The big blue house – Do It (Stabbiolo Music)

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Si entra pian piano attraverso i colori della sera grazie ad una musica da night club fumoso e alcolico dove l’essenzialità di un sound d’atmosfera si ripercuote lungo le tracce di questo ottimo disco blues che ripercorre, senza stancarsi, una tradizione fatta di sudore e di note lasciate nell’aria a contaminare reazioni emozionali che ben si sposano con la levatura del progetto stesso. Un progetto creato e portato avanti dai The big blue house, band senese che attinge da un repertorio e da radici che hanno fatto la storia della musica, ripercorrendo a gran voce la lezione di  Buddy Guy e di Eric Clapton sfumature su sfumature ad intessere una fitta trama di consequenzialità decisa e ben proposta nelle otto tracce che compongono questo Do it, dalla bellissima appunto title track d’apertura fino al finale lasciato a This is how i feel per un concentrato denso e carico di ricerca che proprio nel passato si sofferma a ritrovare respiro vitale.

Via Lattea – Questa terra (Autoproduzione)

Suoni che entrano di prepotenza nell’apatia del mondo per smuovere dalla sedia l’essere umano stanco e ricco di privazioni per un riprendersi degnamente un posto nel quotidiano in un affresco post apocalittico dove le sostanze sembrano ritornare al loro posto in un intreccio perturbante e carezzevole in grado di conquistare al primo ascolto attraverso un disco, quello dei Via Lattea, che dimostra una maturità assoluta nel creare composizioni che si affacciano in mondo insindacabile alla realtà, lo fanno con un rock impegnato dove i testi entrano e scavano in profondità, ricordando per certi versi le poesie del Fiumani migliore in un comparto musicale e una base ritmica che non ha nulla da invidiare a band come Joy Division, tanto per fare un parallelismo internazionale con il precedente toscano; un album egregio direi che spunta dal cappello della nostra esistenza ad un certo punto per fare capire che questa probabilmente può essere solo e soltanto la direzione dell’annientamento, lo si capisce subito fin dalle battute di E’ arrivato l’inferno, passando per pezzi simbolo come Questa terra, Marinaleda o L’età del muro, per convogliare nella riflessione finale di Non mi sono mai sentito così vivo a ribadire ancora una volta che forse solo di amore vive l’uomo e l’attesa per qualcosa di diverso si concretizzerà, un giorno, lontano.