The Chanfrughen – Shah Mat (Molecole produzioni)

Disco pluridecorato con vezzo di un’elettronica barocca che si staglia oltre l’orizzonte, unendo in modo quasi univoco civiltà e popoli che da Oriente a Occidente comunicano a fasi alterne, un album in grado di concepire le sfumature delle terre lontane, qualunque esse siano e capace di connettere la nostra abitudine di cambiare in un qualcosa di naturale e sommamente appagante.

I The Chanfrughen sono tornati con questa manciata di pezzi colorati da sferzate blues e rock che incontrano il funky e creano una commistione sonora ben congegnata e sentita, dove l’improvvisazione e il riff facile ha la stessa valenza e caratura artistica di una compressa eleganza mai celata, ma esposta in modo del tutto sensato e rapita dal ragionamento, rapita dall’intelletto, rapita da qualsivoglia forma di comunicazione che attraverso la musica incanala energie nascoste per librarle lungo le tracce che si dipanano: dall’apertura di Voodoo Belmopan fino a Limonov; Russia e Cina non sono mai state così vicine.

Ecco allora che questo disco si colloca all’interno di una loro ricerca, di un loro essere che va oltre il falso mito di una musica eterna, ma si impossessa dell’attimo per rigettarlo al suolo come fosse l’ultima nota del mondo, come fosse una sostanza da dover incanalare per respingerla nell’immediato, ad effetto sorpresa, sostanziale ricerca di un proprio mondo quotidiano.

The Chanfrughen – Musiche da inseguimento (Maia Records)

maya

Spudorati e oltraggiosi, contagiosi e con un animo vintage che fa accapponare la pelle.

I Led Zeppelin sono tornati e si chiamano “The Chanfrughen”, cantano in italiano, e provengono dalla Liguria, fanno un rock and roll sporco contaminato dal blues e dal funky mescolando il tutto in un enorme calderone e filtrando solo la parte necessaria per dare forma alla sostanza perduta, a quel rock sudato che mancava da tanto tempo nella scena italica e che ora rivive grazie a questi tre giovani talenti.

Un continuo vibrare di chitarre fuzzeggianti in distorsione delineano il campo d’azione marcandolo in modo netto e distinto, ogni singola nota ha un suon valore e nulla è lasciato al caso tranne che in rari sprazzi di improvvisazione sonora.

Ecco allora che il suono più nero e cupo si mescola in modo naturale con il prog di gruppi storici come Area e Banco tanto per citarne alcuni, una realtà che rinasce quindi rinvigorita grazie all’apporto costante di una presenza che si fa presente nel ricordo.

Una personalità chiara e distinta che si evince soprattutto in pezzi come “La testa di Gorbaciov”, “Rizzo scopre l’inghippo” o nell’altalenante sali e scendi di “Primo premio un prosciutto”.

Dopo queste 11 canzoni, ne sono certo, sentiremo ancora parlare di loro.