Questi suoni che entrano come onde in un abisso si divincolano con gran stile e disinvoltura in un vortice di concatenazioni che interrompono melodie scontate per creare quello stato di grazia e malinconia degna di uno stile personale e immaginario.
Per far nascere “La nevicata dell’85” e in questo caso “Secolo” bisogna prendere un po’ di Massimo Volume e Offlaga, qualche cavalcata post rock alla Mars Volta e i suoni del verdeniano “Solo un grande sasso” e il gioco è fatto: un viaggio di introspezione claustrofobica a colmare segni di esagerazione composta e arpeggi silenziosi quasi commoventi che tramutano la luce in sera, il pensiero in abbandono.
I testi sono un concentrato di pensieri in dissolvenza, urla che squarciano e riposi meditativi, possibili mete da raggiungere in un vorticoso divenire.
Tutte le 8 tracce devono essere ascoltate in rigoroso stato di semi oscurità, perchè solo in questa fase si possono carpire le sfumature e l’origine di un album così ben suonato.
Un disco immacolato quindi che prende forza e vita dal turbamento quotidiano rischiando di diventare colonna sonora per l’inverno che verrà.
Se uscite attenti al ghiaccio.