Moonlit station – Distance (sign-pole records)

Moonlit Station

Atmosfere in divenire davvero stupefacenti inglobano un ritorno davvero ben orchestrato riuscendo a ricreare parallelismi e visioni con una natura circostante in perenne evoluzione capace di abbracciare la bellezza del dream pop, dell’art pop e di un alternative che sposa le immagini e i paesaggi di band come gli Amycanbe passando per le alternative costruzioni di Bat for lashes o le sovrapposizioni autorali dei Rue royale. I Moonlit station sono un gruppo che per certi versi ha del formidabile. I loro pezzi respirano un’internazionalità davvero invitante e le architetture proposte sono materia in grado di mescolare l’immediatezza e la ricercatezza. Quello che ne esce è un album mai banale e maledettamente orecchiabile. Un disco dove le sensazioni lasciate da canzoni come August lie, Rainy day, Blue eyes, New world, Frost in the moon sono punti cardine per creare emozioni a profusione e godibile percezione d’insieme.


Moonlit Station – Daydreams (Sign-Pole Records)

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Dream pop d’eccellenza che scava fagocitando la notte intessendo trame di sapori d’altri tempi e intenso bisogno di costruire e costituire spazi di armonia concentrica in grado di attraversa spazio e tempo. I Moonlit Station confezionano un dischetto niente male. Omogeneo quando basta per darti la sensazione di entrare all’interno di un paradigma ben definito e marchiato. Eterogeneo quanto basta per dare un senso ad introspezioni che si perdono all’interno di melodie coinvolgenti di gente come Radiohead, Portishead, Amycanbe per un risultato finale sopraffino che rende le stelle notturne un’importante segno distintivo del nostro io. DayDreams è un sogno ad occhi aperti. Un percorso particolare di sudore e redenzione che rende palpabile la malinconia, ma nel contempo dona quadri vividi di una bellezza del tutto personale. Bravi.


Silvia & The fishes on Friday – Under Water (Sign-pole Records)

Raccontare con velata introspezione un paesaggio dai colori acquarello, dalle tinte rimesse a nuovo in una stanza priva di finestre a narrare un viaggio, il viaggio di Silvia & The fishes on Friday verso mondi lontani.

Il disco racconta l’ignoto, un guardarsi dietro solo una volta e lasciarsi trasportare dal vento invernale, da quel gelido paesaggio azzurro che circonda le anime più solitarie, raccontandosi con una poetica di leggiadre parole a ricucire cuori infranti, a lasciar trasparire la minima emozione pur di raggiunger l’obiettivo, pur di dare un senso composito al mondo che gira attorno.

Un album, che suona giapponese, come l’etichetta che lo produce, un acustico quadro melodrammatico fatto di alberi e strade che non sono in evidenza, ma che si caratterizzano per essere al centro di un pensiero condiviso, che si prefiggono di essere un teatro per le rappresentazioni della vita che sarà, un’essenziale ricerca di nuvolosità variabile a racchiudere il pensiero della notte, tra sostanza e concretezza in ballate acustiche e minimali in stato di grazia.

5 canzoni che raccontano le malinconie, 5 pezzi d’amore e di neve, di sospirate attese e tiepidi addii tra la Canzone invernale e quel Non lasciarmi andare via, a dimostrare ancora una volta che siamo fatti prima di tutto di sentimenti a cui non sappiamo rinunciare, volendo raccontare l’amore disperso e ritrovato ancora una volta, come fioca luce nel bosco della nostra anima.