Abissi cantati in italiano per una forma canzone desueta che non ricerca l’ammiccamento, ma piuttosto una stratificazione profonda col nostro io preponderante. Il disco di Ulysse, all’anagrafe Mauro Spada, coadiuvato da un’importante schiera di musicisti, stupisce per eterogeneità raccolta di brani che cambiano le coordinate impresse per regalarci un omaggio decontestualizzato e ricco di anfratti da cui poter scovare elementi sperimentali carichi di impressioni. La traccia d’apertura, Vetro, è un biglietto da visita strabiliante per poter comprendere a fondo una poetica crepuscolare che affonda radici nella lotta contro il vivere di ogni giorno. Una lotta esasperata e ricordata in canzoni come L’ascesa dei dementi, Nel torbido scorrere, Fino al sangue, Sontuosa solitudine per un’alternanza tra strumentale e cantato che regala sempre nuovi spunti nel tentativo di conoscere quel bisogno di comunicare impellente tipico di chi ha molto ancora da dire. L’omonimo del nostro è un concentrato di musica d’autore e di post rock. Canzoni che ricercano nella solitudine del mare contemporaneo un senso di vita, laggiù, oltre le tempeste.