allora che l’inesorabile avanza e si fonde nell’essere coscienza che respira, tra le sei tracce di orientale parafrasi, uno stile diverso questo, che sente l’urgente bisogno di salire in cattedra e fare scuola.