A due anni da Canzoni sull’alternativa Edoardo Chiesa esplode con un disco alquanto intimo, sfiorato da pochi elementi e capace di infondere materia sognante attraverso un uso leggero degli arrangiamenti, senza calcare la mano, ma piuttosto avvicinando l’ascoltatore ad una dimensione delicata, come la seta, come toccare un tiepido abbraccio sul far della sera. Quello che stupisce in tutto questo è la capacità del cantautore di governare la bellezza che ci gira intorno senza cadere nei cliché del momento, ma piuttosto dando al tutto una connotazione reale e necessaria ad un proprio stile. Un insieme di tracce spogliate dai troppi orpelli e registrate in presa diretta mettono in primo piano la voce importante del savonese e identificano con l’ascoltatore un modo di comunicare che rende l’immaginario reale in pezzi come l’apertura affidata ad Occhi e poi ancora Domenica, Il filo, Radici e la finale Un’altra vita. Una capacità di fondo quindi nel dare un senso necessario alla grazia spogliata, alla meravigliosa sensazione che in tre si possa ancora creare musica attraverso un genere che cerca sempre più sofisticazioni inutili, forse proprio perché mancano i testi, mancano le parole buone. Con Edoardo, Damiano e Andrea tutto sembra più semplice invece, le poesie in stato di grazia cullano l’ascoltatore. Una chitarra, un basso e una batteria circoscritte nel tempo sono gli elementi necessari per rendere questo progetto invidiabile e che si fa attrattiva in stato di grazia. Bravi davvero.