The Straphon – Walls (Autoproduzione)

album Walls - The Straphon

Tornano con un EP gli Straphon, band di Sulmona alle prese con un rock targato ’90 impreziosito da incursioni nervose, agitate, quasi acide e lisergiche in connubio con un parallelismo di stampo americano che ricorda vagamente le oscurità in lotta perpetua di Juliette and the Licks e i contrappunti sonori ondeggianti del primo grunge di qualche decennio fa. Quattro pezzi soltanto che sono e rappresentano uno sfogo per la band capitanata alla voce da Ludovica Mezzadri e che vede le chitarre di Alessandro Dionisio e le tastiere di Fabrizio D’Azzena creare un’atmosfera alquanto sofisticata attraverso  riff azzeccati e di sicuro interesse accompagnati per l’occasione da una base ritmica sostanziosa che vede al basso Matteo Servilio e Silvio Mancinelli alla batteria. Ciò che ne esce è un disco sudato, da ascoltare tutto d’un fiato, un fugace lampo di luce che aspetta, nella brevità del momento, di aprirsi definitivamente ad un full length che noi aspettiamo, qui appesi ad un muro di onestà e bisogno di incanalare musica a più non posso.

The Straphon – The Straphon (Autoproduzione)

Incursioni seguendo le onde del mare che si portano appresso quella carica di energia che viene dosata e lentamente sovrapposta ai muri di chitarre continue amalgamate, ricercate e perse in un anelito di pioggia quasi fosse sospiro il colore che sentiamo.

The Straphon è il nome di una band abruzzese di Sulmona, che si caratterizza per una connotazione alquanto rock, ma direi io ricercata che non disdegna la contaminazione con un’alternative anni ’90 incrociato alle tastiere ’80  degnamente interpretato e che spicca per cantato femminile nelle mani di Ludovica.

Cranberries che si fondono a Skunk Anansie con un tocco della O’Connor a sancire un indefinito vissuto fatto di innovazione e lasciando da parte la cover band da stuzzichini per impadronirsi pienamente di un palco che si conquista grazie anche alla complicità unisona dei membri della band.

Un gruppo quindi non rassegnato alle cover, visto anche la tipologia di formazione, ma che va ben oltre tutto questo, si trasforma e fa si che la parte innovativa prenda il sopravvento in una fusione di stile e coraggio.

Importante l’apertura di Black Powder, snocciolando  e seminando in Thank You passando per l’ironica Attitude for Idiots, concludendo con Judge in the mirror.

Un disco che sa di freschezza, orecchiabilità che non guasta e facilità nella fruibilità della proposta, tutte caratteristiche che non fanno mai male alla nostra mente.